Un saggio una volta disse che per avere successo nel lavoro, bisogna fare qualcosa che sia bello, di valore e remunerativo allo stesso tempo. Sempre lo stesso saggio diceva che questa regola poteva valere per ogni tipo di iniziativa, anche per le Fiere di Gastronomia, suppongo.
Siccome dei saggi tendo a fidarmi, proverò a discutere con voi gli eventi principali ai quali ho partecipato negli utlimi mesi per capire qual è stato il migliore, secondo questi principi. Procediamo in ordine cronologico:
Bello. Spero che il Signor Petrini non si offenda, ma bello davvero non si può dire. Almeno non in senso architettonico. Il Lingotto Fiere si trova nella periferia di Torino ed è strutturato in grandi padiglioni collegati da spazi all’aperto per lo più di cemento. E’ gigantesco, dispersivo e quasi impossibile da visitare interamente. In compenso però l’atmosfera è fantastica, multietnica, colorata.
Valore. Valore invece ne ha, almeno ai miei occhi. E lasciamo perdere lo slogan: “bello, buono e giusto”, perché si sa, non è sempre e necessariamente così, mi riferisco piuttosto allo straordinario colpo d’occhio che riceve l’inconsapevole visitatore sulla produzione alimentare italiana e internazionale. Profondamente educativo.
Remunerativo. Ad occhio e croce: tutti quegli sponsor belli grossi, la moltitudine di espositori, il business intorno alle pubblicazioni Slow Food e bla bla, direi di sì, che ci siamo.
Bello. Anche qui, bello è una parola grossa. Rispetto al Salone del Gusto è comunque più compatto, snello, fruibile. Alla fine dei 3 giorni chiami con nome e cognome ogni produttore e probabilmente hai beneficiato delle spiegazioni tecniche di molti chef stranoti, nonché di un buon numero di assaggi.
Valore. Sul valore di Identità ci sarebbe da riflettere perché il focus è davvero solo sugli chef e sui loro show. E forse è per questo che più di ogni altro evento, Identità rappresenta il momento in cui si fa il punto della situazione sulla cucina italiana e internazionale, una sorta di: chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando. Un valore, quindi, gastro-esistenziale.
Remunerativo. Davvero non saprei. Di certo la differenza non la fa il pubblico (moltissimi sono accreditati), gli espositori sono pochi e chissà se i molti sponsor riescono a coprire le spese dell’ambiziosa organizzazione del nostro Paolo Marchi, chiederemo a lui.
Bello. Ecco, Taste è davvero bello. La location (la Stazione Leopolda di Firenze) è incantevole, lo spazio gestito in maniera accattivante e l’atmosfera giusta, divertente, positiva.
Valore. Stavolta è dura. E’ un ambiente piuttosto elitario, a tratti un po’ snob (vedi, per esempio, gli eventi esterni a Taste, completamente blindati) e l’unica nota davvero positiva è che si assaggiano cose straordinarie, ma non basta.
Remunerativo. Suppongo di sì, molti i visitatori paganti e alto il numero degli espositori se proporzionato alla struttura.
Bello/Valore/Remunerativo. Potrei copiare ed incollare quanto detto per il Salone del Gusto di Torino se non fosse che a Verona manca tutta la questione (affatto secondaria) dell’atmosfera bella, condivisa e solidale. Al contrario c’è una certa dose di squallore che ogni tanto spunta da dietro le strutture cartonate degli espiatori e, come si è detto, qualche ubriacone di troppo.
Bello/Remunerativo. E’ la versione piccolissima di Cibus e quest’anno, temo, non ha avuto un gran successo. La fiera di Parma, architettonicamente forse meno brutta di altre, è apparsa ai pochi visitatori vuota e desolata e i due soli padiglioni di Cibus sono stati piantonati da un bel numero di produttori in ansia per i soldi spesi e per la poca affluenza. Quindi bello non si può dire, remunerativo neanche.
Valore. Faccio fatica, lettori, perché mettere insieme sponsor come McDonald’s e Slow Food sotto lo stesso padiglione secondo me ha qualcosa di schizofrenico. Ma probabilmente sbaglio io.
Bello/Valore. Credo che chiunque sia passato per la Comunità di San Patrignano, sia d’accordo con me nel definire quel posto incantevole. Magico. Il valore che ha questa iniziativa è alto da ogni punto di vista. Perché? Perché oltre ad essere una fiera gastronomia splendidamente organizzata, Squisito è una finestra orgogliosamente aperta su una delle comunità di recupero per tossicodipendenti più grande d’Europa, e perché vedere i ragazzi di Sampa dare il massimo ottenendo risultati straordinari non è affatto scontato. Davvero incoraggiante, e chissenefrega se suono retorica.
Remunerativo. Lo è, grazie anche al numero sempre alto dei visitatori e allo sforzo di tutti: chef, espositori, produttori e sponsor, nel donare incondizionatamente il proprio lavoro, e stavolta va bene così.
Quindi, numero uno della lista: Squisito, anche se al giro di boa manca ancora un po’ e qualcosa di interessante sta per arrivare (Tutto Food, Slow Fish, La Festa di Vico, Cheese e altre ancora). Nell’attesa di un giudizio definitivo fatevi sotto. Riflessioni, impressioni, pareri, opinioni? E la vostra fiera preferita, di grazia?
[Crediti | Link: Dissapore, Cibus Tour, Squisito, Tutto Food, Slow Fish, La festa di Vico, Cheese. Immagini: Lorenza Fumelli, Monica Assari, video: Lorenza Fumelli]