Buongiorno ai lettori di Dissapore. Desidero fare qualche precisazione perché sono amareggiato da alcune fastidiose bugie e certi commenti, piuttosto maldestri, che ho letto sul recente post dedicato al libro di Grom. Naturalmente, come prima cosa, voglio dire che rispetto profondamente l’opinione – e, in parte, mi scuso – di tutti coloro che non amano il nostro gelato; mi spiace sempre quando il gelato che faccio non è apprezzato, e sarò felice, se vorrete, di ricevere giudizi sui gusti che non amate al mio indirizzo di posta (guido.martinetti@ grom.it), saranno utili per lavorarci sopra e, spero, migliorare.
Mi piacerebbe molto anche che mi indicaste dove, secondo voi, quei gusti sono invece ottimi: andrò sicuramente ad assaggiarli durante uno dei miei numerosi viaggi “studio” nelle tante buone gelaterie che ci sono in giro per l’Italia.
Desidero altrettanto fare le precisazioni a cui facevo riferimento. Queste ultime, invece, non sono opinabili: prego chi legge, quindi, di considerarle tali e non discutibili.
1) i mei genitori si sono separati quando avevo dieci anni. Sono, oggi, in buoni rapporti, ma sin da allora ho vissuto con mia mamma e, purtroppo, fino all’inizio della mia attività di imprenditore, la scarsezza di denaro è stato un piccolo problema quotidiano.
2) ho creato Grom insieme al mio socio Federico grazie a un mutuo a 60 mesi contratto presso l’allora Istituto San Paolo di Torino. Le rate utili a metettere la mia quota di capitale, di 640 €, sono state pagate fino all’Aprile del 2008 (quel giorno ho festeggiato con una sontuosa cena al ristorante Combal.Zero di Davide Scabin insieme a Fede!)
3) non ho mai conosciuto, nè ovviamente ha alcun ruolo o partecipazione in Grom, Lapo Elkann. Devo dire che mi incuriosisce, perché secondo me è una persona più sensibile e delicata di quanto appaia pubblicamente. Grom è al 47,5% mia, al 47,5% di Fede e al 5% del Gruppo Illy. Punto.
4) Il fatto che Grom crei appositamente code è un’emerita stupidaggine. Ho dedicato molti anni ad eliminare i mono-digligeridi dal nostro gelato e questo, come alcuni di voi sanno, penalizza l’incorporazione dell’aria nel gelato stesso, dando origine a un prodotto più “compatto”; tale prodotto necessita di una piccola, ulteriore, lavorazione prima del servizio, che diventa così un po’ più lento.
Non ho mai parlato con alcuno della coda come strategia di marketing, tantomeno ho mai invitato qualcuno a fare la coda appositamente. Le affermazioni che ho letto in merito sono semplici buffonate.
Ringrazio tutti coloro che non si sono addormentati leggendo sin qui (ma le menzogne meritano, talvolta, di essere smentite con precisione, anche in Italia), Massimo Bernardi che mi ha concesso questo spazio e Camilla Baresani che, con la sua delicata recensione, ha dato origine alla discussione.
[Crediti | Link: Dissapore, immagine: Radio Dee Jay]