Oggi i media d’oltreoceano e non solo si rimbalzano questa immagine dei biscotti Oreo. Ok, l’uso di Photoshop è discutibile, e quello non somiglia minimamente al seno di una puerpera. E’ un seno patinato e sessualizzato, ma il contesto dovrebbe bastare a de-sessualizzarlo: l’istinto primordiale di protezione, alla vista di un neonato, sorpassa ogni deriva steroidea. Certo che l’allattamento al seno usato per vendere biscotti!
Quello che c’è da chiedersi è: qual è il target di questa campagna? Atterrisce il maschio, non convince la femmina, e non ci risulta ci siano famiglie che demandano la spesa ai neonati: e allora? L’unica spiegazione plausibile è che si tratti di un virale fatto apposta perché i media, noi inclusi, ne parlino. Missione compiuta. Del resto le tette piacciono, i biscotti al cioccolato piacciono, i biscotti al cioccolato si inzuppano nel latte.
Per non saper né leggere né scrivere, la Kraft, proprietaria del marchio Oreo, ha precisato che l’immagine, realizzata dall’agenzia sudcoreana Cheil Worldwide, è una foto pubblicitaria per usi interni, non destinata al grande pubblico e finita incidentalmente in rete. Ormai però il leak c’è stato, la frittata è fatta.
Del resto, comprare spazi pubblicitari costa, far circolare un virale è gratis. L’industria della pubblicità americana è piena di esempi di spot troppo audaci per la televisione che hanno sortito l’effetto di far parlare del marchio senza spendere un nichelino per acquistare spazi: dallo spot troppo sexy di Serena Williams per il videogame Top Spin 4 a –tornando in tema cibo– quello di Mary J. Blige per Burger King, considerato razzialmente indelicato. Nel nostro piccolo, dove per “nostro piccolo” intendo la virtualmente angusta e buia redazione di Intravino, si parlò abbastanza di questa campagna promozionale dell’AIS, a seguito della quale si scatenò un discreto putiferio anche per la pubblicazione di immagini non approvate.
Che poi l’allattamento al seno è un argomento così serio e così faceto. Faceto lo diventa quando escono fuori trovate come il Baby Gaga, il gelato a base di latte materno -platealmente ispirato all’uso eccessivo del cibo come icona da parte di Lady Gaga- di cui abbiamo parlato l’anno scorso.
Dall’altro è serio, tremendamente serio, l’era del latte in polvere –specie nella vecchia Europa– è tramontata da decenni e la salubrità, oltre al pudore dell’allattamento al seno è evidente più o meno a tutti. In primis alle militanti della tripla L, La Leche League, in verità spesso zelanti al punto da sortire il più classico degli effetti contrari – nobile causa portata all’estremo e conseguente passaggio dalla parte del torto.
Tutto questo continuando a chiedermi, senza risposta, PERCHE’ la foto di un bimbo allattato dovrebbe far vendere più biscotti? E poi, non rischia di essere offensiva?
[Crediti | Link: AdWeek, YouTube, Intravino, LllItalia. Immagine: AdWeek]