La sai qual è la differenza tra un cinema d’essai e un cinema commerciale? Nessuna, tranne che nei cinema d’essai tutti restano seduti a leggere i titoli di coda. Mi veniva in mente questa battuta acida mentre uscivo dal cinema più snob della mia città, negli occhi un piccolo disturbante film francese. Sugli altri.
Nel film succedono certe cose a degli stranieri che cercano di attraversare il mondo: ma non ne parleremo, che qui siamo gurmè mica antropologi. Però quella fila di spaventapasseri davanti alla cassa termica dei volontari per avere una scodella di zaboba calda da mangiare ti restano dentro. Sarà perchè Audrey Dana, l’attrice co-protagonista, è una di quelle bellezze plausibili, quelle donne francesi di cui un minuto di innamori e il minuto dopo sai che ti rovineranno la vita. Sarà perchè Vincent Lindon è bravissimo a sembrare uno di noi con le sue pizze surgelate e le sue birre e le sue paure. Sarà perchè Bilal è cocciuto di una cocciutaggine oltre ogni nostra determinazione, sarà perchè la fame degli stranieri arenati al porto di Calais è superiore a ogni nostro immaginabile appetito, lì con quella scodella di non-so-cosa tra le mani: Welcome ti resta sulla pelle come un tuffo nelle ortiche.
Perchè racconta senza missionarismi d’accatto le storie degli altri: racconta anche quello che di loro non piace, le loro liturgie familiari medievali, il viluppo delle relazioni. Ma anche quello che non ci piace di noi, che spesso dimentichiamo che dentro quegli occhi a palla schiantati nella luce delle torce elettriche in mezzo alla notte ci sono persone. Ci siamo noi.
Forza, stasera spegnete la tivì, e guadagnate l’ingresso del più vicino cinema d’essai. Mi raccomando, seduti sui titoli di coda e niente popcorn.