Due sono le cose. O scriviamo una fila di commenti indignati tipo: “Questo signore non ha mai lavorato cosa volete che sappia della pausa pranzo”. E la impacchettiamo con una bella raccolta di firme. O proviamo a ragionare. Dunque, Gianfranco Rotondi da Avellino, ufficialmente ministro per l’attuazione del programma, ma per altre fonti, “ministro del nulla”, ha detto che “la pausa pranzo è un danno per il lavoro”. A lui, “questa ritualità che blocca tutta l’Italia”, non gli è mai piaciuta. Sia chiaro, mica vuole imporre a chi lavora quando mangiare, ma i tedeschi si fermano per mezz’ora, (un quarto di loro proprio non si ferma) e gli inglesi giù di lì.
Ma cos’è, chiede a stretto giro qualcuno giustamente preoccupato, una proposta per abolire la pausa pranzo? Per fortuna “No”, chiarisce Rotondi, “io l’ho abolita da vent’anni e lo stesso consiglio alla Camera dei Deputati, perché quella è l’ora in cui si lavora meglio”.
E però, siccome non era difficile prevedere che molti lavoratori non sarebbero stati d’accordo, specie se svolgono mestieri faticosi, cosa c’è dietro questa uscita di Rotondi? Una potente lobby? (Niente pranzo ma 5 pause caffè ogni giorno?) O visto che non mangia, non è per caso che il ministro in pausa pranzo beve?