Mentre andavo a mangiare da TOPiT, in una bella zona semi centrale di Torino, mi chiedevo il motivo della denominazione “pizzeria alimentare”. Sarà perché fanno anche piatti oltre che pizze, mi spiegavo con poca fantasia. E in effetti un po’ è così, come ormai quasi dappertutto.
Ma la vera ragione è un’altra, e l’avrei capita appena entrato: si impone all’attenzione, subito di fronte all’ingresso, e domina l’interno locale, un bancone trasparente colmo di salumi e formaggi. Come quelli che si trovano nelle sempre più rare, soprattutto qui a Torino, botteghe dette appunto “alimentari”. E come in quelle – che a Napoli chiamiamo “salumerie”, la parte per il tutto, anche se in questo caso sarebbe ancora più adatto – al posto d’onore campeggia l’affettatrice, e gli scaffali e i frigoriferi a vista sono pieni di bottiglie di vino, birra e bibite. Defilati, in un angolo, il banco della pizza e il forno elettrico.
Il locale: ambiente e servizio
L’idea è quella di un posto moderno e informale, dove mangiare pizze moderne e informali, senza il carico della tradizione ma senza neanche la pretesa di fare la rivoluzione. Così è il locale, così è il cibo, così è il sito: 4 pagine, info chiare ed essenziali, senza starcela a menare con la ricerca, il territorio, le lunghe lievitazioni.
Un po’ fuori luogo in tutto questo understatement è solo il nome, che seguendo le maiuscole decifriamo come il TOP dell’iTalia, ma che evoca sgradevoli assonanze roditorie.
Il locale è in una viuzza alla fine di corso Dante, vicino al Po, all’estremità meridionale del parco del Valentino: zona non centralissima ma molto chic, molto verde, molto bella. Il posto è piccolino, corto e largo; con l’altrettanto ristretto dehors forse arriva a 50 coperti.
L’ambiente è molto curato, rustico contemporaneo: le scaffalature fatte con le cassette, e gli oggetti d’antan come la damigiana o la bilancia danno quel tocco lì, ma l’atmosfera è resa allegra e luminosa dai colori chiari e dalle numerose lampade. Menzione d’onore per le sedie vintage, da vecchia scuola più che vecchia trattoria, pesantissime. Piacevolissimo jazz in sottofondo.
Il servizio è cortese e senza smancerie, più che velocità c’è sollecitudine, e questo si apprezza. Si apprezza anche l’understatement sul finale, quando non vengo assillato con molteplici richieste su caffè-dolce-amaro-ALTRO? Una cosa un po’ strana, che è successa a me, la racconto a tempo debito.
Il menu di TOPiT
Due facciate ma fitte fitte, forse un po’ disordinate. Piatti freddi e taglieri, toast e insalate. Il core business: panini (quasi 40 alternative), farinate, focacce farcite di formaggio, qualche pizza al padellino, il “calzone arrotolato”, focacce (17) e pizze (16). La margherita a 6 euro e la marinara a 5, quasi tutto il resto sopra i 10 euro; mediamente più alti i prezzi delle focacce, causa salumi.
Soprattutto per le focacce, la scelta è davvero varia e imbarazzante e – sarà perché per venire ho fatto 4 km in bici, per me il Galibier – vorrei provarle tutte. Il vero atout è la possibilità della mezza porzione – ottima cosa ma che può rivelarsi un boomerang, ci arrivo subito.
Il lato drink è equamente bilanciato tra hipster e pop: bibite e succhi bio, ma c’è anche Coca Cola Fanta Sprite; la birra alla spina è Moretti, in bottiglia il menu riporta un generico “artigianale”, che a richiesta si scopre essere un’interessante Aleghe, di un microbirrificio locale, a Giaveno.
Le pizze e le focacce di TOPiT
Càpita che sono da solo, e quindi l’opzione 1/2 pizza cade a fagiuolo, così posso provare sia la focaccia che la pizza, senza dovermi rifare l’armadio (che qui gli effetti della quarantena sul giro vita si sono sentiti a scoppio ritardato). Già che ci sono, decido di provare anche un impasto alternativo, scegliendo tra i “sempre presenti” (7 cereali, kamut, romana, carbone vegetale) e gli speciali (riso venere, grano arso, farro, grano saraceno senza lievito, semi integrale, canapa). In realtà la scelta si riduce a carbone vegetale o 7 cereali, e siccome la pizza e il pane dipinti di nero mi fanno fisicamente e ideologicamente ribrezzo, opto per il multicereali, e lo abbino alla focaccia. Vado coraggiosamente su Baloon con lardo e delicata ceresa (una specie di stracchino, mi spiegano) e Fiatella, una margherita con gorgonzola e cipolla rossa.
Qui succede una cosa strana: le due mini pizze mi arrivano insieme. Certo se ne avessi ordinata una intera era la stessa cosa – o no? Io non ho specificato, loro non hanno chiesto, magari il pizzaiolo non ha capito che c’era solo una persona al tavolo; tant’è. Di conseguenza, il cameriere mi mette davanti la pizza, implicitamente consigliandomi di mangiare prima quella per non farla raffreddare, con ciò rovesciando l’abituale sequenza focaccia-pizza.
La pizza è davvero piccola, effettivamente la superficie complessiva sarà metà di una classica, non i 2/3 tipici della mignon per bambini. Il cornicione invece è quello di una pizza normale, anche più pronunciato. La mia alla vista si presenta con il bordo quasi tutto bruciato: un caso, spiando gli altri tavoli. La parte inferiore invece non presenta neanche una macchia scura, anzi pur essendo ben cotta è più tendente al giallo focaccia che al marrone pane. La lievitazione e la cottura interna sono buone, c’è solo un punto in cui la base è rimasta più spessa e quindi resta cruda: il mio sospetto è che abbiamo usato una pallina normale e l’abbiano stesa meno. Il topping è goloso ma non pesante: pomodoro acido il giusto, gorgonzola della Val Sesia saporito ma non aggressivo, cipolla di Tropea nella quantità e dello spessore giusti. Formaggio e cipolla sono messi a crudo, il che da una marcia in più: è un’ovvietà, ma che non si vede messa in atto quasi mai.
La focaccia è un po’ più larga, non perfettamente tonda (hanno tagliato un pezzo della pallina? Sospetto sempre più che la richiesta della mezza porzione non sia così frequente). Ben cresciuta e ben cotta, ma al taglio e al morso si rivela tenace, resistente oltre il dovuto, sia nelle parti sottili che in quelle alveolate. E questa è l’unica cosa a ricordarmi che sono davanti a un’impasto speciale, perché il sapore particolare dei 7 cereali non perviene. Insomma come nella maggior parte dei casi, il trade off è sconveniente. Il topping è equilibrato, forse mi aspettavo più personalità dal lardo, mentre il formaggio fresco è piacevolissimo (= non sa di stracchino per niente), il pomodoro e la rucola rinfrescano anche se qualche foglia in meno non guastava.
Digestione e conto
Digestione: ancora al tavolo, mi sento gonfio quasi da non riuscire a finire la seconda mezza. Colpa della birra? Mia che ho mangiato troppo in fretta, affamato com’ero e senza nessuno da riempire di chiacchiere? Ma nel giro di pochi minuti il senso di pesantezza svanisce e la digestione prosegue tranquilla, solo con un filo di sete nelle ore successive.
Conto: 19 euro, non regalato ma neanche esorbitante, in linea con le attese e con la qualità del posto.
Opinione
Una discreta pizzeria moderna, versatile e fantasiosa, senza pretese gourmet ma con il plus dei salumi affettati al momento.
PRO
- Idea sfiziosa.
- Ambiente insolito.
CONTRO
- Il nome non rende giustizia all'idea.