Mi siedo al tavolo della pizzeria Starita a Torino e non posso fare a meno di tornare con la mente al passato, alle interminabili serate passate con nutrite comitive di amici nella sede originaria, Starita a Materdei, che già negli anni ’90 proponeva un antesignano del giro pizza ma con una modernissima mentalità anti-spreco: arrivavano pizze da condividere a raffica, una dopo l’altra, ma appena qualcosa avanzava nei piatti, stop e tutti a casa. La situazione non potrebbe essere più diversa, e non solo per gli anni passati che ahimè, ormai si contano su due cifre. Siamo agli antipodi: a Torino e non a Napoli, in pieno centro chic e non in un claustrofobico quartiere popolare, a un tavolino e non a una lunga tavolata. Ma questa non è la storia delle mie emozioni, bensì la recensione di Starita a Torino. Procediamo.
Starita a Torino: format, ambiente, servizio
Starita a Materdei, recita con orgoglio l’insegna, nasce nel 1901, anche se diventerà pizzeria solo negli anni ’40. In ogni caso si tratta di uno dei locali storici e più famosi di Napoli: che da qualche anno, come tutti i brand tradizionali, si è allargato e ha portato il marchio altrove, in questo caso a Milano, New York e Torino.
Due ampie sale, una al piano interrato, un discreto dehors: siamo oltre i 100 coperti. L’arredamento è essenziale e moderno, cede poco al folklore e rinuncia non solo alle tovaglie ma anche alle tovagliette di carta (battuta che non mi stancherò mai di fare: non si paga il coperto ma lo scoperto). Il servizio è rapido e premuroso.
Il menu di Starita
Siamo nell’ultra tipico napoletano: antipasto quasi esclusivamente di fritture, e pizze, stop. Gli antipasti hanno il grande pregio di presentare i vari componenti separati e a pezzi singoli, insomma ci si può comporre il proprio piatto di fritto misto. I classici ci sono tutti, e anche qualche sfizio non stra-sentito, come la montanarina condita con la genovese, o la provoletta imbottita al forno (più un piatto da casa che da locale). Certo i prezzi non sono bassissimi (un singolo fiore 2 euro) ma vale la pena variare.
Il menu pizze si divide in classiche (23) e specialità (25). Una grande abbondanza ma non una grande fantasia, siamo sul tipico da pizza pop, senza pretese e senza sforzi. Anche nelle speciali, oltre a qualche ingrediente che poteva fare fine negli anni ’90 (porcini, tartufo, crema di noci, burrata), le particolarità sembrano più sulle forme (stella, ripieno, girella, racchetta). Margherita a 7 euro e marinara primo prezzo a 5,50, specialità fino a 11 e 12 euro.
Infine, tre specialità di Starita molto diverse tra loro, tre calzoni e una ottima selezione di pizze fritte, in tutte le varianti (montanara, tonda ripiena, calzone). Consueta desolazione nell’offerta delle birre: alla spina solo Paulaner, in bottiglia quelle e Hacker-Pschorr.
I fritti di Starita
Accetto la proposta di un gattoncino, un fritto non ancora in menu, e ci accosto una genovesina e un fiore di zucca. In generale la frittura, che arriva nel tipico contenitore di alluminio, è molto bella a vedersi, e i pezzi sono di una croccantezza e un’asciuttezza commoventi. Giusto un filo tenace la montanarina (è un problema di lievitazione che mi tornerà nella pizza), che però in compenso è esaltata da una crema di cipolle alla genovese che è una delizia di dolcezza e decisione. Il ripieno di ricotta del fiorillo calca molto sul pepe; il piccolo gattò non è cremosissimo all’interno, come se le patate fossero state schiacciate alla forchetta, e forse lasciate un po’ indietro di cottura.
In ogni caso il fritto è tra il buono e l’ottimo, tanto che mi pento di non averne prese altre.
La pizza di Starita a Torino
Opto per una delle specialità, e visto che il fritto mi fa impazzire ma ho già dato, prendo una marinara di Starita, che è una via di mezzo tra una marinara rinforzata con pomodorini, e una cosacca con la sua abbondante spolverata di pecorino. Molto molto buono il condimento, a parte forse un giro d’olio di troppo: ma le varie consistenze e sapori (aglio, origano, formaggio, ponodoro in due forme) pur nella loro estrema semplicità si amalgamano alla perfezione. La nota dolente è l’impasto. La pizza si presenta con cornicione basso e larghezza ai limiti del piatto, si avvicina quindi molto allo stile ruota di carretto, uno dei modi tradizionali di Napoli. Però in certi punti il cornicione non sembra proprio ben lievitato, e anche il centro non è sottilissimo, e dove non lo è l’interno è un po’ crudo. La parte di sotto poi presenta dei punti bianchi e dei punti bruciati. Sono difetti di cottura e di lievitazione insieme, dove gli uni si riverberano sugli altri.
Il giudizio
Non si può elevare un’esperienza a standard: magari visto che a pranzo sono aperti solo venerdì e sabato, per ora, ci sono stati problemi di gestione dell’impasto; magari visto che ho mangiato alla fine di un turno non affollatissimo il forno era spompo. Però è anche vero che di certe variabili non dovrebbe tenerne conto solo chi mangia (e giudica) la pizza, ma anche chi la fa.
La digestione in compenso è buona. Il conto non economicissimo visto che ho bevuto solo acqua e non ho preso dolci, ma neanche eccessivo. In definitiva, una pizzeria che ricorda per molti versi, non per tutti, uno standard napoletano medio, con i suoi pregi e i suoi difetti. Va bene per gli amanti del genere, e per quelli con la bocca buona.
Informazioni
Indirizzo: via XX Settembre 36, Torino
Telefono: 011 1923 4019, ma non si effettuano prenotazioni
Orari di apertura: tutti i giorni dalle 19 alle 23, venerdì e sabato anche dalle 12 alle 15, lunedì chiuso
Sito Web: www.pizzeriestarita.it
Tipo di pizza: napoletana classica
Servizio: buono
Ambiente: moderno e semplice