Sophia Loren a Milano, recensione: com’è la pizza di Francesco Martucci in Duomo

La nostra recensione di Sophia Loren a Milano, la pizzeria firmata Francesco Martucci in Duomo: il menu, i prezzi, le pizze da provare, le opinioni.

Sophia Loren a Milano, recensione: com’è la pizza di Francesco Martucci in Duomo

Dopo un anno dall’apertura a Firenze, il Sophia Loren Restaurant è sbarcato a Milano il 6 Giugno 2022. Un locale che, come il primo fratello, può vantare firme importanti: la pizza di Francesco Martucci, la cucina di Gennaro Esposito e i dolci di Carmine Di Donna.

I nomi di uno dei pizzaioli migliori al mondo, del due stelle Michelin e patron del ristorante Torre del Saracino e del suo maestro pasticcere basterebbero da soli per creare hype ed alzare l’aspettativa.
Tuttavia, abbiamo deciso di attendere il tempo minimo per il rodaggio, verificando in maniera più critica se, terminato il periodo iniziale di affiancamento da parte dei tre colossi, il ristorante avesse conservato tutta la qualità che ci si aspetta.

Una puntualizzazione: nella recensione che state per leggere ci focalizzeremo sulle pizze firmate dal maestro casertano (trovate qui il nostro giudizio su I Masanielli di Caserta). Come si comportano all’ombra della madonnina? Riusciranno a reggere il confronto con le originali?

Scopriamolo insieme.

Ambiente e servizio

Sophia Loren Milano - Locale 1

Partiamo da un presupposto: Sophia Loren non è una pizzeria, bensì un ristorante con una proposta pizze in carta.
Una puntualizzazione che ci servirà anche per comprendere meglio alcuni aspetti successivi, ma che è altrettanto importante per inquadrare ambiente e servizio.

Letteralmente a due passi dal Duomo, il locale è a dir poco enorme; tra dehors e tavoli interni si contano circa 150 posti, che si districano tra salone principale, divani e persino salette private.

Le pareti sono ovviamente colme di quadri dell’attrice a nome del posto, illuminati da lampade calde e di design che spuntano dal soffitto dorato.

Sophia Loren Milano - Locale 2

Sarò onesto, quando sui social apparvero le prime foto ero titubante alla vista di quei pilastri dorati, sedie ricamate e tavoli lucidi, e non vi nascondo che il timore di incappare in uno sfarzo eccessivo (anche per Milano) e di un servizio altezzoso aveva raggiunto a livelli estremi.

Mi sono dovuto ricredere, per fortuna; è letteralmente impossibile non rimanere ammaliati dall’ambiente, colmo ma incredibilmente pulito, tranquillo, avvolto da una luce calda e da una leggera musica di accompagnamento.

Appena dopo la porta si para davanti il lungo bancone con i bartenders, che prosegue con il banco della pasticceria. A sinistra si entra nella prima sala dove ci siamo accomodati, in prossimità dell’angolo forni (due, uno a legna e un Moretti Forni elettrico) e banco pizza.
Più avanti il locale prosegue con divanetti e sale private per piccoli gruppi, con vista sulla bellissima cucina.

Uno degli aspetti più positivi dell’esperienza è stato senza dubbio il servizio.
A partire dall’accoglienza sorridente e cordiale da parte della responsabile di sala, ho riscontrato con gioia un livello altissimo del personale, cordiale, premuroso, attento e veloce ma mai invasivo; le cameriere arrivavano al momento giusto, a piatti finiti, chiedevano feedback su quanto mangiato (anche se i nostri piatti vuoti e “scarpettati” parlavano da sé), e poco dopo erano di ritorno con la portata successiva.

Lo so, sembrano aspetti scontati, ma vi assicuro che spesso e volentieri ci si perde sui dettagli.
Ciò che rende felici di un servizio sono le piccole cose, i minimi gesti: piattini e posate cambiati prima di ogni pizza durante la degustazione (per non contaminare il gusto delle successive), la comunicazione in cuffia tra colleghi, i cappotti appesi in armadi per evitare intralci.
Per darvi l’idea, a un tavolo in prossimità del nostro è stata portata (senza che fosse stata richiesta) una piccola lampada in quanto l’angolo era leggermente più buio delle zone limitrofe.

E a proposito di piccole attenzioni, c’è un aspetto che mi rende felice quando viene applicato: “Buonasera signori, posso chiedervi se gradite intanto dell’acqua?”.
Un piccolo gesto, ma piacevole, accompagnato da un’entrée di benvenuto; a volte basta davvero poco per sentirsi subito nel posto giusto.

Sophia Loren Milano - Entrée

Insomma, un servizio eccelso, a testimonianza del carattere più “sostenuto” del locale.

Inutile girarci intorno: lo scontrino a Sophia Loren Restaurant è alto, anche per la media milanese.

A darci un indizio è anzitutto l’ostricaro fisico, il bellissimo banco da cui viene preparato uno dei vanti del locale, il plateau di ostriche, gamberi e scampi, che può arrivare a 150 euro nella versione Royal.

Ma tralasciando antipasti, fritti napoletani, selezione di mozzarelle, sfizi, insalate, primi e secondi, concentriamoci sulla sezione pizze del menù; la Margherita costa 13 euro, la celebre Mani di Velluto arriva a 20 così come la Futuro di Marinara, mentre la più costosa è la Valorizzazione della Patata a 24.

“Prezzi alti, molto alti, quasi troppo” – pensavo.
Eppure, ragionando sulla posizione, sullo stile del locale, sul livello servizio e perché no, sulle firme dei piatti, pare evidente quanto diverso sia il target di clientela del ristorante, a testimonianza del fatto che Sophia Loren è un ristorante con delle pizze in carta, non una pizzeria.
E così il tutto prende immediatamente senso; nel ricordo di un’esperienza conta il prodotto, ma anche come la si è vissuta.

Sul beverage il focus è certamente sui vini, con una carta che conta quasi un centinaio di etichette tra rossi, bianchi, rosati, dolci e bollicine, con prezzi che oscillano tra i 20 e i 60 euro.
Molto fornita anche la scelta dei cocktail, circa una quarantina più i signatures, con un prezzo medio di 10-12 euro.

Peccato solo per la lista birre, che con nomi commerciali e poca scelta non regge assolutamente il confronto qualitativo di vino, bar e cucina.

Le pizze

Arriviamo al momento tanto atteso, l’assaggio dei dischi di pasta.

Il concept dovrebbe ormai esservi chiaro, ma è bene specificarlo: Sophia Loren non è la pizzeria di Martucci Milano, bensì un progetto che, come il gemello di Firenze, ha deciso di accorpare specialità firmate, messe ovviamente in carta a seguito di un lungo lavoro di consulenza.

Sarebbe logico aspettarsi delle differenze rispetto all’originale, ma in questi casi poco conta; il paragone con la “casa madre” è tanto inevitabile quanto spontaneo.
Il mio scopo è stato quindi quello di essere il più obiettivo possibile, ragionando sulle chiare difficoltà nel seguire e portare avanti uno degli stili di pizza più identitari ma al tempo stesso difficili da gestire: parliamo di un impasto molto idratato, incredibilmente morbido, dalla fermentazione complessa da domare e tenere a bada, ma che nelle mani di Francesco stupisce ormai da anni.

Il risultato che ci aspettiamo dall’impasto è il medesimo, stampato nella mente fin dalla prima visita a I Masanielli di Caserta: cornicione evidente ma senza sfociare nel canotto, leggerezza incredibile, fetta sostenuta, cottura certosina e lunga resistenza al raffreddamento.

Negli ultimi anni tuttavia Martucci ha inseguito un nuovo progetto cambiando il volto delle sue pizze, che mira a portare l’alta cucina nei topping; il secondo, grosso desiderio è quindi quello di ritrovare la stessa attenzione anche qui, motivo per cui abbiamo scelto di abbandonare la Margherita per concentrarci sulle scelte più “ricercate” del menu.

Per accertare una continuità più sicura possibile al locale, il pizzaiolo casertano si è letteralmente portato le armi da casa, lasciando i forni in gestione di tre suoi allievi, cresciuti e formati da lui stesso: Alessandro Scamardella, Ravzan Mihai e Walid Nabati.

Ma bando alle ciance, cominciamo a ordinare; abbiamo chiesto di avere una pizza per volta, che veniva quindi portata su un tagliere di legno già porzionata e con una paletta in accompagnamento. Lo stesso Alessandro si è occupato di consegnare le pizze più particolari (nel nostro caso tutte), raccontandoci ingredienti e preparazioni.

La prima scelta era ovvia; se non con la Margherita, il metro di paragone del livello qualitativo non poteva che essere la Futuro di Marinara, qui proposta in doppia cottura (fritta e forno) al contrario dell’originale (vapore, fritta e forno): crema di pomodoro arrosto, pesto di aglio orsino, capperi, olive caiazzane, origano e alici di trapani fuori cottura.

Sophia Loren Milano - Futuro di marinara

Non so descrivervi il profumo di pomodoro e aglio che ha invaso la sala all’arrivo di questa meraviglia.
Da amante della croccantezza della teglia romana, considero la frittura asciutta della Futuro tra le cose più belle del nuovo millennio: aperta, alveolata, leggerissima.
A stupire è però anche la crema, aromatica, corposa e avvolgente, in grado di accompagnare perfettamente il resto degli ingredienti.
Osservando l’originale, forse il quantitativo di olive può sembrare sproporzionato, ma non sarò certo io a lamentarmi delle dosi di una caiazzana.

La seconda pizza assaggiata è stata La valorizzazione della patata: fiordilatte, patate cotte a vapore, parmigiano reggiano di vacca bianca modenese D.O.P., pepe nero, burro di normandia e in uscita bottarga di tonno rosso, zeste di limone e olio evo.

Sophia Loren Milano - La valorizzazione della patata 1

Un quantitativo di ingredienti sostenuto, e che tuttavia in bocca creava un’amalgama stupenda, di carattere sapido ma bilanciato; le patate morbide e consistenti, la spinta della bottarga e l’avvolgenza di burro e fiordilatte creano un gusto deciso e molto interessante, sicuramente ben studiato.

Nulla da dire sulla cottura, che anticipo qui anche per le altre protagoniste in lista; perfetta, calibrata e certosina, senza sbavature.
L’impasto al forno esplode, senza l’alveolo eccessivo figlio dei nostri tempi, e comunque con una leggerezza innaturale, soprattutto se comparata alla capacità della fetta di rimanere ben dritta nonostante il peso dei condimenti.
In ultimo, non ho notato nessun peggioramento sensibile al raffreddamento, e fidatevi del mio impegno a riguardo: lascio sempre un’ultima fetta qualche minuto in disparte proprio per valutare un aspetto per me fondamentale.

La terza arrivata è la Fil Rouge: fior di latte, tonno fresco cotto a bassa temperatura, polvere di olive caiazzane, pomodoro datterino semi-dry, confettura di cipolla sfumata al vino rosso pallagrello, olio evo e basilico.

Sophia Loren Milano - Fil rouge 2

Ho sempre sempre trovato encomiabile il modo che ha Martucci nel trattare i semi-dry, che diventano letteralmente delle caramelle esplosive. Pare dovuto quindi un elogio ai ragazzi per essere riusciti a mantenere una caratteristica così distintiva, che qui accompagna la succulenza del tonno e la sapidità dell’oliva in maniera impeccabile.

In ultimo una delle pizze più rinomate di Francesco, Le 5 consistenze di cipolla, da tanti considerata un punto di incontro con la cucina stellata: in crema, fermentata, croccante, bruciata, maionese di cipolla, fior di latte e olio evo.
Non avendola mai assaggiata, le mie aspettative erano a dir poco altissime.

Sophia Loren Milano - Le 5 consistenze della cipolla 2

Anche qui il profumo ha preceduto la consegna, e penso sia relativamente facile immaginarlo.
Credo che la cosa più complessa in un simile topping stia nel creare una verticale di sapori e consistenze, facendo percepire dal palato tutte le sfumature di ogni ingrediente, pezzo dopo pezzo, secondo dopo secondo.
Prima arriva la bruciata, poi la croccante, poi l’avvolgenza di crema e maionese e in ultimo torna a farsi sentire l’acidulo della fermentata.
Intensa e particolare, certo non per tutti.

I dolci

Sophia Loren Milano - Dolci

Piccolo excursus finale sulla qualità dei dolci, che non potevo non citare; la scelta passa dalla carta (con selezioni di pasticceria) al banco, tra Delizia al LimoneTiramisù, dolci fuori menù, sfogliatelle ricce e frollebabàpastiera e altro ancora.

Abbiamo assaggiato una Delizia e un fuori menù, ovvero una torta cremosa al cioccolato e frutti rossi con il panettone al posto del pan di spagna; tutto eccelso, nulla da dire.

Sophia Loren Milano - Scontrino

Opinione

ristoranti pizzerie

Sophia Loren Restaurant a Milano si è rivelata la certezza che cercavo e non la delusione che temevo. Un ambiente chic che ambisce ad un alto target, ma che risulta al contempo accogliente e tranquillo, con un servizio di livello stellato; i prezzi si rivelano quindi sopra la media, ma in linea con la qualità garantita dal locale, sia di prodotto che di personale. Le pizze sono perfette, vuoi che si parli di impasto, di farcitura o di cottura, e reggono senza dubbio il confronto con le originali. Non posso dire che siano le migliori a Milano in quanto parliamo di una città cosmopolita, dove gli stili sono tantissimi e non sarebbe giusto metterli sullo stesso piano. Non posso dirlo insomma, ma se lo meriterebbero.

PRO

  • Pizze perfette, degne delle originali
  • Location stupenda, chic, tranquilla e accogliente
  • Servizio di altissimo livello, cordiale, premuroso, attento e veloce

CONTRO

  • La proposta delle birre potrebbe avere più coraggio, almeno in termini di selezione, per stare al passo con la qualità della cucina
VOTO DISSAPORE: 9.5 / 10
Voto utenti
Sophia Loren Restaurant Milano
Sophia Loren Restaurant Milano
Sophia Loren Restaurant Milano, Via Cesare Cantù, 3, 20123 Milano, MI, Italia