La mia lunga esplorazione delle pizzerie di Roma ricorda la fatica di Sisifo: mentre mi impegno a provare e recensire tutte le storiche, e vedo quasi la fine, ne spuntano sempre di nuove o sconosciute all’improvviso… Il macigno rotola giù dalla montagna, e il “duro lavoro” di rimpinzarsi deve partire da capo. D’altra parte, come scriveva Camus, il faut imaginer Sisyphe heureux, “bisogna immaginare Sisifo felice”! Ed è felice, Sisifo pizzaiuolo, quando spuntano nuovi indirizzi che, pur allungando l’elenco dei posti da visitare spingendo più in là una temibile deadline, valgono la pena e una buona mangiata.L’ultimo intoppo sulla lunga et perigliosa via, in questo senso, è stato rappresentato da Sant’Isidoro Pizza e Bolle.
Locale in via Oslavia (siamo nel quartiere Vittoria, a ridosso di piazzale Clodio) inaugurato a Dicembre 2019, ossia appena in tempo per farsi un paio di mesi di rodaggio prima di beccare in pieno il lockdown. In un certo senso, quindi, questa pizzeria può considerarsi un’apertura nuovissima: nella quale i meccanismi di cucina e di sala, dopo la falsa partenza di Dicembre, dovrebbero essere nel pieno tentativo di ingranare nuovamente da zero in seguito al reset da Coronavirus.
Il locale
Si presenta giovane e fresco, con qualche tavolino a bordo strada e un’architettura tra l’industrial-minimale e un certo effetto IKEA (ma di design): la sala, dai muri grezzi color cemento, è riscaldata dalle grandi pareti scaffalate in legno chiaro sulle quali fanno mostra di sé bottiglie di spumanti e champagne, e da un’illuminazione briosa e azzeccata.
L’impatto visivo, leggermente impersonale, si scontra con un’acustica da piscina comunale, dai suoni confusi e amplificati, nel cui rumore denso sembra di nuotare.
Il grande banco di mescita, in marmo bianco, si prende insieme all’esposizione di vini frizzanti il centro della scena: la cucina e il forno Valoriani, invece, sono seminascosti dietro un angolo; tanto che bisogna andarseli a cercare per farsene un’idea.
Lato servizio: il personale si ferma ai tavoli solo se “convocato”, i tempi sono flemmatici, l’attenzione al cliente è bassa e le comande a volte si perdono; o arrivano in cucina confuse. Al netto della perdonabilità di alcuni aspetti a un locale attivo da pochi mesi c’è molto, anzi moltissimo, lavoro da fare.
Il menu
Scorrere il menu al Sant’Isidoro è gratificante, e sopperisce da solo alla vaga indefinitezza dell’aspetto del locale. La scelta è netta, ed incarna un concetto preciso, arricchendo il “pizza e bolle” del sottotitolo, di per sé già sentito, di una precisa venatura caratteristica e personale.
Si mangiano fritti – supplì, frittatine, montanare, “conetti” (non) dichiaratamente ispirati da Franco Pepe – tutti tra i 3 e i 6 euro – poi bruschette (6-7€) e le pizze, divise tra classiche (7-11,5 euro) ed eccentriche (11-15 euro). Tutto è connotato, almeno sulla carta, da una vena eclettica e godereccia che invita all’esplorazione.
La parte del leone nell’identità del locale però, a leggere, la fa di certo il bere. La selezione di vini, principalmente frizzanti – ma non solo – presenta etichette per tutti i gusti e per tutte le tasche, convenzionali e naturali, selezionate con grande capacità e attenzione (oltre che proposte a ricarichi più che onesti).
Seguono a ruota i menu tematici dei cocktail, con la carta dei Gin&Tonic (dai 9 ai 12 euro) e quella dei Bloody Mary (a 9 euro), quella dedicata ai grandi aperitivi italiani (7 euro) e un’altra, più creativa, riservata ai signature della casa (7 euro). A chiudere, arrivano le selezioni di vermouth, amari e distillati.
A livello sia visivo che concettuale, si delinea davanti agli occhi l’immagine di un locale dove chi ama bere e mangiare possa divertirsi spensieratamente, secondo una chiave pop-chic e democratica, come gli omini di Keith Haring: ora lo spazio della sala, di per sé abbastanza neutrale, già si riempie di una linfa nuova.
I piatti
Cominciamo con i supplì, preparati – recita il menu – con riso Acquerello.
Hanno la forma inconsueta di cupolette semisferiche, panatura tradizionale, sottile e brunita, qualche leggerissimo residuo di unto sulla base in cartapaglia.
Si rivelano ottime, al gusto, tanto la versione con burro, parmigiano e zest di limone (3 euro), ove l’agrume, ingrediente rischiosissimo su una base neutra, viene dosato sapientemente al punto da sgrassare e al contempo arricchire il tutto; quanto quella con “crema di gamberi rossi” – cioè, a base bisque – lussureggiante, decisa (4,5 euro). Il problema dei supplì, se ce n’è uno, è proprio il riso Acquerello; che nonostante sia cotto alla perfezione, per via della cessione di amidi ridotta, non riesce a far “impaccare” a dovere i chicchi: ne risulta che i supplì si sbriciolino in mano, rendendo difficile il godimento e la prensione. Cambiare fornitore, anche se toglierebbe qualche punto-hype al menù, renderebbe forse il risultato migliore… E farebbe risparmiare qualcosa in termini di food cost, che non guasta mai.
È buona anche la frittatina di pasta alla Nerano (4,5 euro), che gratifica appellandosi agli istinti più semplici e diretti. Le zucchine si sentono davvero poco, nel complesso sembra più un timballino di pasta al pesto a bagno in un profluvio di besciamella, ok, però… Che je voi dì?
Si bevono, al calice, un crémant rosé francese e un buon “col fondo” naturale, semplice e diretto, dalle spiccate mineralità.
Le pizze si presentano come un compromesso inedito tra la ruota di carro napoletana e le pronunciatezze delle riletture di Caserta: cornicione-canotto ma disco ampio e ben disteso, con la superficie di farcitura protagonista di una pizza veramente grande – da panetto del peso di ben 290 grammi – e dalla cottura ben gestita.
L’impasto è filante e soffice, marcatamente solubile anche se non esattamente leggerissimo (complici anche le dimensioni, una pizza soddisfa a pieno i mangioni, ma può essere una sfida per appetiti più regular).
Sulle farciture, geniale la rilettura della Capricciosa (11,5 euro), proposta tra le pizze “classiche” ma decisamente innovativa – con carciofino alla giudia, uovo barzotto, prosciutto di nero casertano, crema di carciofi e polvere di olive: un ensemble di elementi orchestrato magnificamente, divertente e rilassato, che ci siamo goduti in accompagnamento a un Anchovy Bloody Mary (9 euro) con vodka ai capperi, cucunci e colatura di alici (!).
Un filo sotto, per quanto comunque ottima, l’Iberica (13 euro) con crema di peperoni rossi e gialli, polvere di olive e baccalà mantecato; che si sarebbe potuta giovare di un maggiore contrasto alla dolcezza dei peperoni lasciando il baccalà un po’ più sapido, oltre che più compatto e meno spumoso, o spingendo sulla parte amara delle olive – che in dosi omeopatiche non riescono a fornire giusto contraltare.
Da bere, un Bloody Mexican a base Tequila aggiustato con Porto e succo di pompelmo rosa; davvero un’interpretazione eccellente del classico cocktail da brunch.
Sui dolci, si segnala un’attesa post-pasto durata forse per 25 minuti e spesa nella speranza che qualcuno venisse a chiederci se desiderassimo altro… Conclusasi con la decisione di alzarsi e recarsi a pagare in cassa.
Opinione
Sant’Isidoro – Pizza e bolle è una pizzeria decisamente valida, con la capacità di dire qualcosa di nuovo su un anti-cliché che è già cliché, quel “pizza e champagne” che fa tanto boho-chic. Il locale, di boho chic, non ha nulla, nonostante sorga in un’area della città particolarmente vocata a questo genere di flessioni; e anzi ispira genuinità e voglia di divertirsi, riflettendo il sincero interesse per ciò che propone sia attraverso l’offerta gastronomica che, in misura forse ancora maggiore, tramite una scelta beverage mai banale.La sfiziosa selezione di antipasti, l’impasto notevole usato per la pizza, lo sguardo smart e originale con cui viene interpretata la scelta dei topping, rendono questo locale di recente apertura un soggetto da tenere d’occhio per i gourmand più smaliziati della capitale: con qualche rifinitura in cucina e lavorando per migliorare l’esperienza di sala merita di avere un futuro brillante.
PRO
- Servizio da rivedere
- Ambiente rumoroso
CONTRO
- Originalità nella rilettura delle ricette classiche, attraverso i topping