Notizia: la guida di Identità Golose 2020 è tra noi, con 1.111 insegne di “cucina d’autore” recensite divise tra Italia (794), Europa e Resto del mondo (317). Premi elargiti a destra e a manca alle solite, pizzerie comprese.
Pubblica, fruibile online e in continuo aggiornamento, la guida è stata presentata alla Terrazza Gallia di Milano in un evento sponsorizzato tra gli altri da Grana Padano, Acqua Panna/San Pellegrino, Lavazza, The Fork e Birra del Borgo.
Birra del Borgo che, per una curiosa coincidenza, è anche titolare del ristorante “L’Osteria di Birra del Borgo” (chi l’avrebbe mai detto), in cui esercita Luca Pezzetta, classe Ottantanove di area romana e scuola Bonci, premiato durante la presentazione come miglior Chef Pizzaiolo dell’anno.
Insomma il chiacchierato marchio birrario, quello che nell’elenco dei marchi premium dell’industria ha scalzato per distacco persino Poretti in materia di abilità nel passare per artigianale agli occhi dei consumatori meno accorti senza esserlo, se la canta e se la suona; sponsorizzando un concorso che finisce per premiare il suo proprio locale-vetrina – ove dopo il passaggio alla multinazionale AbInBev “la qualità è rimasta la stessa” – nel cuore di Roma.
Ora fermi.
Prima di levare gli scudi in difesa del povero ex birrificio artigianale e dei suoi munifici emolumenti elargiti a Identità Golose nel puro interesse della causa gastronomica, e soprattutto prima di frapporvi tra i cerberi di Dissapore e l’innocente maestro pizzaiolo come scudi umani durante un attacco terroristico in un asilo nido, lasciatemi spiegare: questo scritto non vuole in alcun modo insinuare che il premio a Pezzetta sia frutto di chissà quale tetra macchinazione o episodio di corruzione, anzi.
Siamo sicuri, avendo sentito tessere le sue lodi da ogni parte del coro, che il lavoro di Pezzetta sia più che meritevole del riconoscimento conferitogli; per eccellenza del prodotto, scelta degli ingredienti, le incessanti ricerche d’avanguardia sugli impasti. Qui il problema non è la fattispecie, ma il principio.
È giusto che un ristorante di proprietà di un’azienda che è main sponsor di una guida gastronomica venga recensito dalla guida stessa, e selezionato come migliore dell’anno nella sua categoria?
Non è un corto circuito quantomeno surreale, che la persona premiata su un palco rappresenti direttamente (e sia dipendente di) uno dei principali finanziatori dell’ente che lo premia? Con tanto di logo gigante dell’azienda sponsor/vincitrice-a-sorpresa proiettato nelle grafiche sopra la sua testa.
Pur essendo certi della buona fede di quanto accaduto in questo specifico caso, ossia del fatto che non sussista un nesso di relazione tra la premiazione del lavoro svolto da Pezzetta all’Osteria di Birra del Borgo, di per sé meritevole, e la presenza di Birra del Borgo stessa tra le aziende che cacciano il grano per tenere in piedi Identità Golose; diciamo che il semplice pensiero che tale conflitto d’interessi possa sussistere svilisce enormemente tanto la credibilità del premio, che paradossalmente il valore del lavoro di chi viene premiato.
E ci viene il sospetto che Luca Pezzetta, del paradosso, si sia accorto; dato che durante la premiazione non ringrazia il datore di lavoro Birra del Borgo per la fiducia – sarebbe forse stato troppo – ma si limita ad omaggiare le farine Petra; altro sponsor dell’evento ma quantomeno non lo stesso sponsor che lo tiene a libro paga.
La riflessione, seria, è: non sarebbe stato più professionale, da parte del “congresso internazionale di alta cucina”, evitare di foraggiare sospetti sia pure infondati su possibili ingerenze da parte degli sponsor, escludendo a priori dalle selezioni qualsiasi attività ad essi direttamente affiliata – quando non addirittura di proprietà di uno di loro?
A voi le conclusioni, mentre immaginiamo un premio “miglior programma di cucina dell’anno” sponsorizzato da Sky e conferito a Masterchef, o un “più buono snack dolce di sempre” assegnato ai Nutella Biscuits durante un evento Ferrero.