Siamo al Quadrilatero di Torino, da Tasteit, pizzeria piuttosto ambiziosa che propone pizze classiche, gourmet e cucina italiana da un paio d’anni. La nostra recensione.
Il concetto di pizza gourmet è nato – nel 2010 o giù di lì – per dividere ciò che Dio aveva unito: la pizza come unicum inscindibile di pasta lievitata e condimento. La pizza napoletana è fusione sublime; la pizza gourmet è separazione: prende una pietanza (più o meno elaborata, più o meno cucinata) e la appoggia su un disco di pasta. A quelli che o tempora o mores e “la tradizione non si tocca” bisogna però opporre una dura realtà: la pizza/focaccia come piatto commestibile su cui appoggiare le pietanze è tradizione ancora più antica, anzi è la funzione originaria della pizza. (Se ne trova cenno in molte fonti antiche, addirittura nell’Eneide, in cui gli eroi a un certo punto sono così in ristrettezze che si vedono costretti, vergognandosene, a “mangiare le mense” – espressione che ha un’eco nel napoletano “ti sei magnato pure i piatti” detto di chi aveva molta fame: in un caso e nell’altro, certo non si parla di addentare manufatti in ceramica. Che poi, come si deduce, anche questi piatti edibili non venissero normalmente mangiati, è altra questione, non meno interessante.)
Quindi, la rivoluzione gourmet è stata in realtà un ritorno al passato, una restaurazione. Flash forward di 10 anni, siamo in pieno periodo decadente. Lo dimostra l’esistenza di concept buggati a monte come Tasteit.
Il format
Tasteit è una mini-catena: primo locale a Modena nel 2016, a marzo 2018 apre anche a Torino (c’era una terza sede sempre in Emilia, a Reggio: un concept leggermente diverso che butta dentro anche la mixology, Amargo & Tasteit, ma nel frattempo pare aver chiuso).
Sottotitolo: Italian Excellence Gourmet, e si propone come franchising per chi volesse. Siamo alle solite: prodotti di qualità, attenzione alle lievitazioni, impiattamento e ambiente fighetto ecc. Ma con alcune particolarità, che vedremo man mano e che vorrebbero fare la differenza (la fanno, ma non nel senso sperato).
L’ambiente e il servizio
Centralissimo, su due piani, in storico palazzo torinese, finemente ristrutturato e rimodernato. Se suona come un annuncio immobiliare, beh, è perché un po’ lo sembra. Antico e moderno qb, sfiziosi i pannelli alle pareti; letale invece la collocazione su due piani, per di più fatti di due stanze separate ciascuno. I coperti sono circa 70. Prima, per qualche anno il locale ha ospitato Obikà, altro concept azzardatissimo tra sushi e mozzarella, che non ho mai avuto il coraggio di provare.
Tavoli di legno con tovaglia a 3/4, simpatiche le posate col manico cavo; in sottofondo, forse un po’ troppo sotto, gradevole musica d’antan (che ahimé, ormai non vuol dire anni ’50 ma anni ’90).
Prenotiamo di sabato alle 20.30, il locale è quasi pieno e finirà di riempirsi in pochi minuti. Subito una particolarità: a differenza di quasi tutti i format gourmet, il servizio non è obbligatoriamente organizzato in due turni (19.30 o 21.30), il che per me all’inizio è un sollievo ma poi sarà un boomerang. Arriviamo puntuali e già non troviamo nessuno ad accoglierci. Diciamolo subito, perché è uno dei problemi principali, che tornerà a galla a più riprese e che si riverbera su tutto il resto: il personale è sottodimensionato in maniera tragica. Due camerieri gentilissimi ma in chiaro affanno, più altri due che intravediamo ogni tanto sbucare ma che per quanto ne so potrebbero anche essere personale di cucina: troppo pochi per così tanti coperti, e per una pizzeria non da battaglia. (È un caso di questa sera?, s’avanza lo scrupolo del recensore. Potrebbe essere, ma a un’indagine discreta sembra di no.)
Ci fanno accomodare ma per 20 minuti non ci portano neanche il menu: a esplicita richiesta spiegano che no, non si può dare il menu in mano e basta, c’è bisogno di una spiegazione a voce. Incongruente perché poi le 3 paginette sono anche in bella vista fuori dal locale; ma soprattutto supponente, perché poi questo indispensabile spiegone è la solita solfa: farine di qualità (il marchio fighetto e ammiccante di circostanza industrialissimo molino di turno), lievitazione di 72 ore (bum!), ingredienti e preparazioni gourmet.
In definitiva: entriamo alle 20.30, ordiniamo alle 21 (e perché siamo noi a darci una mossa, un po’ spaventati dalla piega), le pizze arriveranno alle 21.30 (ad altri tavoli va peggio).
Il menu di Tasteit
Semplice, diviso in 3 sezioni. La prima è il core business: la pizza gourmet, con una colonna di mare e una di terra (leggi carne: su 20 proposte complessive, solo un’opzione vegetariana, uhm). Gli accostamenti sono invitanti, e anche se l’85% ha una base di stracciatella (sostituisce la mozzarella, dato che in forno ci va solo la pizza/focaccia) per il resto c’è una bella varietà e qualche bizzarria. Ci viene spiegato che il pesce viene servito su impasto al nero di seppia, la carne su impasto integrale. Come vedete i prezzi sono al trancio: il consiglio di Tasteit è quello di ordinare una degustazione – costruendosi un percorso da sé o affidandosi allo “chef” – di 4 o 6 pezzi. Anche qui ci si stacca dal classico format della pizzeria gourmet, che prevede il servizio sì in spicchi, ma di pizze intere o tutt’al più di mezze, magari in condivisione e una alla volta. Oppure percorsi degustazione tra vari tipi di impasto (come nei casi che ho provato di recente, Balik e Sesto Gusto).
A me questa di Tasteit invece pare subito una cosa suicida, a livello organizzativo di cucina e a livello di esperienza cliente: 6 pezzi complicatissimi da montare, e potenzialmente moltiplicati per tutti i commensali di un tavolo da 8. Chiedo se per caso è previsto che arrivino uno o due alla volta, ma no, vengono portati tutti insieme. Good luck.
Poi c’è la pagina delle pizze classiche, circa, e infine quella dei secondi, cioè i piatti senza neanche più la scusa della pizza sotto.
La carta dei vini è come spesso accade un page-turner: non nel senso che è avvincente come un thriller ma che ha talmente poche bottiglie e di prezzo così alto (minimo 20 euro) che ti spinge subito verso le birre. Le quali sono altrettanto bizzarre: un misto di nazionalpopolare finto gourmet e artigianato ricaricatissimo, birre industriali vendute a prezzi folli, corredate da didascalie buffe, con qualche craft buttata in mezzo senza troppi complimenti.
Le pizze di Tasteit
Ordiniamo un percorso da 6 spicchi di terra (che sia di seppia o di carbone vegetale, l’impasto nero non riesco neppure a guardarlo – e poi, it’s so 2015!) e una Dop, ovvero una margherita di bufala con pomodorini. Per la degustazione mi rimetto alla mano dello chef, sia per prescia vs ampia scelta, sia perché così spero di facilitare il lavoro a lui e guadagnare in qualità io.
Nell’attesa ci portano un sacchetto di pane, che poi sono ritagli di pizza: l’impasto è molto soffice, aiutato dall’olio (carta unta canta chiaro), borderline gommoso, borderline poco cotto, borderline sciapito; border ma non oltre, non gli puoi dire niente di oggettivo, però not my cup of tea.
Nell’attesa non mi portano la birra e va benissimo, odio che si riscaldi; meno bene che quando arrivino le pizze non ce l’ho ancora, e dovrò mangiare metà cena a bocca asciutta.
Arrivano 5 spicchi di pizza invece di 6 (un malinteso mi dicono, ma meglio così col senno di poi, perché riempiono all’inverosimile), col suggerimento di mangiare subito l’unica che ha il topping caldo.
La Maialina è una noce di filetto con guanciale croccante e sesamo: letteralmente una porcata, nelle intenzioni; ma poi il filetto è un po’ troppo spesso, un po’ troppo cotto, e risulta leggermente tenace al morso, oltre che pesante da mangiare come topping. I condimenti sono in effetti tutti strabordanti, tanto che d’ora in poi mi aiuterò con coltello e forchetta. Degli altri spicchi che dire: la Passeggiata tra i boschi (la sola vegetariana di cui sopra) dovrebbe essere un trionfo di funghi e invece si sente solo il gorgonzola (non era gorgonzola? Tanto peggio, sembrava). Parma è un’ottima fetta di prosciutto impreziosita da una goccia di confettura di fichi (due, era meglio). Nella Carbonara è talmente prevalente la fettazza di pecorino, che l’ho scoperto solo dopo che pizza fosse (svantaggi/vantaggi della degustazione al buio). E la Tartare di fassona è, beh, una tartare di fassona.
La pizza classica? Qui casca definitivamente il giochino. Sono napoletano, ma non sono un fanatico. E quindi: no forno a legna? No problem, soprattutto se non è pizza classica quella che vai a propormi. Ma allora, non me la proporre proprio; oppure, trova un modo.
Il modo non è tenere la pizza in forno un quarto d’ora, come sospetto, tanto che la base diventa biscottata e la bufala rilascia un’acqua che non si asciuga. (Qualche giorno fa ho visto la puntata di Masterchef in cui lo chef Martini proponeva un brodo di pizza: ecco questa era più una pizza di brodo.)
Prezzi, digestione, giudizio
Quasi 40 euro in 2: non molto per una pizzeria gourmet (ma abbiamo preso solo una birretta e zero dolci), non poco per com’è andata. All’uscita sono pieno da scoppiare, e fino a una certa ora beviamo tantissima acqua entrambi; poi la situazione migliora. Ma il voto resta basso.
Informazioni
Tasteit
Numero di telefono: 011 1964 0134
Indirizzo: Via Corte d’Appello 2
Orari di apertura: martedì-domenica, a pranzo dalle 12:15 alle 14:30, sabato escluso; a cena dalle 19:30 alle 23:00, sabato fino alle 23:30
Sito Web: www.tasteitgourmet.com
Tipo di pizza: gourmet
Servizio: in affanno incolpevole
Ambiente: torinese rimodernato
Voto: 2,2/5