Anche se molto estesa, Torino non è una metropoli: nel senso che non ha una molteplicità di centri vitali, come Roma Milano e Napoli. Tutto si gioca nel raggio di un chilometro o poco più, tutto è molto gerarchico e geometrico, un po’ come la pianta della città: il centro è super bello e super interessante; il semi-centro così così; la periferia lasciamo stare. Certo c’è qualche eccezione: l’aristocratica zona collinare, che però è per lo più residenziale; il bel Valentino, ma è un parco; qualche sprazzo verso il Lingotto e in pochi altri isolati punti. Stupisce perciò, positivamente s’intende, trovare Don Ciccio, una bella pizzeria in Barriera di Milano, periferia nord abbastanza sconsolata.
Dietro un’apparenza esterna dimessa, il locale è piccolo e accogliente: pochi coperti, legno chiaro, atmosfera calda. Il mood oscilla un po’ tra il raffinato (il suddetto ambiente, i soliti discorsi su materie prime e ricerca) e l’ultrapop (il logo smargiasso, ma anche le dimensioni del QR code, per dire).
Il menu della pizzeria Don Ciccio
Stessa oscillazione si trova nel menu di Don Ciccio, tra aspirazioni chic e cadute un po’ tamarre. La pizzeria ha solo il forno e non la cucina o un angolo cottura, probabilmente: lo si deduce dagli ingredienti sulle pizze e dalla sostanziale mancanza di antipasti, se si escludono i taglieri di salumi e formaggi (gli stessi che vanno sulle pizze, s’immagina) e quattro focacce, ovvero pizze condite con salumi e formaggi. Una scelta minimal e coraggiosa, che va sottolineata, ma che in pratica obbliga ad andare subito di pizza.
Dall’altro lato, le pizze sono tante, forse troppe. Della nostra idiosincrasia per i menu lunghi abbiamo detto, e lo ripetiamo a ogni recensione. Anche se in questo caso, a ben vedere, le pizze non sono mica assai: solo 21, a contarle. Eppure sembrano di più: perché? Forse per il carattere bianco su nero che affatica la lettura; forse per l’abbondanza degli ingredienti e la loro pignola descrizione (il nome del produttore, il metodo di cottura…). Forse per l’organizzazione confusa: le categorie sono tre, Pizze della tradizione (3: marinara, margherita e, bravi, cosacca); Novità (4), che già non si capisce bene cosa voglia dire; la Selezione di Don Ciccio, ovvero Le mie proposte, vale a dire tutte le altre (14). Le quali, da un lato non sono la solita solfa, ma creazioni originali; però, dall’altro, non brillano per originalità, e fanno molto leva sui sapori forti di salumi e formaggi.
E per chiudere in bruttezza, la possibilità lasciata al cliente di creare la propria pizza – base bianca o rossa, verdure, insaccati, latticini – un po’ un’americanata, come si diceva una volta. Nota di merito senza se e senza ma, invece, per la carta di birre artigianali: essenziale ma ben pensata, molto in linea con il livello della pizzeria (coerenza che, come spesso abbiamo modo di notare, è tutt’altro che frequente: quante volte vediamo pizzerie che aspirano al gourmet e che ci fanno una capa tanta con la qualità degli ingredienti, poi arrivano alla pagina delle bevande si perdono in un bicchiere di Peroni).
Le pizze di Don Ciccio
E che sapori forti siano, allora. ‘O fuoco è sostanzialmente una diavola, ma al quadrato: ‘nduja e spianata calabra promettono fiamme, ma per fortuna non bruciano il palato tanto da renderlo insensibile. Ma la vera sorpresa è la Black Jack, che su una base margherita presenta tre ingredienti tutti di una certa personalità e in apparenza che non c’entrano niente l’uno con l’altro: acciughe, ‘nduja, conciato romano. Contro tutti i pregiudizi – la carne col pesce? il pesce col formaggio? le alici col piccante? – il power trio funziona alla grande: non scoppia, e non stanca.
Il tutto si poggia su una base di pizza sottile al centro e con il cornicione pronunciato: lo stile però non è quello napoletano, mancano le bolle bruciacchiate e le parti tendenti al crudo, effetto di una cottura un po’ più prolungata che però non arriva al croccante; la base poi è leggermente più spessa, non impalpabile. Pizza all’italiana, come si usa dire, e qualsiasi cosa voglia dire: funziona sul momento, e anche dopo, in fase di digestione.
Anche i dolci, che cambiano di volta in volta, sono simpatici, con una punta di originalità, e abbondanti nelle porzioni. Il conto è proporzionato alla cena.
Opinione
Un buon posto dove fermarsi se si è di passaggio, ma anche da andarci apposta. Non sarà sul podio delle pizzerie di Torino, ma sicuro è nella fascia immediatamente successiva.
PRO
- Prezzi medi, per una qualità decisamente superiore alla media
CONTRO
- Il menu un po' affollato e confuso, per non parlare della pizza "fai da te"