Mi imbattei quasi per caso nella Pizzeria del Popolo a Piazza Mercato che ora andrò a recensire per voi, lettori di Dissapore. I primi anni della mia vita a Napoli (ci sono stata da inizio 2012 fino ad oltre metà 2016) mi divertivo a cercare pizzerie fuori dal solito sentiero; abitavo a Vico Soprammuro Ave Gratia Plena, a due passi dal teatro Trianon, ad un minuto scarso dall’Antica Pizzeria da Michele, quindi: Forcella.
Per molto tempo Sancta Sanctorum della pizza napoletana (a due passi, c’è anche la storica friggitoria D’e Figliole), iniziai ben presto a “stancarmi” e a ricercare altro. L’Università Orientale – crocevia di umanità e cibarie varie, dove ho studiato per anni cinese mandarino – ci ha messo “la mano sua”: un giorno, una mia collega portò l’autentico vaso di Pandora, un cuoppo di crocché della Pizzeria del Popolo. Tra un gruppo shengci e l’altro, decisi che quel posto sarebbe stata la mia comfort zone gastronomica negli anni a venire.
Il posto
Povera, povera Piazza (del) Mercato: i più tra noi la conoscono perché ci passano semplicemente accanto nel tran tran quotidiano che li porta dentro e fuori la città grazie a Via Marina, arteria principale che collega Napoli con parte delle province campane. Tra le più grandi piazze di Napoli, un tempo adorna di fontane ora smantellate e domicilate in altri posti più o meno famosi della città, è stata vittima di un’incuria profonda ed ingiusta. A Piazza Mercato, il mitico Masaniello arringava le sue folle. A Piazza Mercato, Luigia Sanfelice (una figura molto amata dai napoletani ma anche dai francesi, tanto che Alexandre Dumas la rese protagonista di un noto romanzo, La Sanfelice) fu giustiziata in nome della Repubblica napoletana del 1799, così come fu condannata a morte e lì decapitata la patriota e giornalista Eleonora Pimentel Fonseca. Il primo a finirci Senza Testa fu Corradino di Svevia.
Svetta ancora il campanile della Basilica Santa Maria del Carmine, devozione per ogni napoletano che si rispetti: a lei va la somma esclamazione di stupore, mamma r’o Carmine, rivelando la profonda “ossessione” partenopea per questa figura proveniente dall’Oriente, dai colori decisamente più scuri.
In un angolo, al numero 44, La Pizzeria del Popolo – guidata da un Gianni Breglia “esule” e ben formato presso le pizzerie storiche di Via dei Tribunali – per lungo tempo è stato l’unico avamposto gastronomico della zona, capace di radunare folle più o meno corpose di appassionati ma anche semplici avventori occasionali, della zona, universitari ed altro.
Le norme Covid sono scrupolosamente osservate: presa contatti all’ingresso, foto del documento di identità, temperatura “sparata” e si va al tavolo. Ci sono due sale, ci accomodiamo in quella inferiore che conta una ventina di posti massimo; tovagliato rosso rubino, le posate e i tovaglioli vengono messi a centrotavola, ognuno fa da sé poi. E’ un giovedì sera, l’affluenza è media e – tranne per qualche straniero – è tutta clientela locale anche un po’ avanti con gli anni. Il servizio è minimal ma attento alle diverse esigenze della clientela, dimostrando familiarità e professionalità allo stesso tempo.
Menu e prezzi
Francamente, andando per pizzerie gourmé (spero si capisca la canzonatura) o fintamente tali non si è più abituati ai prezzi di cartello della pizzeria classica napoletana senza sfruculiamenti (ndr, bizze e capricci), dove il prodotto tradizionale nudo e puro è messo sul piatto: per nulla parco di difetti, ma almeno si vende per quello che è. I fritti spaziano dai 0,50 centesimi del crocché di patate (!) all’1,50 della frittatina di pasta: una proposta all’osso.
Tradizionale e a tratti un po’ demodé la parte pizze: si parte con Marinara e Margherita d’ordinanza (3,00 euro / 3,50 euro), varie proposte ai funghi, al prosciutto, Capricciosa e Quattro Stagioni. Molto carina ed invitante la pagina dei ripieni e delle pizze fritte, dove c’è anche la storica Chicchinese finora trovata soltanto dalla pizzeria D’e Figliole: si tratta di una pizza fritta dove tra gli ingredienti ci sono le scarole, una specie di versione fritta della “pizza di scarole” che di solito si fa al forno ed in casa a Napoli.
Dal punto di vista del beverage, nulla di rilevante: oltre alle acque e gli analcolici, abbiamo quella che un tempo si sarebbe definita “birra nazionale”, che troneggia sul menu come fosse un vanto, e due versioni di Coda di Volpe con ricarichi minimi.
I fritti e le pizze
La batteria di fritti è, senza girarci intorno, di pregevole fattura: la frittatina di pasta è un bel medaglione biondo e croccante, da vera scuola Via dei Tribunali, leggermente un punto più cremosa del normale all’interno ma decisamente goduriosa. Nessuna velleità, il bucatino utilizzato è quello giusto, così come è giusta la quantità di condimento. Consiglio che vi tornerà utile: una frittatina ed una pizza a portafoglio e la vostra pausa pranzo fatta di carboidrati veraci sarà soddisfatta. Eccellente anche il crocché: crosta spessa, unta e sapida, buona la consistenza delle patate gialle (non farinose) e con un cuore di latticino.
La Margherita è un classicone: taglia XXL – una ruota di carro, leggermente più gentile rispetto al Centro Storico – un po’ imprecisa in alcuni punti, pomodoro e fiordilatte equamente distribuiti su un disco sottilissimo ed a tratti quasi scrocchiarello, soprattutto sul cornicione. Siamo lontani dall’eccesso di latticino di molte pizzerie contemporanee, c’è una giusta parsimonia. Non sono presenti bruciature sul fondo, la cottura è blanda e a noi piace così. La possiamo definire un buon esempio di tradizionale margherita napoletana, non molto ricca e “giusta” di prezzo e di condimento.
Il ripieno al forno (ricotta, provola, prosciutto cotto all’interno e macchiato di pomodoro) è sicuramente la migliore pizza della serata. La preferisco in molte pizzerie per testare capacità di gestione e cottura della pasta e degli ingredienti che, non essendo en plein air, hanno necessità di una cottura più blanda e leggermente prolungata. La camera d’aria, la classica “pancia” del ripieno si forma perfettamente, gli ingredienti cuociono e “riposano” all’interno rivelando un magma ben ponderato e strutturato. Stress test sulla cottura, apro e rivolto le punte del ripieno – dove solitamente, anche in pizzerie molto più blasonate, si racchiude umidità ed in poche parole SONO CRUDE – e la pasta si rivela sottilissima, quasi fragrante e soprattutto ben cotta.
Un po’ meno riuscita forse la Tarantina, che gode dello stesso ottimo impasto e cottura delle altre, ma la presenza troppo dominante delle acciughe eccessivamente salate ne compromette in parte la buona riuscita sul totale. Però il mio godereccio amico di mangiate, l’ha comunque finita tutta. Buon segno.
L’opinione
Per dovere di cronaca, ho ricevuto frittatine e crocché in omaggio, pagando 18 euro per le pizze, il coperto e l’acqua. I prezzi sono decisamente abbordabili, come si è potuto vedere dal menu, con una tra le margherite meno care di sempre: 3,50 euro di puro godimento partenopeo. La prova digestiva pare sia andata bene (perlomeno per la sottoscritta). nessun risveglio notturno dovuto a condimenti troppo salati e/o indigesti.
Un posto che sento di consigliarvi nelle vostre sortite a Napoli, uscendo un po’ fuori dai classici giri turistici ma volendo sempre beneficiare di questa tipologia di pizza che a Napoli resta sempre la favorita, ma che pochi altri riescono a far bene come questa pizzeria.
Informazioni
Pizzeria del Popolo
Indirizzo: Piazza Mercato 44, Napoli
Orari: Tutti i giorni, pranzo e cena 12.00/15.00 – 19.00/23.00. Chiusura la domenica
Cucina: pizzeria napoletana
Ambiente: sufficientemente curato
Servizio: attento e scrupoloso