PizzAria La Notizia 53 non è una semplice pizzeria di Napoli: è il luogo dal quale è partita una vera e propria rivoluzione.
Enzo Coccia non è un normale pizzaiolo, prova ne sia l’eccentrica circostanza che non voglia essere chiamato Artista o Maestro: preferisce artigiano della pizza o, meglio ancora, pizzajuolo.
L’impatto che Coccia ha avuto sin dagli anni ’90 nel ripensare la pizza ancora non si attenua. E’ stata, ed è ancora, La Notizia 53 a rappresentare il punto nodale dei suoi studi e delle sue evoluzioni. E questo nonostante negli anni siano nate La Notizia 94 e, per un periodo breve, Lo Sfizio della Notizia.
La storia di Enzo Coccia
Nata come pizzeria di quartiere con vocazione principalmente d’asporto, anche considerata l’esiguità dei coperti originali, La Notizia 53 si è subito imposta come punto di riferimento per la città e non solo. Notevolissime le file già gli inizi degli anni 2000, inconcepibili all’epoca per un locale del genere, soprattutto in una via così al di fuori dei circuiti turistici come Via Caravaggio.
Contemporaneamente l’attività di ricerca di Coccia non si è mai fermata: ha creato la Associazione Pizzajuoli Napoletani, lottato per la registrazione del marchio di Specialità Tradizionale Garantita (SGT) per la pizza napoletana, tenuto corsi universitari, recuperato pizze della tradizione, oramai dimenticate, come la Mastunicola.
Da ultimo, ha partecipato allo studio di Paolo Masi (Università degli Studi Federico II) e dell’Accademia dei Georgofili sulle quantità di acrilammide presenti nella pizza cotta in forno a legna. Studio che ha verificato, dopo anni di accese querelle, come nel caso della pizza i quantitativi di questa sostanza potenzialmente cancerogena siano sotto soglia di pericolosità.
Fin qui la storia ma come si mangia adesso a La Notizia 53, recentemente scelta anche da Jill Biden, First Lady USA?
Il menu oggi
Il menu negli anni si è decisamente ampliato, prevedendo adesso pizze classiche, storiche e creative, oltre alle stagionali (sfortunatamente al momento è ancora attivo il menu invernale). Insieme alle pizze e agli storici murzilli, dei bocconcini di impasto classico farciti, e ai rotolini, involtini di pizza, è una notevolissima entrata degli ultimi anni, l’Mpustarella.
Originariamente pensata da Coccia per lo sfortunato Sfizio de La Notizia (format che prevedeva pizza fritta, bollicine e appunto ‘mpustarelle), l’Mpustarella è il recupero nobile della classica Marenna napoletana. Quasi un panino, ma come è angusta questa definizione nel suo caso, realizzato dal panificio Malafronte Gragnano in collaborazione con Coccia, declinato in più farciture, anche esse stagionali e votate a un’attentissima selezione dei prodotti, principalmente regionali.
La scelta è caduta su un ‘Mpustarella con scarola riccia, provola di bufala, lardo profumato all’Aglianico e pomodorini semi-dry. Il pane da sturbo valorizza la croccantezza della scarola, la scioglievolezza del lardo, e gode del sentore dolce, non abboccato, del pomodorino semi-dry. Anche se la porzione è decisamente abbondante seppur divisa in due, se ne potrebbero mangiare quantità indefinite, grazie all’estrema leggerezza del lievitato, nonostante la sua croccantezza e durevole masticabilità.
Dribblata la pizza Jill Biden, nata per celebrare la consegna vip delle scorse settimane (bacon affumicato, stracciata di bufala, carciofini e zeste di limone), si approda all’intramontabile Margherita (8 euro forse per fare contento Briatore che non tollera le margherite a basso prezzo). Uno standard buono, ma non entusiasmante, forse penalizzato da qualche sentore amaro di troppo. Non c’è acrilammide (lo dice la scienza!) ma il fondo avrebbe potuto essere un po’ meno cotto in alcune parti alla base del cornicione.
Si prosegue con una fresca e quasi estiva stracciata di bufala, blend di pomodori San Marzano e del Vesuvio, con qualche foglia di rucola selvatica. Fresca, come sopra, ma anche stranamente leggera nonostante la stracciata avvolgente e gustosa, senza risultare eccessiva o con fastidiose sensazioni di grasso anche in retrogustazione.
Oltre a dolci classici napoletani, realizzati dalla vicina pasticceria Manta, sono presenti anche murzilli con cioccolata o nutella declinabili anche in versione ‘Mpustarella. La tentazione è più forte dell’effettiva fame. Dopo qualche morso soccorre la doggy bag, ma è forse la cosa più buona della serata. Riempita di strabordante cioccolato fondente artigianale, è la versione pimpata di pane e cioccolato. Decisamente grazie per l’Mpustarella al cioccolato, papà Enzo.
Il servizio è rapido, cordiale, quasi familiare, anche perché troverete sempre Enzo o uno dei suoi due figli, Andrea e Marco, che ne stanno seguendo il luminosissimo cammino, non disdegnando esperienze all’estero in solo.
Ancora un po’ indietro la proposta beverage: varie etichette di birra Menabrea, una sola referenza regionale artigianale, qualche bottiglia di vino, e le usuali bibite gassate. Duole che non si sia nemmeno in parte recuperata la cantina de Lo Sfizio.
Nota dolentissima, riscontrata in moltissimi locali napoletani, l’accessibilità: ingresso non agevole e, la prima originaria saletta, quella che ospita il forno, è separata dalla sala più grande, dove si trovano i servizi, da un alto scalino: proibitivo in autonomia per chi sia in carrozzina.
Digestione ottima e confermata in anni di assaggi: mai eccessi di sapidità, mai brutte sensazioni al palato. Conto medio alto, sui 20 euro a persona, più che giustificato.
Opinione
Imprescindibile esperienza per gli amanti della pizza: da qui sono partite rivoluzioni e ancora Coccia ha una sua voce autorevole nella scelta di topping e di ingredienti di nicchia. La storia è storia e non si cancella, e rimanere sulla breccia dopo trent’anni vuol dire rappresentare un valore assoluto che non è solo omaggio per i successi conseguiti.
PRO
- ‘Mpustarella invincibile
- Servizio rapido ma non frettoloso
CONTRO
- Un non impeccabile controllo in alcune cotture
- Ci si aspetterebbe una carta delle bevande migliore da Enzo Coccia