Chi ha inventato la pizza con l’ananas? Non certo l’Italia, che però pare averla eletta massima provocazione del proprio stesso piatto tipico, facendo (per una volta) tesoro di quello che per molti è ancora un affronto per trasformarlo in sperimentazione gastronomica.
Così, con buona pace del povero Sotirios “Sam” Panopoulos che nel 1962 compie per primo (forse) il folle gesto e ci lascia nel 2017 ancora stupito per le ripercussioni diplomatiche nate dal suo estro culinario, da noialtri il topping “esotico” ha una storia tutta sua, fatta di grandissime firme della lievitazione tese nell’estro creativo. Qualche volta l’intenzione è quella di attirare l’attenzione distruggendo il grande tabù con nostrano buongusto, altre volte la sfida sull’abbinamento ha fatto scuola.
2011 – Gabriele Bonci e Anthony Bourdain
Nel terzo episodio della prima serie di The Layover, Bourdain si fa un giro a Roma, e rivedere adesso il suo incontro col Michelangelo della pizza è emozionante, con un Bonci straripante che spiega le infinite potenzialità futuribili della pizza romana “by-the-cut”, e lo chef americano che gode visibilmente nel lasciarsi travolgere. Ma è al momento dell’assaggio che si capisce che Pizzarium all’epoca era talmente pionieristico da sembrare fantascienza ancora adesso: ribadendo che siamo nel 2011, al banco della minuscola pizzeria di via della Meloria si trovavano pizze con foie gras e ciliegie o patate, lamponi e menta, ma ovviamente la sfida era su ananas e prosciutto. Con l’aiuto di cipolle e pepe sarà vinta, non senza una bottiglia di Equilibrista di Birra del Borgo ad accompagnare il tutto. Brividi.
2016 – Domino’s
La fine che la celebre catena americana di pizza a domicilio ha fatto in Italia è una parabola che deve servire da esempio a chiunque cerchi di sfidare, per arroganza o ingenuità, il nostro gastronazionalismo. Aperta la prima sede nel 2015 fallisce nel 2022, avendo inaugurato solo 28 delle 900 sedi previste nel piano iniziale, con locali che da un giorno all’altro non rispondevano più alle telefonate o risultavano chiusi senza nemmeno un cartello di spiegazioni. Le dichiarazioni ufficiali attribuivano buona parte della colpa della crisi al Covid, ma per le malelingue chi viene in Italia a vendere la pizza hawaiana si deve aspettare questa fine.
2017 – Gino Sorbillo
Dopo averla servita in una serata appositamente dedicata (in cui l’ananas te lo dovevi pure portare da casa), la sentenza sembra definitiva: “È stata una delle peggiori creazioni culinarie del secolo scorso”. Ah.
2019 – Franco Pepe: l’Ananascosta
Pur con la compostezza e l’eleganza che lo contraddistinguono, Franco Pepe -da molti salutato come miglior pizzaiolo del mondo– non si è mai risparmiato qualche provocazione raffinata. È pur sempre un autore che ha fatto della “Margherita Sbagliata” la sua firma, prendendo il piatto più famoso del mondo e facendolo al contrario, col formaggio sotto e il pomodoro sopra, a crudo, in uscita dal forno: è quello che succede quando le idee non nascono come boutade per raccogliere facili consensi sui social, ma da reali necessità come il voler dare valore a una specifica varietà di pomodoro, il Riccio di Caiazzo. L’hawaiana la affronta quindi da par suo, ragionando sul prodotto e sulla tecnica. Una versione fritta in uno dei suoi celebri conetti, levando il pomodoro per non esagerare con l’acidità, carpendo l’attenzione del palato italico con Grana Padano e San Daniele e gestendone la doppia sapidità con la freschezza dell’ananas -che alleggerisce anche la frittura- e dando complessità al tutto con una spolverata di liquirizia.
2019- Renato Bosco: il doppio crunch
Ad essere pignoli era già del 2017 che il “pizzaricercatore” faceva sperimentazioni con la frutta sulla pizza: oltre ad ananas e banane, ho un ricordo commovente della sua margherita col kiwi, lavorato a mo’ di pomodoro pelato, lessato, sbucciato e messo in conserva (un omaggio al lavoro sui vegetali di Piergiorgio Parini), proposta per cui nessun Savonarola della tradizione si stracciò le vesti, ma tant’è. Prenderemo per ufficiale la data in cui Bosco inaugura il suo Saporé milanese, arrivando a proporre il suo doppio crunch con prosciutto cotto, ananas alla senape, fiordilatte e ricotta praticamente sul sagrato del Duomo. Maiale e senape, un contrasto dolce/acido e il morso etereo della sua pizza croccante, non si poteva sbagliare. E la clientela internazionale meneghina non si è scomposta, anzi.
2019 – Simone Lombardi di Crosta
È senza dubbio una delle nostre interpretazioni preferite, quella dell’allievo di Padoan fondatore della pizzeria-panificio in porta Venezia. L’ispirazione viene dalle origini messicane della famiglia del pizzaiolo, che ricrea la sua personalissima versione del taco al pastor. Se abbiamo capito che l’ananas ama il maiale, finora si era sottovalutato come questo frutto ami particolarmente, venendo ricambiato, il piccante: sarà la ventricina abruzzese a sopperire a questa mancanza, e l’ananas precedentemente scottato in forno crea col coriandolo e cipollotti messi fuori dal forno una sorta di pico de gallo ricco di contrasti, anche di temperatura.
2023 – Lorenzo Groppi: l’ananas da concorso
Non se l’è andata a cercare come quelli di Domino’s, ma Lorenzo Groppi della pizzeria Lolly’s di Piacenza ha sicuramente avuto la sua dose di incoscienza e sfacciataggine presentandosi in finale al concorso Pizza Bit Competition di Molino Dallagiovanna con una creazione che già dal nome lasciava pochi dubbi: “Aloha”. Giustamente dopo tanti predecessori illustri bisognava alzare il tiro e qui tutti i temi sviscerati finora vengono riproposti ed elevati al quadrato. L’ananas è glassato con un’emulsione di burro e tepache, una bevanda tipica messicana ricavata dalla fermentazione spontanea del suo succo, il piccante era dato dalla ‘nduja, e il supporto caseario dal fiordilatte rinforzato da caciocavallo. Non ha vinto, ma facevo il tifo per lui.
2023 – Gino Sorbillo
A volte ritornano. A quanto pare adesso la pizza con l’ananas non è più così esecrabile ma -secondo le sue dichiarazioni- il problema non era il frutto in sé ma chi l’aveva lavorato finora (sì, l’ha detto davvero), abbinando male l’ingrediente. Ecco quindi l’intuizione, non propriamente innovativa giunti a questo punto, di passare l’ananas in forno, e metterlo su una pizza bianca: certo, rispetto al presentarsi ai tribunali con un frutto tropicale sottobraccio il passo avanti è evidente, almeno te lo danno già affettato. Lo ammetto, sul finire dell’anno appena trascorso, vedere Sorbillo avventarsi, buon ultimo, su quella che ormai già consideravo la carcassa dell’ananas-pizza-gate, il mio malcelato snobismo gourmet ha reagito con un sospiro annoiato. Eppure, adesso siamo ancora tutti qui a scriverne, sottoscritto incluso. Ci siamo tutti presi una bella lezione di sfruttamento dei social e della pubblica indignazione, ma dal punto di vista gastronomico i maestri restano ben altri.