Il mondo della pizza è in costante fermento, ed è sempre capace di sfornare nuovi talenti. Come quello di Andrea Clementi, che da giovane aiuto pizzaiolo in un locale da asporto della provincia di Venezia è passato d’un colpo a essere Pizza Ambassador del Molino Dallagiovanna per il 2023. È accaduto grazie al concorso Pizza Bit Competition, la gara che l’azienda piacentina ha ideato in occasione del proprio 190esimo compleanno.
“Ci serviva”, spiega Sabrina Dallagiovanna, responsabile marketing e ultima generazione della famiglia, “una persona che sapesse coniugare l’aspetto tecnico con quello della comunicazione, un volto nuovo come figura di rappresentanza ma anche un professionista in grado di fornire supporto pratico. Durante l’anno prossimo l’Ambassador sarà presente in fiere, eventi e demo, per svelare tutte le potenzialità delle nostre farine”. Clementi si è imposto su altri 180 partecipanti, dopo una selezione lunga e composta da varie prove, con una pizza contemporanea il cui ingrediente principale nel topping è il petto di piccione, su una base di farina di tritordeum e chicchi di orzo tostato. Siamo andati a scoprire meglio questo nuovo personaggio.
Andrea Clementi è nato 27 anni fa a San Stino di Livenza, piccolo comune della provincia di Venezia. Diplomato all’alberghiero di Jesolo, ha iniziato subito a lavorare in cucina: la sua formazione primaria quindi è quindi da cuoco. “Poi ho intrapreso”, ci racconta, “quella che io chiamo la via del panificatore: mi sono appassionato ai lievitati e ho iniziato a seguire corsi con i grandi maestri dell’arte bianca. Quindi Ezio Marinato, Mauro Morandin, Renato Bosco, Piergiorgio Giorilli… tutto questo mentre continuavo a lavorare girando da un posto all’altro”. Quindi formazione a tutto tondo sui lievitati, dal pane alla pizza fino a panettone e pandoro, con i nomi di punta in ogni settore.
Ma soprattutto una storia che sembra accomunare i pizzaioli contemporanei di ultima generazione: non dalla pizza alla cucina ma viceversa, non un allargamento di visione – com’è successo a molte figure chiave della generazione precedente che hanno rivoluzionato il mondo della pizza – che dalla semplicità della margherita inizia a prendere in considerazione ingredienti di qualità e condimenti sempre più ricercati; ma al contrario una solida formazione sulla cucina a tutto campo, sul quale si innesta la folgorazione, una specie di vocazione verso il magico mondo della lievitazione.
E questo si riflette ovviamente nelle tipologie di prodotto: “La mia pizza più che gourmet appartiene alla categoria della pizza contemporanea: il concetto è quello di aggiungere a una base lievitata le tecniche di cucina. La mia base è tonda classica, sottile al centro e con il bordo ben pronunciato: direi quasi stile napoletano. Non disdegno le basi che di solito vengono usate per le pizze gourmet, quelle più morbide e più alte, apprezzo l’intenzione di variare e sperimentare ma per il momento non è la mia strada”. La sua strada Clementi la troverà anche grazie a questo anno nel ruolo di Ambassador, ma i suoi esperimenti sono in corso già adesso. “Dopo la pandemia sono tornato al mio paese, San Stino, e lì lavoro in una piccola pizzeria da asporto che si chiama Punto Pizza”. Non è neanche titolare, ma dipendente; e anzi il proprietario è pizzaiolo anche lui, quindi di fatto la sua posizione è di braccio destro: “Ma discutiamo molto insieme di impasti e condimenti, ho abbastanza autonomia. Lui è molto divertito di questa novità del concorso, è contento per me”.
La vittoria è arrivata con una creazione molto originale, che mostra molte delle frecce all’arco del giovane pizza-chef. “L’impasto è stato realizzato con una biga, quindi un metodo indiretto, e poi utilizzando farina di tritordeum – un incrocio moderno tra grano duro e orzo – e chicchi di orzo tostati”. Il disco steso è stato cotto con una base di mozzarella, poi gli altri ingredienti sono stati aggiunti fuori cottura: “Un petto di piccione marinato, cotto sotto vuoto a bassa temperatura e poi piastrato. Per bilanciare il sapore di questa carne, ci ho aggiunto un estratto di uva e un limone fermentato per 3 settimane, fino a diventare quasi un gel”. Quindi non solo le fermentazioni che danno luogo a lievitazione, ma anche quelle su altri cibi, che la cucina contemporanea più avanzata sta esplorando negli ultimi anni.
E il futuro? “Sogni nel cassetto ce ne sono, e tanti: per il momento il cassetto è ancora chiuso, ma ho la chiave. Certo sicuramente aprire qualcosa di mio prima o poi, ma soprattutto continuare a crescere e a sperimentare. Intanto mi godo questo momento, la vittoria e l’anno di lavoro che mi aspetta con il Molino”. Dallagiovanna con questa operazione intende espandersi nel mondo della pizza e dei lievitati salati: le farine sono molto note, diffuse e stimate nell’ambito della pasticceria, grazie all’uso che ne fa da anni Iginio Massari. Per i panettoni Dallagiovanna è uno dei nomi che vanno per la maggiore, per la pizza no: “Eppure”, spiega la responsabile marketing, “all’estero il rapporto è rovesciato: nei 62 paesi in cui siamo presenti (ancora nel 2014 eravamo solo in 7) il 95% delle vendite è rappresentato da farine per pizza. Vorremmo ribaltare la situazione, facendo conoscere fuori dall’Italia i nostri prodotti per pasticceria, e qui da noi quelli per la pizza”.