Pizzeria Piccolo Buco a Roma: recensione di un “canotto” a Trevi

Recensione della pizzeria Piccolo Buco a Roma Trevi, nota pizza "a canotto" del centro storico. Il menu e i prezzi, l'ambiente, le nostre opinioni e le informazioni utili.

Pizzeria Piccolo Buco a Roma: recensione di un “canotto” a Trevi

Quella del Piccolo Buco a Roma è una pizza famosa, tra i nomi di crescente notorietà, essenzialmente per due fattori. Il primo è l’essere posizionato essenzialmente a una manciata di passi da Fontana di Trevi, dove il potere del lato oscuro delle turistate è forte. Il secondo è la scelta di proporre al suo pubblico, per forza di cose internazionale, una lettura di pizza fortemente modaiola e instagrammabile; perfetta da abbinare ai selfie mentre si lanciano monetine di spalle nello specchio d’acqua turchina ai piedi di Oceano: la pizza del Piccolo Buco presenta un vertiginoso canotto, abbinato a una scelta di ingredienti decisamente “gastronomica”, di sicuro valore.

Sulla base di queste premesse, ecco la nostra recensione del locale.

La Pizzeria

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Si trova, come detto, a una manciata di metri da Fontana di Trevi. Come facilmente intuibile dal nome, e dal costo degli affitti nel pieno centro storico di Roma, il ristorante è in effetti un “piccolo buco”, che si snoda in profondità dalla facciata di uno dei tanti palazzi storici.

Inaugurato nel 1916 come “forno pubblico”, il ristorante diventa nelle ultime decadi del Secolo Breve un ristorante a tutti gli effetti gestito dalla famiglia Issa: nel 2015 viene preso in gestione da Luca, figlio dei titolari storici, che decide di sterzare l’attività verso una soluzione senza compromessi.

L’allora ristorante romano cambia volto, l’antico forno usato per pane e dolci rimesso a nuovo per sfornare pizze, la selezione degli ingredienti sceglie una strada improntata al meglio che il mercato possa offrire scegliendo prodotti slow, fornitori di prossimità, eccellenze a tutto campo.

Alla stesa e al forno in muratura c’è Francesco Vittucci, ex Sforno e Sbanco.

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Le sale, piastrellate di bianco, sono accompagnate da una deliziosa pavimentazione maiolicata che sa di anni Cinquanta, ed interrotte da paraventi in plexiglas che si integrano con l’arredo, pur sottraendo aria agli spazi già ridotti.

All’esterno, piccoli tavolini bistrot accolgono la clientela en plein air.

Il servizio, non celere ma curato, svolge un buon lavoro in termini di cortesia, preparazione e capacità di interfacciarsi con la clientela estera.

Il menu e i prezzi

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Si apre con una citazione di Alex Atala su ricerca e materie prime: un manifesto programmatico ambizioso. Fronte antipasti, è possibile scegliere tra variazioni di norcineria (dai 14 ai 24 euro), taglieri centrati sugli abbinamenti con mozzarella di bufala o burrata (12 – 19 euro) o bruschette (3,5 – 8 euro). Seguono le pizze, divise in rosse, bianche, “gialle” e focacce (dai 12 ai 18 euro) e una piccola offerta di cucina con primi, secondi etc.

Un’attenzione maniacale è dedicata alla segnalazione dei produttori, specie in materia casearia e norcina, nonché agli abbinamenti delle pizze a specifici extravergini.

Da bere, una discreta selezione di birre artigianali italiane in bottiglia (Elvo, Extraomnes, Rurale, Lariano, Muttnik tutte a 7 euro per 33cl): non sono però menzionate nel menu, dal quale emergono solo proposte industriali, dovrete chiedere. La carta dei vini, quasi del tutto tendente al convenzionale, ha ricarichi in tono con la posizione di prestigio.

È segnalata sul menu una percentuale di servizio pari al 10%, della quale non abbiamo però trovato riscontro nello scontrino finale.

Le pizze

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Nonostante l’assoluta eccellenza di salumi, formaggi e conserve offerti, ed apprezzando che si tenti di mettere in contatto un pubblico turistico con le produzioni italiane di qualità anche in una zona dove cedere alle tentazioni del dozzinale è imperativo, salto gli antipasti freddi e le bruschette per concedermi un bis di pizze.

Opto per una classica Napoli (con passata Azienda Agricola Paglione, fiordilatte da latte crudo Scarchilli e alici del Cantabrico, 16 euro) e per una più creativa “Pesto, giallo e parmigiano”, con pesto di basilico prodotto in casa, fiordilatte, pinoli tostati e Parmigiano Reggiano Vacche Rosse 46 mesi (16 euro).

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Le pizze si presentano come da programma: diametro S, curatissime nella loro circolarità, bruciatura a macchia di leopardo con poche irregolarità, condimenti distribuiti con grazia e un cornicione che è, a tutti gli effetti, un muro di cinta; alto ad occhio almeno cinque centimetri e profondo altrettanto, per un’estensione pari a quasi metà del totale del disco.

All’assaggio, l’impasto risulta scientifico, anzi addirittura architettonico, pensato per sostenere la verticalità gotica dei bordi. Molto scioglievole al centro, si rivela maturato in modo da consentire una cottura omogenea attraverso il cornicione; nonostante lo spessore e l’ampiezza più che sostanziali. Se mangiare una pizza fosse apprezzare i virtuosismi tecnici, il prodotto di Piccolo Buco andrebbe senz’altro applaudito: ma l’eccesso di bordatura pregiudica purtroppo la godibilità complessiva, confinando per ogni fetta la parte condita ed elastica a un singolo boccone, con gli altri tre o quattro morsi abbandonati alla desolazione crescente di un cornicione che, per quanto gradevole in sé, diventa molto presto monotono e stucchevole da finire.

Fronte condimenti, la Napoli non spicca per equilibrio, con il pur ottimo pomodoro di Paglione disposto “a piscinetta” all’interno del canotto, in uno strato tanto abbondante che finisce per fagocitare i profumi ed il gusto di mozzarella e alici.

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Leggera e ben combinata invece la Pesto, giallo e Parmigiano che, nonostante si perda del tutto per strada il contributo dei datterini gialli, solletica con un gioco di rimandi freschi tra il fiordilatte e il basilico; su cui le sfoglie di Vacche Rosse imprimono un sigillo sapido e salvifico.

L’opinione

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Piccolo Buco è una buona opzione per mangiare una pizza che non sia una trappola, se vi trovate a passare per il centro storico. Uno studio meticoloso su materie prime e impasti è marchio del locale, e lascia intravedere un’autentica passione per il mestiere della ristorazione. La decisione di lanciarsi su un formato “canotto” estremo, per quanto lodevole in termini di virtuosismo tecnico, pregiudica la godibilità del risultato finale, mostrando una sproporzione tra cornicione e superficie di farcitura veramente eccessiva: tenuto conto che i prezzi sono quelli che sarebbe lecito aspettarsi da un ristorante a ridosso di Fontana di Trevi, in città non mancano alternative nel complesso più soddisfacenti.

Informazioni

Piccolo Buco

Indirizzo: Via del Lavatore 91

Sito web: www.pizzeriapiccolobuco.it

Orari di apertura: Martedì-Mercoledì 18.30-23, Giovedì-Domenica 12-15 e 18.30-23

Tipo di cucina: Pizza “canotto”

Ambiente: Informale

Servizio: Cortese e preparato

Voto: 3,5/5