La pizzeria Napples a Torino è un caso emblematico di italian sounding di ritorno, anzi di neapolitan sounding. Il “broccolino” – l’inglese misto a vernacolo degli emigranti meridionali a Brooklyn – viene richiamato in maniera ironica, ma il risultato riesce ad andare ben oltre le intenzioni. Che vuol dire?
Leggiamo sul sito che “Napples è un omaggio alle pizzerie napoletane d’oltreoceano, quelle nate dal sogno americano dei primi emigranti italiani nella Grande Mela”. Ma poi nella sostanza l’intenzione non è fare una pizza in stile americano, bensì “la vera pizza napoletana eseguita come tradizione insegna”; arricchendola però con prodotti tipici di tutta Italia da nord a sud, “l’eccellenza Made in Italy: dalla ’nduja calabrese alla salsiccia di Bra, passando per pomodoro di Pachino e mozzarella di bufala pugliese”.
Napples, ambiente e servizio
Napples è nel quartiere torinese di San Salvario, il più pieno di vita negli ultimi anni, dove per vita ovviamente si intende un numero impressionante di locali e localini per bere e mangiare, messi uno di fila all’altro. L’ambiente è ampio e i coperti sono ulteriormente aumentati da un lungo dehors – almeno nel momento post-pandemico in cui lo visitiamo. L’interno è un voluto mix di antico e moderno, “urban chic e industrial” come dicono loro.
Il servizio è rapidissimo, ma molto accorto: siamo in sette e veniamo fatti accomodare su due tavoli, separando i nuclei familiari e non oltrepassando il limite di quattro persone (secondo le norme vigenti nel momento in cui abbiamo visitato il locale e che speriamo presto siano solo un ricordo, anzi un qualcosa di incomprensibile se mi stai leggendo dal 2022 in avanti).
Il menu di Napples
Il menu è comodamente dispiegato sulle tovagliette di carta che fanno da coperto. Come antipasti ci sono sfizi di verdure, molto classici (melanzane a parmigiana o a funghetto, zucchine alla scapece) con l’eccezione di una parmigiana bianca. Le montanare (pizze fritte) sono proposte in versione mignon e in tris, con bella varietà di condimenti. Anche i fritti, sia di mare che di terra, sono sul classico.
Le pizze sono varie e abbondanti: 29 classiche, 3 pizze fritte, 6 pizze con il cornicione ripieno come negli anni ’90 (oltre alla classica ricotta, ce n’è anche uno col pesto e uno con la parmigiana). Accostamenti ora classici ora curiosi, imperversa il datterino giallo, ma ormai quello dovunque. Prezzi abbastanza contenuti, la marinara primo prezzo a 5 euro, la margherita (detta “antica” forse per la presenza del parmigiano) a 6, la più cara a 12 euro.
Bere essenziale: birre alla spina Moretti, McFarland e Affligem, in bottiglia del birrificio San Michele. Vino sfuso piemontese, un bianco e un rosso, in bottiglia campano, due o tre per tipo.
Le pizze di Napples
Le pizze di Napples non sono in stile americano, come si è detto, ma di quel particolare tipo napoletano detto “a ruota di carretto”: larghe ad andare oltre il bordo del piatto, e molto sottili. Siamo in sette, come ho accennato, e non vi voglio fare la cronaca della serata, ma mi serve per esplicitare un ragionamento che mi sono spesso trovato a fare ultimamente. È legato alla difficoltà del lavoro del critico (c’è di peggio, c’è di peggio, per carità), rispetto soprattutto alla variabilità, agli imprevisti che per la pizza mi sembrano maggiori che per un piatto di ristorante o trattoria.
Mi spiego: più volte mi trovo a stroncare delle pizzerie che presentano delle buone proposte, seguite da esecuzioni francamente discutibili, se non obiettivamente pessime. Pizze storte, bruciate sopra e crude sotto, più spesse da un lato e una sfoglia dall’altro, eccetera. Lo dico, ovviamente, e metto il voto di conseguenza: ma mi premuro sempre di aggiungere, sarà un caso? Metti che proprio quella volta lì il pizzaiolo aveva l’impasto scarico dopo 2 giorni di lievitazione; metti che proprio sulla mia pizza (sfiga oh, ma è anche per questo che ci presentiamo in incognita) è cascato un ciocco di legno carbonizzato, eccetera. Naturalmente in pizzerie di alto livello questo non può e non deve succedere, ma la maggior parte dei posti sono di livello medio, e noi siamo qui proprio per distinguere tra il medio-alto e il medio basso.
Bene. Tornando a noi, presentarsi in sette è un ottimo banco di prova per verificare la mia teoria. Che viene purtroppo confermata: di sette pizze, non ce ne sta una uguale all’altra. Una è bruciacchiata, una è quasi cruda, una presenta un centro dallo spessore molto poco napoletano, una è allungata in forma di goccia, un’altra a palla da rugby. L’imperfetta perfezione della pizza napoletana, si dirà. Ma anche la perfetta dimostrazione che se ne avessi prese solo due di queste sette, avrei dato probabilmente un giudizio molto diverso, e dipendente da quali erano le due che mi capitavano. Poi, sia chiaro: prendere sette pizze è anche un ottimo banco di prova per il pizzaiolo, che deve riempire il forno e fare numeri da giocoliere per farle uscire tutte insieme, e anche questo aspetto è oggetto del giudizio; soprattutto se come nel nostro caso escono tutte insieme, ma non tutte uguali.
I condimenti: anche qui molto in stile napoletano di una volta, cioè con gli ingredienti buttati un po’ alla caso, sparsi male e con un risultato visivamente non piacevole. Al gusto sono tutti abbastanza buoni, alcuni più riusciti (Patanegra con lardo e fiorilli, Spiliga con la ‘nduja) altri meno (Vicaria con pancetta e salsiccia in cottura, Marinara con pomodoro giallo e alici), altri ancora senza infamia né lode (Ricotta e cicoli). In generale il livello è medio, senza punte eccelse ma senza disastri.
Degni di Napoli i dolci tipici che proviamo, il babà e soprattutto la pastiera, bella alta come si deve.
Conto, digestione, giudizio
Paghiamo poco più di 16 euro a testa, giusto per una mangiata non pantagruelica ma non priva di vino e dessert. Digeriamo discretamente, con un po’ di sete dovuta forse più all’abbondanza di salumi che all’impasto.
In definitiva, Napples si presenta come un’imitazione del neapolitan style, ma finisce per esserlo ancora più di quanto vorrebbe, incarnando pregi e difetti di una pizzeria napoletana media che non riesce a presentare un prodotto medio, e che forse esisteva una volta, o forse non è mai esistita.
Informazioni
Indirizzo: via Sant’Anselmo 36, Torino
Telefono: 011 427 0093
Orari di apertura: tutti i giorni 19-24
Sito Web: www.napples.it
Tipo di pizza: napoletana classica
Servizio: buono
Voto: 6/10