Lo ha appena ricordato il Papa di non seguire i veggenti. In ambito profano (fino a un certo punto, “Niente di sacro a parte il cibo” è il nostro motto), il veggente prende le sembianze del critico gastronomico e seguire assume un significato più social.
Il Nostradamus in questione è Vittorio Blùm di IL, magazine di lifestyle del Sole 24 Ore, che prevede, pur non auspicandolo, il flop di Sorbillo a Milano.
O meglio dell’Antica Pizza Fritta da Zia Esterina, il forno appena aperto a Milano da Gino Sorbillo, pizzaiolo e celebrità da rotocalco, tre pizzerie a Napoli e un locale già rodato nel capoluogo lombardo.
Facciamo subito un appunto: il giornalista ignora l’esistenza di Lievito Madre al Duomo e parla come se Sorbillo stesse approdando ora al nord. Ne traccia il ritratto di un ingenuo forestiero, poco informato su usi e costumi locali, imprudente come se stesse portando il porceddu sardo in Iran.
Al centro delle congetture di IL è in effetti la milanesità: quello stato mentale per cui pizza e fritto, ancor più se accoppiati, farebbero storcere la bocca e ci sarebbe del disagio nel camminar per il budello con un un voluminoso “arnese”. “Colante di grasso” per di più.
Più che lo scicchissimo magazine del Sole24Ore sembra di leggere la sceneggiatura di Benvenuti al Nord, film comico che sfotte gli stereotipi intorno a lumbàrd&co.
Posto che la pizza di Sorbillo non contiene strutto, l’ immagine dello schizzo “a raggera” sul tailleur fresco di via Montenapoleone è molto poco realistica.
Specialmente quando si parla di un napoletano DOC, fine osservatore del dogma “Un buon fritto è leggero”. Sono certa che valga la stessa regola per le chiacchiere di Carnevale e il misto di frattaglie che da secoli circondano la Madonnina.
Lungi dal controbattere con un attacco ai milanesi, autoctoni o acquisiti (quanti “indigeni” ci saranno ancora in quella metropoli?), ho l’impressione che da quelle parti paste fritte e pizze siano ormai integrate nella società.
Quando Vittorio Blùm scrive “Perchè a Milano non siamo abituati“, ha presente i panzerotti di Luini?
Quello è dal’49 che distribuisce tipicità pugliesi dalla crosta dorata, a pochi passi dal nuovo Sorbillo e circondato da pizzerie, per di più.
E vogliamo parlare di Frijenno Magnanno? Altra friggitoria partenopea divenuta istituzione in zona Buenos Aires.
Ma se proprio vogliamo buttarla sulla milanesità, non è anche sinonimo di moda caparbiamente perseguita? E allora! Lo street food non fa forse tendenza? Chef Rubio ci ha costruito la sua immagine di sex symbol con un programma sul cibo da strada divenuto popolarissimo, Unti e Bisunti.
E gli ennantamila festival, più o meno credibili, che cavalcano l’onda del cartoccio, del supplì, del panino con chicceria a 7 euro? Le home page di Facebook sono invase da spiedini e carta assorbente color ocra, con monumenti storici sullo sfondo. Specialmente in estate, quando c’è tempo per viaggiare.
Perché IL fa le pulci anche su questo: la temperatura. Cito: “Ci sono già 25 gradi fuori, ma che cosa mi apri il pizzafritta adesso“. A Napoli fa freddo? Quando il termometro alza l’asticella e la camicia si fa pezzata, al sud si danno al risotto?
Supponiamo che il giornalista conosca la Sicilia come Milano: dovrebbe imparare che la patria dello street food sfida i 40° gradi a suon di arancini, pani ca’ meuza (milza) e sfincione (focaccia spugnosa con pomodoro, cipolla, acciughe, origano e caciocavallo ragusano). Il caldo non c’entra, è l’impasto che conta.
Sorbillo, il vincitore del nostro campionato della pizza, ci ha visto giusto. Alta qualità (quando ormai il consumatore non ci scherza su, nemmeno nello street food) menù semplice e formula trendy.
Ciliegia-ciliegia-ciliegia. Sarà Jackpot?
[Crediti | Link: IL Magazine, foto: Vincenzo Pagano]