È Libery (Pizza & Artigianal Beer) di Torino la pizzeria più sopravvalutata nella storia d’Italia? Capiamoci, non è che qui si mangi male. Ma il posto ha una fama, e quindi crea un’aspettativa, del tutto sproporzionata rispetto alla sostanza. I tre spicchi del Gambero Rosso, la presenza in tutte le top qualcosa delle pizzerie cittadine, le recensioni entusiastiche, il successo di pubblico.
Tutto un complesso di cose che, dopo la visita, risultano totalmente inspiegabili. Libery esprime il massimo della distanza tra tutto quello che c’è attorno – hype, posizione, ambiente, prezzo – e quello che arriva nel piatto. Vediamo nel dettaglio.
Il format
Libery ha aperto nel 2008, come espansione di una gastronomia lì di fianco, nel quartiere Crocetta, zona bene di Torino. Da subito si è posto come pizzeria “di qualità”, riscuotendo immediati apprezzamenti. C’è da dire che i tempi erano altri: la rivoluzione della pizza gourmet era appena agli inizi, per cui dire pizzeria di livello – fuori Napoli – poteva significare semplicemente non comprare il fiordilatte a un euro al chilo o il salamino piccante del discount. In più la tipologia di pizza, buon compromesso tra la classica napoletana e le schiacciate croccanti che piacciono altrove, l’ha evidentemente resa perfetta per un certo tipo di pubblico, settentrionale e open minded, ma non troppo. Esageruma nen, si dice qua.
Libery, ambiente e servizio
Il locale è stato da poco rinnovato: se prima era bruttarello assai, ora fa leva su un approccio shabby-chic, su un restyling “di recupero” che trasforma il fané in fighetto, provando a ottenere il massimo risultato col minimo sforzo. I pannelli di sughero alle pareti, i divanetti, certe strane corde appese ai muri, il pavimento scrostato “come una volta” (che probabilmente è “di una volta”).
Il servizio è su due turni – uno degli elementi che contraddistinguono la pizzeria gourmet o comunque di un certo livello – per cui non si può andare “a ora di cena”, che per me è tra le otto e le otto e mezza: o 19:30 o 21 (anche se poi non ti buttano fuori se il secondo turno non è pieno). Il personale è gentile e premuroso, con qualche spigolosità (ok, mi fa sempre piacere quando mi date del tu, ma se poi questo serve a veicolare un tono sbrigativo, mi fate venire voglia di dimostrare tutti gli anni che ho); i piatti arrivano in tempi rapidi.
Il menu di Libery
Quattro pagine di focacce e pizze, con altre quattro paginette pinzate all’interno relative alla cucina. La cosa confonde un po’, e soprattutto non invita a un consumo integrato, trasversale (avrei preso volentieri un fritto misto come faccio sempre, ma chi se lo aspettava di doverlo andare a pescare tra i secondi?).
Sette focacce e un piatto di salumi (con focaccia) come antipasto. Venticinque pizze: la margherita a 6 euro, la marinara a 5, le più care a 12. Venticinque pizze venticinque, e neanche un guizzo, una cosa non dico mai vista, ma che metta voglia di provare: tra una 4 formaggi e una salsiccia e friarielli, spuntano pseudo azzardi (radicchio e stracchino o salsiccia e brie sono originali?) e proposte che non saprei definire altrimenti che cringe (la 4 stagioni, il calzone e la pizza a sorpresa, e addirittura la Würstel, ma che davero?).
Altrettanto media è la proposta di cucina: 3/4 Piemonte (vitel tonné, carne cruda, flan, tagliata, pesche ripiene), 1/4 mare; la cosa più inaspettata del menu è la collocazione di certi piatti, come si è detto: il polpo alla griglia è un antipasto? Il gazpacho un primo?
La carta delle birre è il catalogo Baladin; birrificio artigianale del quale ci sono 3 alternative anche alla spina. La carta dei vini non l’abbiamo vista, anche se bottiglie agli altri tavoli ne scorgiamo: forse non ce ne hanno parlato perché abbiamo preso la pizza, anche questo un concetto molto old style. (Ma mai quanto l’ampolla per spillare birra che viene portata direttamente al tavolo, direttamente dai pub degli anni 80.)
Le pizze e i dolci di Libery
Prendiamo una Bufala e una Claudia (quando ci sono le melanzane le provo sempre, perché sono versatili ma anche difficili da maneggiare). Impasto: all’apparenza una napoletana con cornicione abbastanza pronunciato, in realtà la cottura (forno a legna) sembra avvenuta a temperatura un po’ più bassa, in quello stile che molti definiscono con un anodino “italiana”. Idem per la stesura: non è spessa come una gourmet contemporanea, ma neanche così sottile.
Queste caratteristiche medie – che potrebbero spiegarne lo storico successo presso palati non amanti dei caratteri estremi della napoletana – si infrangono però al morso: dove la pizza di Libery riesce a essere a un tempo tenace e leggermente gommosa, bruciaticcia in certi punti e quasi cruda altrove. Non immangiabile nel complesso, ma con difettucci evidenti.
Passiamo ai topping. La bufala, come spiegato in menu, viene aggiunta fuori forno: cosa che può essere una soluzione intelligente, per evitare il lago che la mozzarella crea in cottura. Qui però il condimento è abbondante, e le fette tagliate molto spesse: risultato, il calore della pizza non ce la fa a sciogliere il latticino aggiunto a fine cottura, e neanche a riscaldarlo; in compenso, la mozzarella perde un sacco di acqua (non è stata scolata prima?) e a formarsi non è un laghetto ma un mare.
La Claudia – con melanzane, peperoncino, parmigiano in cottura – vorrebbe essere una cosa a metà tra una parmigiana e un piatto mediorientale, e si presenta con qualche ambizione estetica. Ma i sottilissimi dischi di melanzana (piastrati? Al forno?) hanno assorbito umidità e olio; il peperoncino si sente abbastanza ma non ci azzecca granché; piacevoli i datterini e il sentore di origano. Nel complesso non una pizza da lasciare nel piatto, ma neanche un capolavoro.
I dolci confermano tutto quanto detto fin qui: buoni, e prevedibili. Il tiramisù non ha difetti né sprazzi; il tris piemontese a sorpresa presenta ancora tiramisù, panna cotta e bunet – forse la cosa migliore.
Conto, digestione, giudizio
Arriviamo a pagare 24 euro a testa, per pizza dolce e bibita: il prezzo è una di quelle cose che spostano di categoria, modificando l’aspettativa, e perciò anche il giudizio.
La digestione va mediamente bene, con un accenno di sete.
In conclusione, come dicevo all’inizio: se Libery non si presentasse come una top di gamma, la si prenderebbe per quello che è, una pizzeria media, con una buona qualità generale e qualche scivolata un po’ fané. E la si giudicherebbe con un’abbondante sufficienza. Invece così – tra le aspettative pompate prima, e il prezzo dopo – l’aurea mediocritas diventa semplice mediocrità.
Informazioni
Libery
Indirizzo: via Legnano, 14 Torino
Orari di apertura: da martedì a domenica, 19:30 – 24.
Sito Web: www.libery.it
Tipo di pizza: italiana
Servizio: buono
Ambiente: di recupero