La pizzeria di Eataly a Torino vive all’interno di una serie di opposti: artigianato ma in contesto industriale, quantità ma di qualità, prezzi giusti per i poveri produttori ma impegnativi per i consumatori poveri. Sono poi gli opposti apparenti, e apparentemente inconciliabili, in cui vive il progetto Eataly in generale. Vive e prospera, evidentemente, come vedremo in questa recensione.
Il modello Eataly lo conosciamo: prodotti ricercati e raffinati – le cosiddette eccellenze – tipici da piccola bottega, ma inseriti in una dimensione da grande magazzino. In più, per ampliare a 360° l’offerta gastronomica, le eccellenze possono essere degustate in loco, in una serie di ristorantini tematici. Quest’ultimo aspetto ha subìto, non molto tempo fa, una ristrutturazione: prima c’era il posto della pasta, quello delle pizze, la carne, il pesce, le verdure, e sicuro mi scordo qualcosa. Ora tutte queste linee sono state accorpate in due o tre macro aree: quella che ci riguarda mette insieme pasta, pizza e un po’ di cucina mista.
La pizzeria di Eataly si avvale della contiguità tematica e operativa della Panetteria, di cui è responsabile Fulvio Marino e protagoniste le farine dell’omonimo Mulino (nel Team Pizza di Eataly, si legge sul sito, ci sono poi anche Francesco Pompilio, maestro pizzaiolo di Eataly, e Enrico Panero, executive chef). Insomma sui lievitati stiamo in mano all’arte, come si dice.
Ma, d’altro canto, l’ambiente in cui si mangia è pur sempre quello rumoroso e affollato di un grande supermercato: nella fila di tavolini stretti tra il bancone e le zone acquisti, tra chi va a comprare il pane e chi passa coi carrelli della spesa. Più ampio e rilassante è il dehors; certo siamo pur sempre al Lingotto – zona periferica ma ora ben servita dalla metro, zona ex industriale (qui una volta era tutto Fiat) e ora fieristica – e non in collina o sul Po, ma è un bello spiazzo.
Il menu della pizzeria di Eataly
La prima cosa che colpisce del menu di Eataly pizzeria è che ci sono poche pizze: undici in tutto, più una poco visibile nei “grandi piatti di stagione”. E questo è un bene, per carità, adoriamo i menu brevi per una serie di motivi, ma poi dipende da quello che c’è dentro. La seconda cosa che si nota è che, appunto, non ci sono grandi sprazzi inventivi: due margherite (una di bufala) la 4 formaggi, la Diavola, la Capricciosa, un Calzone… i classiconi insomma – tranne la marinara che manca – e neanche quelli da pizzeria contemporanea, proprio quelli da storia del pop. Ma, e questa è la terza cosa che si nota, a fronte di tanta semplicità popolaresca nell’offerta, i prezzi sono tutt’altro che popolari: il primo prezzo, la Margherita originale di Eataly (cioè la margherita) è nettamente inferiore a tutti gli altri – 5,8 euro, sì virgola otto, un pricing da supermercato più che da ristorante. Poi la Margherita con bufala a 7,8 e tutto il resto attorno ai 10 euro, fino a 13.
Inoltre, con un euro e 50 in più – anzi 1,5 (ecco quello che fa strano, la mancanza dello zero nei cent) – si può avere un impasto alternativo, Grani antichi, con farine di Enkir, farro, segale e Kamut, sempre biologiche del Mulino Marino.
In apertura una bella selezione di fritti, dominata dalla pasta lievitata ma ci sono anche supplì, crocchè e patatine. Il resto (pasta, insalate, altri piatti) non ci compete e non c’interessa qui.
Carta del bere in linea con le caratteristiche un po’ ambigue viste finora: birre industriali di buona qualità, tra i vini la scelta è ristretta ma varia – solo i ricarichi sono impressionanti, nella maggior parte dei casi del 100% e oltre.
Gli antipasti e le pizze di Eataly
Quando si passa dalla teoria alla pratica, tocca dirlo, la musica cambia. Gli antipasti più che delle entrée hanno la dimensione degli assaggini. Ma al primo boccone di montanara evaporano tutte le perplessità: la fusione della salsa calda e dolce con il salato/umami del pecorino è perfetta, benché nota. Menzione particolare per il pomodoro “Antonella”, che ritroviamo con piacere su tutte le pizze rosse. Anche la scarola del calzoncino è ottima, e la pasta bella sottile. La frittura è asciutta come dev’essere.
Le pizze sono di un godurioso incredibile. Nulla di originalissimo, come si diceva: per esempio la fuori carta, datterino giallo-burrata-‘nduja, è un trittico che ormai si vede quasi ovunque; eppure grande risultato in bocca. Merito anche e soprattutto degli ingredienti: in particolare la ‘nduja, ormai un po’ abusata per aggiungere la nota piccante, è sovente di qualità non eccelsa tanto da far dimenticare che si tratta di un salume; qui invece la carne si sente tutta. Semplice la Valdostana, la fontina non prevarica il resto, e il tutto si sposa molto bene con l’impasto rustico.
Ecco, dove invece c’è un po’ di delusione è proprio nel lato impasti: nulla di palesemente difettoso eh, ma nulla di trascendentale, come magari ci si aspettava. Il classico è sottile ma ben cotto, flessibile ma non tendente al gommoso come nelle (peggiori) napoletane. Un’onesta pizza nello stile cosiddetto “italiano”, che vuol dire tutto e niente, la cui standardizzazione è merito del forno rotante che solleva in parte il pizzaiolo da responsabilità e stress. La pizza con i grani antichi viene, come già annunciato dal menu, stesa al mattarello, e qui non è tanto il napoletano in me che insorge, ma il nerd degli impasti che un po’ si meraviglia: farine del genere, povere di glutine, dovrebbero essere maneggiate in modo più delicato del solito, non meno. Il risultato, pur non sgradevole, assomiglia più a una piadina che a una pizza.
La digestione è lunga e lenta, e chiede acqua: ma io in questi casi attribuisco l’effetto più che altro alla sapidità ed abbondanza dei condimenti. Il conto dice oltre 30 euro a testa: al netto della bottiglia di vino – che comunque costa troppo, vedi sopra – sono in ogni caso 20 euro a cranio. Si mangia bene ma si paga un po’ tanto. Oppure. Si paga tanto ma si mangia assai bene. A voi la scelta.
Opinione
La pizzeria di Eataly sintetizza tutte le caratteristiche e le ambiguità tipiche di Eataly in generale: qualità buona, a prezzi alti, dietro un’apparenza pop.
PRO
- L'ambiente, se sei fuori.
- I condimenti superlativi.
CONTRO
- L'ambiente, se sei dentro.
- I prezzi, in generale abbastanza alti, in particolare nelle bevande.