C’è il ristorante più sostenibile del mondo, nello stato di NY, sbugiardato da un’inchiesta accurata di Eater e poi c’è una pizzeria – anzi un progetto, per meglio dire – a Roncade (TV), in Veneto, che sulla transizione ecologica ha costruito un menu intero. Sembrerebbe una contrapposizione manichea e polarizzata, persino irrealistica, se non fosse che a definire il menu e il pensiero ad esso sotteso è una vecchia conoscenza di Dissapore, Damiano Visentin (la cui pizzeria Capri, di Ponte di Piave, è stata meta di recensione), che con Mirko Visentin ha dato vita ad Anticamente-Il pane coraggioso. Da quella recensione sono cambiate un po’ di cose.
In disordine di importanza: Damiano non è più titolare delle pizzerie (lasciate alla sorella e ad un amico) ma sta lavorando all’avvio di un’attività di consulenza con l’obiettivo di rendere replicabile il modello di Anticamente che ha condotto a collaborazioni virtuose, e – in ambito più generale – lo scenario geopolitico internazionale è stato costretto a rivedere le politiche energetiche, con il risultato che parlare e dare concretezza al concetto di sostenibilità oggi è forse ancora più complesso e sfidante. Chi ha imparato a conoscere Damiano attraverso Anticamente e, prima, attraverso le sue pizzerie, sa che la coerenza – o forse la radicalità, come è stato scritto – è uno dei tratti distintivi del suo carattere e del suo modus operandi. Ecco perché non stupisce che proprio adesso abbia costruito un “Menu della Transizione ecologica”, disponibile in entrambe le sedi di Capri, quella di Ponte di Piave e quella di Jesolo.
Se già quanto spiegato sul suo profilo Facebook è eloquente, abbiamo in ogni caso cercato di capirne di più. L’impressione che non fosse una trovata di marketing ideata sull’onda verde così di moda e spesso tirata per la giacchetta, è emersa subito: “L’obiettivo era quello di creare uno stacco netto a livello comunicativo con quanto fatto finora: se già prima le pizze proposte andavano in una direzione ben precisa – con l’utilizzo dei grani antichi e del miscuglio evolutivo per l’impasto – ora la volontà è quella di costruire un vero e proprio modello replicabile, esportabile, tradotto in punti fermi e che possa essere la base per una rivoluzione”.
A sentir parlare Damiano sembra di avere a che fare con un visionario o un utopista: il fatto è che, non solo il progetto di Anticamente – nato proprio da basi “ideali” – si sia realizzato e funzioni, ma anche che sia proprio lo stesso pensiero di chi ha gestito per anni una pizzeria, a calare la pratica nel quotidiano: “Nel menu sono partito dalle pizze classiche perché ho visto che sono quelle che vanno sempre: a me interessa essere capito e che i clienti consumino, quindi ho elaborato un elenco di proposte nelle quali il concetto di sostenibilità possa essere compreso e fatto proprio”.
Ed ecco allora un menu costruito a mo’ di semaforo, dove si parte dal verde, si passa al giallo e si arriva non al rosso ma all’arancione. Verde significa quattro pizze base (ci sono la Marinara e la Margherita, insomma, ma fatte con i grani antichi) rilette in chiave vegetale in ogni passaggio e in ogni ingrediente, dalle aziende produttrici all’uso di packaging, ridotto al minimo. “Il pomodoro è l’ingrediente che non può mancare: ci siamo rivolti ad un’azienda locale che ha recuperato e coltiva varietà antiche e al momento sono 5/6 quelle che hanno seminato per noi – spiega Damiano – Ora che è estate è più facile ma la vera sfida sarà in inverno quando il pomodoro non è disponibile e ci dovremo inventare un’alternativa”. Si concede qualcosa di più con il semaforo giallo: grani moderni, mozzarella latte-fieno e pesce da pesca sostenibile: “è una pizza nata sull’onda degli aumenti dei prezzi delle materie prime. Per mantenere gli stessi prezzi avrei dovuto abbassare la qualità e abbandonare certi prodotti. Ho deciso invece di valorizzarli al meglio – è il caso della mozzarella – e di prendere quella della più alta qualità possibile. In luogo del tonno e di un allevamento ad alto impatto poi, ho scelto il cefalo rivolgendomi a chi alleva attorno a me in modo sostenibile”. Il concetto di transizione ecologica qui si collega a quello di qualità e del controverso e l’abusato km zero. “Se l’emergenza ambientale e la volontà di impattare sempre meno sull’ambiente sono state determinanti nel pensare al menu, altrettanto lo è stato quello di non prescindere dalla qualità. L’uso del prodotto migliore resta irrinunciabile ma se procuramelo devo andare lontano o farlo arrivare da lontano, ecco che diventa un lusso e il concetto di sostenibilità viene meno. Quindi l’idea è quella di selezionare le materie prime migliori vicine a me. Se non ci sono, lo sforzo è quello di convincere produttori e aziende a intraprendere una strada per riuscire a trasformare la propria produzione in quella direzione”. Oltre ad una pars destruens, insomma (“abbandoniamo chi non fa le cose come vogliamo noi”) c’è anche una – ben più interessante – pars costruens, quella che vede nel coinvolgimento delle aziende in una filiera allargata, nel consorziarsi e in una produzione ecologica e qualitativamente ineccepibile le sue colonne portanti.
Consapevole che i tempi sono lunghi, che le abitudini devono diventare pratica quotidiana e che, soprattutto, “il cambiamento massiccio ci sarà quando la sostenibilità sarà fonte di guadagno”, ecco allora la concessione del semaforo arancione: per chi non riesce a rinunciare ancora alla carne, si è optato per la meno impattante o quella da allevamento brado, per non dover dire addio drasticamente a Diavola e Capricciosa, insomma.
“Mi piacerebbe poter dare ai clienti la possibilità di essere determinanti anche semplicemente scegliendo una pizza”, chiude Damiano “perché sono convinto che avere cura dell’ambiente significhi avere cura delle persone”. Sarà per questa circolarità virtuosa che Damiano e Anticamente in questi giorni vendono le balle di paglia del loro frumento Piave.