ImpasTO è una pizzeria di Torino, che innanzitutto assolve all’obbligo delle quote calembour: trattasi di legge non scritta, vigente nella capitale sabauda, e valida anche a Milano, per la quale una percentuale consistente di locali, o manifestazioni o eventi, deve essere battezzata con un gioco di parole che coinvolge la sigla della provincia: CioccolaTO, GusTO, MangiaMI… Un tentativo di stupire ma telefonato, una battuta simpa un po’ polverosa ma tutto sommato efficace. Valutazione che in ultima analisi potrebbe anche estendersi alla pizzeria nel suo complesso.
ImpasTO, ambiente servizio e menu
ImpasTO si trova in corso Moncalieri, in una zona ambigua dove la città da un lato si sfilaccia per farsi periferia, dall’altro si apre alla verde promessa della pre-collina. Il posto è piccolo – tra i trenta e i quaranta coperti – ma ben organizzato, forse giusto un po’ di compressione negli orari di maggior affollamento. Il servizio è abbastanza rapido, o gentile quando non può esserlo: ci sconsigliano di far arrivare le pizze una alla volta come avremmo preferito per gustarle meglio, perché ci sono due tavolate e la cena potrebbe durare ore.
La definizione che la pizzeria dà di sé è “Pizze Gourmet Napoletane con lievitazione 48 ore rappresentate da creatività, originalità e qualità: tutte caratteristiche della cucina italiana”. Naïveté a parte, si tratta di descrizione fuorviante. Il menu di ImpasTO è composto da 4 antipasti, ben 24 pizze e 3 focacce. Si aggiunge una fuori menu, e per ogni pizza anche l’alternativa al padellino (per non scontentare gli amanti della tradizione locale, e infatti tra i pochi antipasti non manca la farinata).
Come si vede, però, nella sostanza dei condimenti non siamo né sul classico napoletano, né sul classico gourmet: una volta pagato il tributo delle tre versioni di Margherita, si vira piuttosto verso un tentativo di stupire con accoppiamenti insoliti, ma senza ricorrere all’arma dell’ingrediente deluxe; più dalle parti del barocco casalingo che del fine dining. Il che non è un male, anzi. Altro punto a favore, la frequenza non insolita di basi che sfuggono all’alternativa pomodoro/mozzarella. A dispetto del nome, invece, nulla di particolare si dice, o si intuisce, dell’impasto.
Le pizze di ImpasTO
Le pizze di ImpasTO danno, bisogna dirlo, grande soddisfazione al palato per quanto riguarda i condimenti: abbondanti, ben disposti, azzeccati e golosi. E questo anche quando in teoria sembrerebbero un po’ too much.
La BBQ con salsiccia alla brace, pomodorini confit e cipolla caramellata è strepitosa nella sua semplicità. Idem per la Margherita napoletana, cioè con l’aggiunta di parmigiano come si usa certe volte a Napoli. Anche la Chicca non s’inventa niente (crema di zucchine, fiordilatte, cotto) ma è molto ben eseguita soprattutto nella crema, che è molto facile far venire secca, e invece no. Un trionfo rococò è invece la Burrata in carrozza: su una base di marmellata di cipolle (azz), speck (bang), e crema di patate arrosto (boooom), si appoggia quello che ha tutta l’apparenza di essere il gelato fritto del ristorante cinese all’angolo, e che invece è letteralmente una burrata intera, in carrozza, cioè impanata e fritta. Kitsch? Senza dubbio (già la burrata semplice a centro pizza lo è, e ora è pure stantia). Buonissima? Di più: una maialata insuperabile.
Il punto debole, anche qui nella pratica, è proprio l’impasto di ImpasTO (sorry, ve la siete cercata): una napoletana evoluta, ma al morso niente di che; e a volte un po’ troppo bruciata nel cornicione, un po’ cruda al cuore (cosa che nella versione al padellino è ancora più evidente).
Opinione
Una pizza in stile napoletano moderno con fantasie di condimenti onesti e golosi. Al di là di qualche velleità e di qualche imperfezione, posto da segnalare se non altro perché esce fuori dagli standard.
PRO
- Il coraggio di certi abbinamenti né tradizionali né gourmet.
CONTRO
- La carta del bere praticamente inesistente.