Il Buonappetito: la pizza tra antipasto e secondo è azzardo o rivoluzione?

Tor.na a Torino, proporre pizze distribuite tra antipasti, primi, secondi e dolci, non un menu separato per pizza e cucina. Azzardo o rivoluzione?

Il Buonappetito: la pizza tra antipasto e secondo è azzardo o rivoluzione?

Quando nessuno ha mai fatto una cosa ci sono due possibilità: che sia una sciocchezza; che nessun altro ci abbia pensato prima. A essere onesti, nel 99,9% dei casi si invera la prima ipotesi. Nello 0,1%, la seconda.

In questa circostanza, secondo me, potremmo essere nello 0,1%.

Parlo di un nuovo ristorante che aprirà il primo marzo. Si chiama Tor.Na ed è un gioco di parole bellissimo: perché il locale è a Torino ma la cuoca, Imma Ferraro, è di Napoli; e perché è un posto che si annuncia molto femminile (l’imprenditrice è Silvia Zanin che già aveva il Damè Bistrot) e legato alle radici, quindi evoca il meraviglioso “Volver”, il film di Pedro Almodovar con Penelope Cruz (che nella storia ha, appunto, un ristorantino).

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La novità che secondo me potrebbe stare nello 0,1% dei casi è l’inserire la pizza NEL menu di cucina.

Cioè, non avere –come fanno tutti– un menu pizza e un menu cucina ALTERNATIVI, bensì proporre le pizze distribuite tra antipasti, primi, secondi e dolci.

Tu chiamala, se vuoi, integrazione.

“Ma come si fa a mangiare una pizza E qualcos’altro?” chiederanno in molti.

Domanda lecita. La risposta è che trattasi non di pizza napoletana, ma di pizza al “padellino”, quella classica torinese cotta nella mini-teglia che è più piccola e meno “esaustiva” di quella classica.

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Ora, se mangiare una pizza E un primo mi sembra da super-hero del carboidrato, sbranare antipasto-pizza-secondo mi sembra perfettamente adeguato alle mie esigenze alimentari. A dire il vero –e mi smentisco– anche pizza (magari to-share), primo e dolce, perché no.

Poi va detto che le idee nuove contano, ma conta assai di più il saper-fare (nessuna novità mal realizzata potrà battere un piatto tradizionale ben eseguito).

Da questo punto mi fido: mangiai i piatti di Ferraro nei locali in cui lavorava prima, il buon Scalo Vanchiglia e alla corte del sommo Scabin.

Di cui spero abbia preso il genio, non la sregolatezza.