Mestre non è Milano, di sicuro. Non è nemmeno Padova o Verona, città venete dalla forte identità, con uno stile definito e una buona dose di orgoglio patrio. Mestre è tabula rasa, città dormitorio, eterna periferia: sarà per questo che quando in città c’è qualcosa di figo la gente del luogo lo vive con un certo stupore. È il caso di Forte Marghera, un ex forte difensivo austriaco, riattato per essere fruito gratuitamente dalla città, un luogo senza auto e senza tempo, in cui i vecchi edifici bellici sono stati in parte convertiti in sale espositive, aule studio e ristoranti, e in parte sono ancora diroccati. C’è un gattile e un pontile, perché qui si può arrivare anche in barca da Venezia (a partire da quest’anno perché prima i canali non erano stati dragati).
Animano questo luogo una serie di locali, e quasi tutti fanno capo alla cooperativa Controvento. Sono posti alla buona, ma a loro modo alla moda: pensate di andare alla sagra ma di trovarci il salame artigianale da maiali felici. La cooperativa infatti gestisce anche il grande parco friuliano di San Floriano, in cui coltiva orti, frutteti e alleva animali da cui deriva gran parte della carne e dei salumi serviti nei locali del gruppo.
Tra i locali presenti c’è sempre stata una pizzeria, per lo più estiva, con i tavoli all’aperto e velleità gourmet: Il Bagolaro. Eppure, a differenza di altre sperimentazioni degli stessi proprietari, la pizzeria non era mai riuscita a fare un lavoro notevole. Almeno fino a questa estate quando i nostri hanno proposto una nuova filosofia di pizza: farine semi-ntegrali macinate a pietra, prodotti a filiera corta, verdure dell’orto friulano cotte nel forno a legna. In luogo di essere un elenco di propositi alla moda, la ricetta sembra funzionare.
Il menu
Poche pizze ma sostanziali: 3 classiche, 5 “selezione” e 7 della casa. Tutte tra i 7 (la margherita) e i 12 euro (con fiori di cappero e olive taggiasche). La maggior parte delle pizze sta tuttavia sui 9 o sugli 11 euro. Il coperto vale 1 euro. In generale non ci sono voli pindarici negli ingredienti, ma si segue il mantra più o meno diffuso in questo tipo di locali del rifare le pizze classiche con ingredienti migliori: la tonno e cipolle, emblema di queste rivisitazioni gourmet, viene servita con cipolla di Tropea cotta e un trancio intero di tonno al centro; la crudo e bufala ha un’aggiunta di pepe agli agrumi, la prosciutto e funghi ha il cotto alla brace e i funghi cotti in casa. E così via, avete capito.
Le birre, anche qui poche, formano una mini carta, se non eccellente sicuramente buona: un paio di Forst alla spina (ricordiamo che il birrificio di Merano è considerato tra i migliori birrifici industriali d’Italia), e due Ipa, una preparata dal birrificio di Controvento [durante la nostra visita sostituita da una APA del birrificio Le Corti veneziane, la Cankara] e una del celebre birrificio scozzese Brewdog. Nessun antipasto e una lista di dessert tramandata oralmente che, speriamo, assicuri la freschezza della proposta.
L’ambiente e il servizio
L’ambiente è una casupola con pochi tavoli e una stufa che serve da ambiente invernale, o almeno ci auguriamo, perché la pizzeria di Forte Marghera è sempre stata un locale stagionale. E poi il forno, la cassa e il bancone del bar che sono stati installati all’aperto, assieme a una trentina di coperti serviti su tavoli in legno da osteria che nel weekend si riempiono senza soluzione di continuità, e una serie di tavoli self service, sotto gli alberi, dove se si è disposti a servirsi la pizza al tavolo da soli, si trova quasi sempre posto.
Selle tavole le abat-jour Poldina danno un atmosfera da osteria chic, corroborata dalla tovaglietta in carta paglia e dai fiori di campo freschi sistemati in barattoli e bottigliette di recupero.
Il servizio è curato da camerieri giovani e giovanissimi, a parte un capo cameriere, ed è necessariamente un po’ sbrigativo vista la mole di lavoro, ma non scortese. Certo non è questo il luogo per mettersi a discutere con il personale sulla provenienza degli ingredienti.
L’assaggio
L’impasto è davvero gradevole, anche se la sua filiazione non è assolutamente la pizza gourmet, nè tantomeno la napoletana, ma la pizza che si trova un po’ ovunque nelle pizzerie del Nord senza ambizioni: una base sottile, un cornicione quasi inesistente. Eppure qui il risultato è una base molto più morbida di quel che potrebbe sembrare a vista, con un po’ di croccantezza giusto sulla crosta, e qualche bruciatura di cottura impercettibile. Oltre a questo la base è decisamente saporita, probabilmente grazie all’uso di farine macinate a pietra (di cui però non siamo riusciti a risalire al produttore).
Ordiniamo una Polveriera con guanciale, friarielli e ricotta affumicata, un insieme goloso, con il guanciale croccantissimo e il suo grasso che rende la base quasi fritta, i friarielli saporiti e la ricotta non troppo presente, ma ben equilibrata. Ordiniamo anche una una Belumat con Pastin, patate al forno, rosmarino e senape che ci facciamo, colpevolmente, aggiustare con aggiunta di pomodoro, ma che sarebbe riuscita benissimo senza: inutile dire che l’emulsione di senape, ben presente nel gusto, equilibra il gusto del pastin perfettamente.
E infine una erborinata, una margherita con pomodori confit e un blu di capra artigianale friulano, sparso abbastanza generosamente sulla pizza e con un sapore intenso, una pizza per chi vuole la margherita pimpata.
Infine ordiniamo anche una crema catalana, che ha una gradevole nota di cannella, una texture ariosa e una caramellatura perfetta.
Opinione
Il Bagolaro ha fatto tanta strada nel tempo, rimanendo coerente all’idea di un locale popolare, ma non per questo trascurato. Una delle pizze migliori nel panorama mestrino, che però non brilla per eccellenze a un prezzo medio.
PRO
- Impasto saporito e con un'ottima consistenza.
- Ingredienti selezionati, spesso artigianali e locali.
CONTRO
- Un certo conflitto tra vocazione gourmet e spirito popolare che si traduce in prezzi un po' più alti di quel che ci si aspetterebbe e un'attenzione al cliente buona ma non eccellente.