Fare giornalismo per tesi è una brutta cosa, ed è per questo che quando sono andata a mangiare la pizza da Grigoris ho cercato di concentrarmi fortemente sulle sensazioni che mi aveva lasciato la pizza di Seu a Roma, o quella di Carmenella a Napoli: “non pensare che ti piace già”, mi sono ripetuta la frase una decina di volte prima di varcare la soglia e ordinare la mia pizza. La pizzeria Grigoris sta ad Asseggiano, una piccola frazione di Venezia – Mestre così lontana dal centro che ho dovuto verificare su Wikipedia che facesse ancora parte del territorio comunale.
È uno di quei posti dove devi programmare di andare, non ci arrivi per caso, ed è una celebrità. Lello Ravagnan, annoso fasto di casa Quaglia e la moglie Pina, spesse volte sul palco di Identità Golose con i suoi dolci, sono ben inseriti in quel circuito gastronomico dove il talento è uno degli ingredienti del successo, anche se non l’unico.
Nel desolante panorama delle pizzerie veneziane però loro rappresentano il mio faro nella notte, mantenendo alta la qualità della proposta e onesta la richiesta di esborso economico per usufruirne. Lungi da me però fare di questa pizzeria un ottimo caso di “primato tra gli ultimi”, è un posto che se la giocherebbe bene anche inserito in contesti ben più competitivi. Tanto per rendere l’idea, Grigoris è riuscito a sbaragliare la concorrenza di lievitisti assai più noti, durante il più recente panel dedicato ai panettoni artigianali di Dissapore.
L’ambiente
Si potrebbe definire questo ambiente alla moda, per le note artigianali, le cementine sul pavimento, la palette vivace ma vintage, se non fosse che è così da prima che tutto questo diventasse mainstream. Il tutto viene rinnovato spesso con qualche nuova lampada, una sala rifatta o semplicemente l’angolo per l’esposizione del pane e dei grissini fatti in casa, serviti gratuitamente al tavolo in attesa delle pizze.
Molto sul modo in cui è gestito questo posto lo dice il disinfettante per le mani, offerto in un erogatore personalizzato, bello e appoggiato in posa plastica su una tovaglia bianca all’ingresso: un’inquadratura pensata per Instagram ma che al tempo stesso è una coccola che ammansisce la nuova onnipresenza dei dispositivi medici nelle nostre vite.
Il menu e i prezzi
Le pizze proposte sono circa una trentina, e (se si viene spesso come accade a chi vive in una città in cui è un’impresa trovare una pizza buona) il rischio di finire per mangiare sempre le stesse pizze è alto. Ma in questa mia visita post lockdown ho trovato, con sommo gaudio, il menu aggiornato con una serie di pizze, per lo più di mare: quasi metà del menu è dedicato a pizze col pesce dalle alici masculine da magghia del golfo di Catania al polpo, dallo sgombro naturale di Sicilia alle cozze di Scardovari. Gli abbinamenti stanno un palmo sopra: le cozze sono cotte al vapore e affiancate a patate, mollica di pane, limone ed estratto di alloro, lo sgombro alla cipolla di Alife, le alici ai capperi di Salina e alla scarola riccia.
Il menu di Grigoris, che spesso nella sezione dolci prevede canditi e confetture di Corrado Assenza, mi è sempre sembrato il menu di un Veneto che va in vacanza in Sicilia: c’è molto del buono del Sud unito a una soddisfazione citazionistica terribilmente bourgois.
L’altra impressione che mi fa questo menu è che chi lo stila si diverta moltissimo a infilarci nomi irriconoscibili perché si debba chiedere l’aiuto dei camerieri quasi a ogni ordinazione: non si dice “prosciutto joselito paleta” o “il re dei Pata Negra” ma solo “joselito paleta”, non si dice “peperone papacella” ma “papacella”, non si dice “broccoletti salentini” ma “mugnuli selvatici”; con buona pace dei timidi e dei so-tutto-io.
I prezzi meritano un paragrafo a parte perché nonostante l’ingente uso di farina di qualità (anche per i rinfreschi del lievito) e il topping con ingredienti di cui sopra, il prezzo di una pizza va dagli 8 euro della DOP (San Marzano DOP dell’agro sarnese nocerino, fiordilatte di Agerola e basilico) ai 14 euro della pizza col polpo o di quella con la bottarga di Muggine 100% Cabras. C’è una sola vetta di 20 euro per la pizza coi gamberi rossi, vero feticcio della pizzeria gourmet di questi anni e che in pizzerie altrettanto blasonate costa almeno 6 euro in più.
L’assaggio
La nostra scelta ricade su una “ceci e gambero rosso” con crema di ceci, mozzarella di bufala DOP, basilico, gambero rosso, estratto di finocchietto selvatico e profumo di limone, e su una “joselito e nocciola” con Fiordilatte di Agerola, burrata, joselito paleta, crema di nocciole e mascarpone, cacioricotta. Dato che quasi tutti sono indecisi nella scelta, si può chiedere che le pizze siano tagliate a metà e che il piatto di ogni commensale si componga di due metà diverse, a mo’ di degustazione.
La farina Petra e il lievito madre vivo sono il binomio della pizzeria da molto tempo. Il risultato è una pizza quasi napoletana, nel senso che non è una napoletana né alla vista (il cornicione è piccolo, l’aspetto è più cotto e uniforme) né nel metodo, ma lo è al gusto. L’impasto, morbido, fragrante e profumato, è un perfetto basso continuo per l’armonia degli ingredienti. Il gusto ricorda quello della pizza fritta e ripassata in forno, ma è semplicemente cotta in un forno a legna.
All’assaggio si capisce come non solo gli ingredienti del topping siano di rilievo, ma come l’insieme sia orchestrato con senno, e probabilmente sia il frutto di molte prove d’assaggio. La pizza con i ceci e i gamberi rossi è forse la più buona che io abbia mangiato nel 2020: profumata, golosa, originale e leggerissima.
La pizza Joselito è invece una cornucopia di sapori burrosi: la burrata, la crema di nocciola, il mascarpone che esaltano il gusto inconfondibile del prosciutto, tagliato sottilissimo e pure onnipresente in ogni boccone. Una goduria per i sensi, e contemporaneamente una pizza ardita e impegnativa.
La carta delle birre
Cinque pagine di selezione di birre non si vedono frequentemente dalle nostre parti. La carta delle birre è speculare a quella delle pizze: una selezione accurata che sia in grado di solleticare gli spiriti dei foodie più o meno incalliti ma che possa anche infondere una certa gioia e sicurezza a chi di queste cose vuole saperne il meno possibile. Ci sono le immancabili 32 via dei birrai, che fanno sempre mostra di sé nei locali “giusti”, ma poi ci sono anche robe da appassionati veri come le birre di Bruxton o il birrificio piemontese Loverbeer, pioniere della sour all’italiana. Molte referenze anche di Birrificio del Forte, toscano, forse il migliore tra i birrifici che si trovano più tra ristoranti e pizzerie che nei pub, e in generale produttore di una birra di pregio.
Ovviamente, una carta del genere è accompagnata da una competenza di sala adeguata, che ti accompagna nella scelta del bere così come fa con il cibo.
I dolci
Uno dei valori aggiunti di una pizza fatta come si deve, secondo me, è quella di lasciarti sazio ma non oberato, felice ma non pienamente contento. Invece di ordinare una seconda pizza, che qui al Nord fa brutto, si può ordinare un dolce. Il menu, abbastanza cospicuo, propone 8 dolci fatti in casa e sei “piccolini”, mini porzioni per chi ha finito la fame ma non la gola. I prezzi vanno dai 6 euro per le porzioni normali ai 3,5 euro per le piccole. Molto gelato, un paio di lievitati, e poi la meringata e il tiramisù per non tradire nemmeno qui l’anima pop gourmet.
La nostra scelta ricade sulla torta delle rose con crema al doppio fiordilatte. Si tratta di un lievitato simile al croissant sfogliato, ma ancora più morbido e burroso, servito tiepido con un gelato denso e cremoso e un paio di cucchiaiate di una marmellata di albicocche del Vesuvio. Spalmare il gelato e la marmellata sulla torta e poi azzannare è già di per sé evocativo del risultato, anche qui come altrove il Grigoris non punta alla sperimentazione, alla ridefinizione del classico, alla personalizzazione ma a un sincero “prepariamo davvero bene delle cose che sono già molto buone”.
Opinione
L’evidente propensione al business, senza però alcun compromesso sulla qualità, ha fatto fare a questa pizzeria delle scelte ben precise: l’educazione al gusto di una clientela eterogenea è solo una conseguenza di un atteggiamento assai più accomodante. Un modo di agire che non perde per strada nessun cliente e che crea una incredibile (almeno per queste zone) base di affezionati che ritorna qui con cadenza regolare, rendendo anche un mercoledì sera post lockdown una serata da due turni, per 70 coperti più l’asporto.
Felici tutti.
PRO
- Impasti a regola d'arte
- Condimenti perfetti
- Carta delle birre ben pensata
CONTRO
- Un po' di staticità della carta, vorremmo più pizze nuove più spesso