Il Campionato della Pizza 2017 è una produzione Dissapore con Molino Dallagiovanna e Clai Salumi. Se volete informazioni sullo svolgimento delle sfide cercatele in questo post.
Casamatta
Via Tommaso Fazello 23, Noto (SR) – Pagina Facebook
Leggermente defilata rispetto al centro storico di Noto, patrimonio dell’umanità Unesco dal 2002, la pizzeria Casamatta è stata aperta nel 2014 all’interno di una postazione difensiva della seconda guerra mondiale. Un gradevole muretto in pietra interrompe l’imponenza glaciale degli edifici che abbruttiscono la strada. Paolo Danilo Cannarella, di Avola, è l’avvocato pizzaiolo.
Dai nonni ha imparato giovanissimo l’arte di impastare la cosiddetta ‘Muddiata’, una pizza tradizionale di Avola erta e dall’impasto spugnoso.
Kambusa
Via della Torbiera, 38 Massarosa – Pagina Facebook
In uno dei due fabbricati di Terre Emerse, spazio polifunzionale in legno e acciaio che occupa 7000 mq di verde affacciati sul lago di Massaciuccoli, a Massarosa, in provincia di Lucca, Gennaro Battiloro, classe 1983 e originario di Torre del Greco, sforna pizze in pieno stile partenopeo.
Siamo ad alcune centinaia di metri dal casello autostradale di Viareggio, ma certo, molto lontani dalla mondanità del lungomare o di Forte dei Marmi.
Locale e servizio
14 gradini di una scala in muratura e cotto conducono a una casetta divisa in due piccole sale con le pareti rivestite in pietra locale, per un totale di 30 coperti. Nella prima trova posto il forno elettrico che può contenere fino a 7 pizze.
Una veranda e un grazioso cortile più appartato garantiscono al locale altri 60 coperti, alcuni dei quali –se ne sentiva il bisogno– si trovano all’aperto.
La prima versione della Kambusa, proprietaria Kristina Lapo, si trovava a Viareggio. Il trasferimento a Massarosa è avvenuto nel 2015, sempre con la presenza di Gennaro Battiloro nelle vesti di pizzaiolo, dopo le collaborazioni con il celebre Franco Pepe a Caiazzo (CE) e con Princi, la nota catena di panetterie chic milanesi.
La grande struttura esterna non deve ingannare, in realtà l’ambiente pizzeria è piccolo e raccolto. Discorso diverso in estate grazie allo spazio esterno decisamente ampio. Luci soffuse e apparecchiatura dei tavoli insolitamente elegante per una pizzeria, con i tovaglioli ben piegati, i calici per il vino e le candele accese.
Menù e prezzi
Alle pizze classiche si alternano versioni che puntano su ingredienti locali, com’è evidente fin dai nomi, Ragusana o Nebrodi. In tutto il menu propone 19 pizze, i prezzi vanno dai 4,50 euro della margherita fino ai 9,50 delle più costose: Casamatta e Fattoria.
Molto limitata la scelta delle birre, senza particolari meriti le uniche due artigianali, che provengono da altrettanti microbirrifici locali. Più varia la scelta dei vini, sempre siciliani, con una presenza ingente più che giustificata di quelli prodotti da Nero d’Avola.
Ingredienti raffinati e scelti con cura nel menu della Kambusa, dal pomodorino giallo del Sarnese alla burrata agerolese, fino agli onnipresenti pistacchi di Bronte, solo per citarne alcuni.
La margherita costa 6,50 euro, bisogna aggiungere 1,50 euro per il coperto. Carta dei vini ricca e profonda per una pizzeria, suddivisa in bollicine, rossi e bianchi con numerose etichette toscane. La birra artigianale proviene da una singola etichetta.
Impasto e margherita
Idratazione dell’impasto –il pezzo forte della pizzeria– al 60%, 48 ore tra lievitazione e maturazione, 2 minuti di cottura nel forno elettrico a temperatura differenziata tra cielo (420 gradi) e platea (350 gradi). Il risultato è una pizza di taglia media, come lo spessore, cornicione voluminoso e cottura al limite, cosa che può piacere o infastidire.
Le farine impiegate per l’impasto provengono al 30% da grani antichi: margherito, perciasacchi o molinello, tutte macinate a pietra, tenaci nel sapore e dalla tessitura compatta. Ma l’uso di farine così nutrienti e particolari non compromette l’idea generale di leggerezza.
La pizza margherita non è l’ideale per apprezzare fino in fondo il sapore ruvido e sincero di questo impasto, quasi una sensazione di contatto con il grano. Nonostante la dolcezza del pomodoro la pizza risulta un po’ secca, un filo d’olio in più avrebbe aiutato.
La pizza margherita della Kambusa sfodera pomodoro san Marzano DOP, fior di latte, olio extra vergine toscano e basilico. L’impasto, presente anche nella versione ai 7 cereali, è realizzato con farine bio di tipo 0 e 1, doppia maturazione a temperatura controllata, la percentuale d’idratazione che arriva al 70% e una dose ridotta di lievito di birra.
Bella a vedersi: cornicione alto e ben cotto, soffice e fragrante, senza bruciature come del resto tutta la pizza. Corretta la proporzione tra mozzarella e pomodoro, con quest’ultimo profumato e invitante ma un po’ avaro di sale.
Giudizio finale
Le differenze ci sono eccome, a iniziare dalla collocazione geografica (delle 32 pizzerie scelte per questa edizione del Campionato della Pizza soltanto una si trova in Sicilia).
E poi le farine, più legate all’impiego di grani antichi quelle di Casamatta. Ma in entrambi i casi pizzaioli preparati e attenti a come evolve il loro prodotto in tutte le direzioni.
C’è però maggiore creatività nel menu di Gennaro Battiloro, con un’integrazione perfetta tra mestiere napoletano e tradizioni toscane (da provare la pizza Tarantella, versione partenopea della panzanella toscana), e una margherita bella, profumata, morbida e digeribile.
Passa il turno: Kambusa
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[Link: Dissapore | Immagini: Mara Pettignano]