Nel quartiere di San Frediano, cuore pulsante della vita notturna di Firenze, la “pizza conviviale” di Berberè è diventata ormai un punto di riferimento autentico, riconoscibile e fuori dagli schemi. Perché conviviale? Semplice, perché già divisa in otto spicchi e intrinsecamente votata alla socialità.
Ambiente e servizio
Voce del verbo improvvisare. Stiamo passeggiando per le viuzze di quello che la Lonely Planet appena qualche anno fa ha definito “il quartiere più trendy al mondo”. È una tiepida serata primaverile, una di quelle sere in cui hai solo voglia di sederti a tavola e condividere una buona cena in compagnia. Troviamo tutto questo da Berberè in Piazza De’ Nerli, prima e ormai storica (2014) apertura fiorentina dei fratelli Aloe, che nel 2018 hanno bissato con un secondo locale in zona Santa Croce. La location è proprio come ce la ricordavamo: qualche tavolino esterno, ingresso con bancone e forno a legna a vista, piccolo corridoio e due sale per accogliere gli ospiti anche all’interno. Tutto questo in pieno stile industrial, fra graffiti e muri grezzi, con un servizio efficiente e veloce sì, ma un po’ freddo e impersonale. Insomma, un servizio che non caratterizza o aggiunge qualcosa di più umano alla nostra esperienza.
Il menu
Sfizi, montanarine fritte, insalate, pizze, dolci… In una sola pagina il menu di Berberè riesce a includere una proposta che tanti ristoranti-pizzerie non possono vantare neanche in due-tre fogli. Completezza è sicuramente la parola chiave per descrivere l’offerta, con un’ampia selezione di antipasti prima delle 16 pizze e dei 5 dessert, così come un’attenta ricerca di birre artigianali alla spina e in bottiglia, etichette di vino selezionate in tutta Italia da piccoli vignaioli (con tanto di vino della casa, qualcosa di insolito per una pizzeria) e la torinese Mole-Cola al posto della più celebre Coca.
Viste le origini calabresi dei proprietari, ingredienti come ‘nduja di Spilinga e burrata sono presenti tanto nei crostini quanto nei fritti: è davvero deliziosa a tal proposito la montanarina con ‘nduja, miele e ricotta affumicata (4 euro), giustamente unta e ideale per aprirci lo stomaco prima della pizza. Spoiler: questo speciale pairing agro-dolce sarà protagonista anche in una delle cose di Berberè che più ci ha colpiti.
La pizza
Pizza conviviale, ma anche rock. La pizza dei due fratelli che, partendo da Bologna nel 2010, hanno rivoluzionato a loro modo il settore è lontana dagli standard che ci si attendono da un “franchising”: se è vero che parliamo di una società che annovera anche Miscusi e Alce Nero tra i suoi azionisti, Berberè riesce infatti a tenersi alla larga dagli stereotipi negativi di una proposta pre-fabbricata e standardizzata. Detto altrimenti: la pizza (e l’esperienza a 360°) è sempre quella, ma mai scialba o tirata via. Non è napoletana e non è nemmeno romana, è una pizza degustazione morbida dentro e croccante fuori grazie alla lievitazione del suo impasto per 24 ore a temperatura controllata. Una pizza artigianale da lievito madre vivo, già tagliata in otto tranci per permettere a ogni commensale di provarne un pezzo. Una pizza riconoscibile, che ha sempre un’identità ben precisa: avendo provato vari Berberè in giro per l’Italia, come detto poc’anzi questo è indubbiamente il merito più grande dell’intero progetto. Le farine, semi-integrali e macinate a pietra, mantengono fibre, vitamine e oligoelementi del grano apportando il classico sapore del pane appena sfornato. Ma è possibile scegliere – a rotazione – anche fra due impasti speciali, come quello realizzato con idrolisi degli amidi (senza lieviti aggiunti, lasciando fermentare spontaneamente il grano spezzato con acqua calda) e quello speciale (impasto indiretto con biga da lievito madre, a base di diversi tipi di cereali). In effetti, la pizza “Norma” (10 euro) con impasto classico, melanzane al forno, fiordilatte d’Agerola, ricotta affumicata grattugiata e basilico risulta buona, ma è senza dubbio la pizza “Tonno” (12 euro) con impasto idrolisi, filetti di tonno riserva Callipo, cipolla rossa saltata, fiordilatte d’Agerola, salsa verde, polvere di olive nere e origano che sublima la proposta di Berberè. Un mix apparentemente disarmonico, ma bilanciato tanto alla vista quanto al palato e, soprattutto, con una maggiore spinta palatale rispetto all’altra pizza.
I dolci
Proprio come nel caso degli antipasti, anche i dessert spaziano fra i gusti e le preferenze classiche o più ricercate. Profiterole, tiramisù, semifreddo yogurt e amarene e gelato sono non a caso firmati dal maestro pasticcere Luigi Biasetto, aggiungendosi a una selezione di sorbetti che ripulisce bene la bocca dopo tanti sapori diversi mixati fra loro.
Bonus extra
Da Berberè non si butta via niente, neanche il cornicione della pizza. Anche se, non seguendo lo stile napoletano, questo non è granché pronunciato, al costo aggiuntivo di 2 euro è possibile ordinare delle salse per intingerci gli avanzi e dar loro ancora più gusto, oltre che una seconda possibilità nella vita. Qualche esempio? Miele e ‘nduja (la nostra preferita per distacco, ormai lo avrete capito), salsa verde o pesto al basilico: un’ultima coccola nei confronti degli ospiti più golosi, che rimpiazza parzialmente un servizio non particolarmente caloroso.
Opinione
La pizza di Berberè è indubbiamente una delle più buone di Firenze, ma non solo: è unica in quanto lontana tanto dallo stile napoletano quanto da quello romano. I prezzi sono giusti, l’offerta food&beverage molto ampia e in grado di accontentare qualsiasi sfizio. Insomma, non parliamo assolutamente di un bieco franchising perché ogni locale, pur mantenendo le medesime linee guida, tiene alto il livello di qualità da quasi tutti i punti di vista. Se si riuscirà a fare lo stesso anche col servizio (problema di molti in questo momento storico), Berberè potrà compiere l’ultimo grande step per salire sull’Olimpo della pizza fiorentina.
PRO
- L'ampia offerta food&beverage, la pizza riconoscibile e le salse per il cornicione
CONTRO
- Il servizio un po' freddo e robotico