Nella grande famiglia dei veneti “pro” dei lievitati, la pizzeria dei due soci Arrigoni e Basso da qualche anno sta facendo molto per farsi notare. Dopo il 2020 ha scelto di ridurre i coperti e puntare sugli impasti con “lievito madre vivo e farine selezionate”, come dichiarano Michele Arrigoni e Alberto Basso nel menu. Il rebranding è cominciato nell’annus horribilis 2020, in cui raffinano l’arte del panettone, con impasti ricchi, e qualche innovazione come i panettoni con due impasti (uno, al cuore, di cioccolato e uno classico che lo racchiude) e, nello stesso anno, partecipano anche a Panetthòn, la sfida di solidarietà tra i panettoni veneti organizzata dallo stellato padovano Radici. Ma l’altro passaggio fondamentale nel ripensamento di questa attività è avvenuto questa primavera, quando si sono trasferiti dalla vecchia sede di Zero Branco (TV) a questa nuova e bella di La Croce, sempre in provincia di Treviso.
Ambiente e servizio
L’aspetto più attraente e che ci si arriva con la macchina, e si trova parcheggio immergendosi nel verde del parco, con vialetto di ghiaia e aiuole fiorite che accompagnano fino all’ingresso. L’ambiente interno è di ampio respiro, arredato con qu:l gusto contemporaneo che non è minimal ma è elegante, con quei tocchi di colore acceso e nero lucido che fa un po’ Art Deco un po’ Vittoriale degli italiani.
La luce però non è delle migliori, sui tavoli, le onnipresenti Poldine di Zafferano fanno una luce appena utile a leggere con agio il menu, tanto che bisogna spostarla qui e lì per intercettare il fascio luminoso. Il servizio (i camerieri sono per lo più giovanissimi) è decisamente cortese, attento senza essere asfissiante e ben preparato sul menu.
Il menu
Il menu, stampato sulla tovaglietta, è diviso in antipasti (un paio di scelte per le montanarine; condite con burrata, acciughe e pomodorini al forno o con prosciutto crudo e burrata), la pala alla romana, le pizze classiche e quelle speciali. In tutto 9 pale e 23 pizze, un “pizza burger” e un cheese burger, entrambi vecchi cavalli di battaglia del locale, ancora nella vecchia sede, con bun fatto in casa.
Dal menu si nota una certa attenzione agli insaccati e ai formaggi: il prosciutto cotto è fatto in casa e gran parte del resto della proposta è artigianale (come i würstel proposti per il “piatto bambino”) o presidio Slow Food come il capocollo di Marina Franca, la mortadella di Bonfatti, l’nduja di Siplinga e il Monteveronese. Per il resto, nella selezione degli ingredienti si nota una certa “pugliesità”, probabilmente per coerenza alle origini di uno dei due soci: fiordilatte, bufala e pelati vengono dal Tavoliere. I prezzi sono decisamente onesti: 7,5 euro per 6 mini montanarine in antipasto, da 13 a 18 euro per le pale romane, pizze mai sopra i 13,5 euro.
La selezione delle birre è un po’ timida, ma non troppo scontata: 4 spine, tra cui due di Bradipongo, un birrificio di Colle Umberto (TV) a meno di 50 km da qui. Ci sono altre 4 referenze in bottiglia, tutte straniere, una World Top, due Pelicon e una Kummert Urtyp. La spina piccola costa 3 euro, la grande 6, le bottiglie vanno dai 6 ai 13 euro.
L’assaggio
Ordiniamo le montanarine con burrata e acciughe, che arrivano rapidamente e sono fritte alla perfezione, croccanti ma non unte e davvero scioglievoli all’interno: un inizio che apre il palato e che ci entusiasma senza annichilirci la fame.
Ordiniamo poi una pala romana bufalona (pelati pugliesi, fior di latte, bufala e basilico) che è decisamente una sorpresa: croccante, riccamente alveolata, fondo scrocchiarello, farcitura corretta e ben distribuita.
Peccato invece per le pizze classiche, una salsiccia e friarielli a cui chiediamo di aggiungere il pomodoro (probabilmente abbiamo urtato la suscettibilità del pizzaiolo, perché il pomodoro era acido) e una siciliana. Entrambe le pizze sono state realizzate senza errori, ma l’impasto era particolarmente sottile e non incisivo, più secco che gommoso, probabilmente a causa della necessità di adattarsi al gusto settentrionale della pizza che qui “in provincia” è ancora quello degli anni Novanta. Lo stesso dicasi per i condimenti, ben posizionati ma non memorabili. Insomma una pizza buona, ma nulla che risponda alle reali aspettative di questo bel locale e di una volontà così esplicita nel volersi distinguere tra i lievitisti. Se venite qui prendete la pala, quella sì regge perfettamente le aspettative.
Non prendiamo i dessert, un po’ perché siamo pieni, un po’ perché la lista della casa (riportata a voce perché non esiste una carta dedicata) non stuzzica quella curiosità che ti fa ordinare anche con la panza ormai piena: cheesecake, tiramisù, etc… Ci accontentiamo di caffè e ammazza caffè, e di un conto che si piazza perfettamente su quei “25 euro a testa” che ormai è il prezzo fisso della pizza nell’era dell’inflazione qui a Nord Est.
Opinione
La pizzeria Arrigoni e Basso possiede certamente la tecnica, e fa un buon lavoro sulla materia prima, ma deve ancora scontare il fatto di fare grandi numeri e di dover piacere a molti, se non a tutti. Per fare il grande passo ci vorrebbe un po’ più coraggio, puntare tutto sulla pala, e investire qualche pensiero in più nei dessert e nella carta delle birre.
PRO
- Una pala perfetta, tanto che si ordinerebbe volentieri anche la seconda.
- Selezione interessante di formaggi e insaccati.
- Fritti non unti e in dosi adeguate.
CONTRO
- Le pizze classiche hanno un impasto insipido e una consistenza "vorrei ma non posso".
- Pochissime birre tra cui scegliere.