Se chiedete al gastrofanatico sgamato dove mangiare una pizza napoletana classica a Roma, ci sono buone probabilità che vi venga risposto “Da Angelo Pezzella!”. Sebbene le alternative d’ispirazione campana non manchino, da Pezzella si può trovare una pizza partenopea in pieno stile, senza eccessive divagazioni nel territorio della casertanità più canottosa. Dopo una recente visita, ecco la nostra recensione.
Il locale
Si trova in un’insenatura dell’Appia Nuova, nel tratto in cui esce dal suo Parco e diventa una pista automobilistica che corre verso l’ippodromo di Capannelle. In questa zona, che è un po’ terra di nessuno, tra capannoni, ingrossi di sanitari e gli sparuti negozi di prossimità che assolvono alle necessità dei residenti, c’è la pizzeria; non a caso sempre affollatissima.
Il fabbricato basso, coperto da un tetto in lamiera, si illumina tra cancelli di case quasi di campagna e una carrozzeria. Dietro le ampie vetrate, il locale è spazioso, e nonostante i distanziamenti Covid farà – calcolo – un centinaio di coperti.
Le finiture, le decorazioni, il mobilio sono moderni e lineari, tradiscono una vaga sensazione Mondo Convenienza® che però viene sovrascritta dal calore vociante dei tanti ospiti.
Nonostante la nutrita frequentazione, l’impatto visivo e uditivo si rivela sotto controllo: un comparto di sala tutto sommato esiguo (conto 4 camerieri più un jolly addetto al banco beveraggi) riesce a gestire egregiamente l’interezza del servizio, con tempi celeri e discrezione.
Il menu e i prezzi
Classiche, speciali, fritte e calzoni: ci sono pochi dubbi sul fatto che siano le pizze il core business del locale. Le sezioni dedicate occupano le due prime pagine del menu cartaceo, fitte fitte, con prezzi che vanno dai 2,5 euro della focaccia semplice, ai 6 della Margherita, fino ai 10 che sono tetto massimo del costo riportato in carta; eccezion fatta per due proposte fuori soglia, entrambe a 15 euro, con gambero crudo di Mazara e culatello di Zibello.
Continuando a sfogliare, ecco le pagine dedicate alla ristorazione, con antipasti di cucina dai 7,5 ai 12 euro e assortimenti di fritti a 6-7,5 euro. Seguono primi e secondi, che qui non terremo in considerazione volendo parlare della pizzeria, ma che durante la cena sfilano in sala con un aspetto invitante. Si bevono birre industriali alla spina (Heineken, Ichnusa, Moretti e compagnia cantante) con prezzi dai 4,5 ai 6 euro per 50cl.
I piatti
Cominciamo con un cuoppetiello (7,5 euro) servito nel classico colafritto in alluminio: buona la montanarina elastica, soffice, coronata da una salsa di pomodoro e cipolla, dolce e odorosa di casa sotto la spolverata di Parmigiano. Buone le zeppoline di pasta di pizza fritte “nude”, buona la frittura in genere, asciutta e dorata. Dentro il guscio croccante del crocché, da cui spande un gran profumo di provola affumicata, purtroppo l’impasto di patate risulta un po’ viscido. Mi riportano all’infanzia degli antipasti caldi della vecchia ristorazione catanese gli arancini mignon, non speciali ma di certo gradevoli, è trascurabile la frittatina di maccheroni servita in versione panata, anziché in pastella, che non brilla per consistenza del ripieno né per gusto.
Le pizze si presentano di dimensioni ragguardevoli, contornate da un bel cornicione pronunciato ed elastico. La cottura è omogenea e ben condotta, orna di macchioline brune distribuite con grazia tanto i bordi che il fondo del disco. La stesura risulta ottimale, con la superficie farcita alta pochi millimetri e omogenea, le bordature ben alveolate e capaci di intrappolare in una maglia sviluppata i gas di fermentazione. Al morso, l’impasto è flessibile e di solubilità media; rimane piacevolmente masticabile per il tempo che serve, lasciando l’impressione di una grande e sentita genuinità e, dopo la deglutizione, un ritorno confortante di profumi di pane.
Buona la combinazione d’ingredienti della Nonna Lina (10 euro) con provola, melanzane indorate e fritte, poi prosciutto cotto alla brace e briciole di cialda di Reggiano aggiunti fuori forno: tra food porn, anni ‘90 e memorie d’infanzia, risulta bilanciata e innocentemente “sporcacciona”.
Meno riuscita la “Sapori di campo” (9,5 euro), dove la buona espressione di crema di asparagi, fiordilatte e julienne di porro croccante viene compromessa dall’ingrediente che dovrebbe invece far quadrare il cerchio: il guanciale fondente rilascia un gusto vagamente rancido che disturba l’insieme.
Strepitosa è invece la Napoletana (6,5 euro), una poesia di pomodoro, fiordilatte, acciughe burrose e qualche oliva (queste ultime per la verità forse superflue, ma di certo non dannose), che sposano a meraviglia l’impasto e la sua schiettezza in una rendizione del classico impeccabile, potremmo dire ideale.
L’opinione
Opinione
La pizzeria di Angelo Pezzella è una realtà perfetta per fare l’esperienza di una pizza napoletana autentica, schietta e in qualche modo un po’ nostalgica, senza muoversi da Roma. L’interpretazione degli impasti e dell’ammaccatura è intesa in senso filologico, senza discostarsi dalla tradizione partenopea, e messa in opera con precisione e cura. Nonostante la pizzeria dia il meglio di sé sulle opzioni di farcitura classiche, le divagazioni in tema creativo risultano interessanti nella loro visione talvolta naïf; al di là di qualche rara sbavatura sulle materie prime.
PRO
- Un’esperienza immersiva della pizza napoletana
- Prezzi decisamente abbordabili
CONTRO
- Nessuna alternativa alla birra industriale