La situazione perfetta per provare qualcosa è non avere aspettative: l’effetto sorpresa genera quella felicità che di solito smussa anche gli eventuali angoli dell’esperienza. Un buon compromesso, per usufruire del bonus felicità, potrebbe anche essere l’avere poche aspettative. La cosa di gran lunga peggiore che può succedere è invece quella di avere grandi aspettative. Al giardinetto – beat natural -, pizzeria di Mira, le aspettative le genera già con il nome, il carico da novanta però ce lo mette la mission del locale “il cibo deve essere anche un nutrimento”.
Da cui il corollario della scelta ineffabile delle materie prime: farine biologiche macinate a pietra, vini naturali, birre di microbirrifici locali, verdure biologiche e ovviamente a km zero, dolci fatti in casa con la panna vegetale.
Il tutto dichiarato con orgoglio, e quasi ostentato all’interno del locale in cui l’arredo è addirittura creato dai prodotti: i bancali della farina con il loro bel cartello, i cartoni delle birre, addirittura le bottiglie vuote, messe in fila sul bancone, per portarsi a casa la birra Ofelia appena spinata.
L’iperselezione: le sue vette e le sue defaillance
È chiaramente un progetto di ristorazione che ha fatto delle scelte ben precise, che si concretizzano in un menu decisamente snello: circa 35 pizze sempre disponibili (da 4,5 della marinara ai 10 euro delle più farcite), più una carta del mese, che a luglio, mese della visita, conta 7 pizze (quasi tutte a 12 euro e una a 15). C’è anche la possibilità di avere un panino fatto con la pasta della pizza e ingredienti a scelta, ma non c’è altro: niente antipasti, niente piccola cucina, niente pane sul tavolo per ingannare l’attesa.
La vetta della proposta sono sicuramente le birre artigianali: 4 spine ben raccontate su un lavagnone che ne illustra nome, birrificio di provenienza, stile, sapore e gradazione oltre ai prezzi che vanno da 3,5 euro per una piccola a 7 per una media. Tanta precisione nella descrizione è cosa che, da consumatrice abbastanza superficiale apprezzo moltissimo, è un modo per concedere libertà di scelta anche a chi se ne intende poco, ed è ovviamente la mossa giusta per gasare chi del mondo brassicolo fa la sua religione.
Le caratteristiche di un pub ci sono tutte: la lavagnetta, indice di una buona rotazione di birre, annovera al momento della mia visita Birrone, Manerba Rattabrew, Hammer; una selezione di ottimi birrifici, coadiuvata, per chi non si accontentasse, da qualche chicca in bottiglia che sbuca dal frigo apposito.
Il menu, consultato sul cellulare grazie al talloncino con qr code, è interessante ma un po’ difficile da leggere: quello che salta agli occhi è, di nuovo, la selezione certosina degli ingredienti. Lo speck e la pancetta affumicata di Karl Bernardi, i capperi selvatici, una pianta recuperata in sardegna da Marco Maxia e messi sotto il sale delle saline sarde. La “Verdure” è una pizza con “le verdure del mese”; la “Tonno e cipolla” ha il tonno bianco del Cantabrico e le cipolle brasate; sulla “Boscaiola” ci sono gli champignon freschi e i porcini “di bosco”.
La farina degli impasto è la Aida 3,3 di Antico Molino Rosso, una tipo 1 macinata a pietra con aggiunta di Manitoba. Antico Molino Rosso è il celeberrimo marchio delle farine bio vendute nella catena Naturasì, ma io devo fare la secchiona: scrivere sul sacco “macinata a pietra con tutto il germe” è una tautologia, dato che la macinazione a pietra impedisce la separazione del germe dall’endosperma. La farina con il germe è più ricca di nutrienti ma anche molto più delicata e irrancidisce prima e questa farina è indubbiamente una forte scelta di campo per una pizzeria e indubbiamente una scelta costosa, che giustificherebbe ricarichi ben maggiori sul listino.
Il servizio e la prova d’assaggio
Con tutta questa montagna di preamboli e con le aspettative che ormai arrivano alla volta celeste, ordiniamo. Una “n.4” del mese con fiordilatte, pesto di basilico, burratina, capperi servatici e pomodori arrostiti e una “Sicily” con pomodoro, fiordilatte, acciughe siciliane, olive, capperi selvatici e una Hammer.
Il servizio è algido e di poche parole come il menu, mi stupiscono l’assenza del seggiolone per i bambini e la esigua quantità di sorrisi, per lo più scoraggiati dalle mascherine, ma, penso, in questo momento più di prima, la gestione della sala dovrebbe essere fatta di sguardi, e soprattutto di gesti.
Alla vista le pizze appaiono poco sviluppate, il cornicione sottile ha l’aspetto biscottato e in certi punti bruciacchiato. È una base poco sapida, con una consistenza morbida ma non elastica che fa perdere molta della golosità alla pizza. La sezione di una fetta è senza consistenza e senza bolle, e verso il centro è leggermente cruda. Nel complesso anche l’insieme degli ingredienti dà poca sapidità e la mozzarella fiordilatte fa l’effetto isole di formaggio, poco masticabili e assolutamente non filanti.
Ordiniamo il dolce da un menu “a voce”, sono dolci fatti in casa e in buon numero. La scelta ricade su un salame al cioccolato e una torta gelato con datteri cocco e cioccolato, entrambi buonissimi, anche se la torta gelato viene servita un po’ troppo ghiacciata.
L’opinone
Al Giardinetto è un’occasione mancata di avere un prodotto eccelso. La qualità e la ricerca si vedono ovunque, ma sono decisamente sminuite da un impasto non all’altezza. E il servizio, un po’ frettoloso e che dà molto per scontato, non aiuta a soprassedere.
Abbiamo scommesso con entusiasmo su una pizzeria dalle buone premesse, sperando di scovare uno dei rari casi in cui un’ottima proposta brassicola viene associata a una pizza altrettanto valida, Ma c’è da migliorare per arrivare a quell'(insperabile?) risultato anche da queste parti.
Informazioni
Al Giardinetto – Beat natural
Indirizzo: Via G. Di Vittorio, 14 – Mira VE
Sito web: algiardinetto.pizza
Orari di apertura: Aperto tutte le sere tranne il martedì
Tipo di cucina: biologica e a km0
Servizio: da rivedere
Ambiente: design minimal e materiali di recupero