Nel panorama delle pizzerie di Venezia, in divenire ma ancora sostanzialmente brullo, si è inserita nella primavera del 2019 1000 Gourmet, impresa nata a Napoli nel 2017 con gli imprenditori Michele Imparato e Marco Ferraro.
Come per Napoli, anche a Venezia si è scelto di aprire nel “salotto buono” della città, in Calle Specchieri a due passi da Piazza San Marco e accanto a uno dei ristoranti storici della città, il Do Forni.
Il locale e il servizio
L’ingresso in Calle della Rizza porta a una sala interna di una ventina di coperti; è mercoledì sera, sono le 8 e all’interno non c’è nessuno. Ci hanno riservato un tavolo nel dehors sul retro, dove in tutto ci sono 6 tavoli da due o tre persone ciascuno che durante la serata si riempiranno: un paio di coppie straniere e tre italiane, noi compresi. Al piano superiore un’altra sala, vuota anche questa, con un’altra ventina di coperti. Non è facile giudicare l’ambientazione di un locale in tempi di distanziamento sociale, ma la scelta di mettere i (pochi) clienti che Venezia si può permettere in questo periodo tutti all’esterno facilita il senso di convivialità, e a me è piaciuto. I tavolini sono piccoli, e il selciato non sempre regolare non rende le sedute stabili, ma tra le calli questa è la norma.
Sicuramente l’affabilità del servizio è il punto di forza di questa pizzeria: sorridenti ma non affettati, pratici e mai invadenti, i due camerieri che ci hanno servito hanno contribuito alla sensazione di normalità della serata. In particolare mi ha colpito l’attenzione messa nell’aiutarmi a trovare un posto per cambiare mia figlia di un anno, che ovviamente aveva deciso di sporcarsi come mai riesce a fare quando siamo a casa e abbiamo tutto a disposizione.
L’idea, il menu, i prezzi
1000Gourmet dovrebbe proporre una pizza napoletana creativa, a base di farine non raffinate, quindi eterodossa rispetto al capitolato, con questo plus degli impasti aromatizzati di cui, purtroppo, nel menu veneziano non c’era traccia. I topping sono originali, a volte stravaganti, con un uso abbondante di prodotti campani tipici e presidi Slow Food. Tutte le pizze sono servite già tagliate in sei spicchi e accompagnate da piatti puliti per favorire la condivisione.
Il menu ha una lunga sezione antipasti: si fanno notare i fritti misti della casa (10 euro per due persone) tra cui fanno proditoriamente capolino due versioni dell’arancino che ovviamente nel menu della sede napoletana non ci sono, i crocché “creativi” (10 euro) a scelta tra mortadella, provola e pesto di pistacchio, speck e bufala o caponata e provola, e le montanarine (10 euro), servite in 4 versioni diverse (pancetta e carciofini, mortadella e pomodori secchi, ragù napoletano e bufala e melanzane).
La scelta delle pizze è divisa in classiche, gourmet e fritte. Tra le classiche (Marinara a 7,5 euro e Margherita a 8 euro) sono interessanti le due versioni fighette della margherita: la prima con pomodorini di Corbara e bufala (10 euro) e la seconda con pacchetelle del Piennolo giallo e provola affumicata a paglia (9 euro).
È ovviamente tra le pizze gourmet che il “genio” fa il suo corso, è qui che si trova la famosa “viola”, creazione di Maglione con purea i patate vitelotte e la “morte del pistacchio”, omaggio spinto alla Napoli food porn e alla recente, e sempre troppo poco biasimata, fissazione per il pistacchio.
La sezione delle fritte consta di sole tre opzioni: montanara classica, montanara con il ragù di cinghiale e calzone; comunque per il Nord Est rappresentano già una lussuriosa conquista.
La selezione di birre è deludente in quanto tutto è affidato al birrificio Mastri Birrai Umbri, sia per le tre birre alla spina: una ipa, una summer ale e una dubbel scura tostata (7 euro la media, 4 la piccola), sia per le altre 6 birre in bottiglia (6 euro da 30, 13 euro da 75). Va da sé che una selezione fatta su un solo birrificio, per di più un birrificio artigianale ben radicato nella GDO, non caratterizza la carta per originalità, anche se tenta, con l’etichetta dell’artigianale-non-filtrato, di giustificare i prezzi spropositati.
La selezione dei vini segue standard simili, ma forse migliori: su 11 vini si contano 6 cantine diverse, e probabilmente qui si sconta il piglio necessariamente turistico di Venezia, e la passione mondiale per il vino italiano.
I prezzi sono mediamente alti, ma la location lo incoraggia. Infatti, confrontando il menu della sede di Venezia con quella di Napoli si nota che le pizze costano quasi tutte due euro in più.
L’assaggio
Per cercare di farmi subito un’idea della “casa” mi avventuro sul piatto di fritti misti: il crocché di patate vitelotte è buono ma non eccezionale, la mini-montanara è ben fritta ma anche molto unta. Il vertice del piatto lo raggiunge la frittatina di pasta super golosa, anche se la pasta è leggermente scotta il ripieno di besciamella e formaggio è abbondantemente lascivo e ben bilanciato. Dei due tipi di arancini, vale una menzione solo quello con il riso venere perché il riso ha mantenuto una buona consistenza, ma il sapore è complessivamente molto banale. La piccola bufala fritta è poco più interessante di una normale mozzarellina fritta di quelle surgelate b2b. In generale manca un po’ di croccantezza.
Prima di ordinare le pizze sono fortemente tentata: so che dovrei assaggiare una margherita, ma non voglio perdermi una pizza gourmet e nemmeno la fritta, così rara qui da noi. Decido quindi di ordinare la celeberrima “morte del pistacchio” e una montanara con ragu napoletano, fior di latte, e scaglie di Caciocavallo presidio Slow Food.
La montanara mi delude un po’: non ha l’aria di una pizza fritta, e scopro solo in seguito che dopo la frittura viene ripassata in forno. L’aspetto è quello di una pizza normale, il sapore è solo lontanamente quello della pasta fritta e con il forno quella crosticina bisunta attorno all’impasto morbido va a farsi benedire. Il topping però è dosato molto bene, e il fior di latte è davvero superiore; il caciocavallo è fatto in scaglie molto sottili tanto che bisogna concentrarsi per apprezzarne la sapidità. Una pizza fatta per onorare la tradizione, senza però chiedere alle papille settentrionali alcuno sforzo: peccato.
Lo stesso si può dire per l’impasto della gourmet. Il cameriere mi ha parlato di un “blend di farine tipo 2” e 72 ore di lievitazione, mentre sul sito parlano di tipo 1. A conti fatti siamo sicuramente davanti a una farina non troppo raffinata, che produce comunque un impasto morbido, scioglievole, mai gommoso ma con un cornicione timido. La cottura è perfetta e uniforme, e la tenuta dell’impasto è impeccabile fino al centro, anche se per colpa dell’abbondanza del topping è abbastanza difficile mangiarla con le mani. La morte del pistacchio è una pizza bianca con provola affumicata a paglia, mortadella di Bologna I.G.P., pesto di pistacchio di Bronte, zest di limone, granella di pistacchio e olio EVO a crudo. Non sono un’amante del condimento esagerato e ho provato questa pizza per la sua iconicità, eppure l’insieme tiene, e anche se la crema di pistacchio è di media qualità, le dosi sono generose, e i gusti sono bilanciati, la zest di limone però risulta non pervenuta.
I dolci sono fatti in casa, decido quindi di ordinare una fetta di cheesecake con ricotta di bufala. Mi fanno scegliere il topping tra pistacchio [aridaje], gianduia, cioccolato e frutti di bosco. Scelgo quest’ultimo perché arrivata alla fine della cena sto mendicando un po’ di leggerezza e spero che si tratti di frutta fresca. Evidentemente la leggerezza non è la cifra di questo locale: la fetta che arriva sarebbe bastata come piatto unico per due persone. La cheesecake è di quelle senza cottura, e la ricotta di bufala non ha quella nota grassa che mi aspettavo, è solo molto zuccherata, così come la base di biscotto. Il topping, ahimè, altro non è che uno sciroppo industriale che a contatto con il candore della ricotta genera un color violaceo fluo un po’ buffo.
Opinione
Per un’incursione nella pizza napoletana 1000Gourmet è un locale da provare ed è sicuramente una delle pizze veneziane accanto a cui l’aggettivo “buono” non stona.
Se lo stomaco veneziano, abituato al cicchetto (abbondantemente innaffiato), non riesce a reggere i fritti, la pizza e il dessert nulla vieta di prendere un antipasto e condividere una pizza in due persone, dato che il servizio incoraggia questo atteggiamento.
Tuttavia, nonostante io abbia tentato di ordinare tutto quello che mi sembrava altro rispetto alla nostra quotidianità pizzaiola, e ci abbia dato dentro, la prova notte è stata superata brillantemente senza sete e senza risvegli, evento su cui non avrei puntato 10 centesimi.
I prezzi (63 euro per due persone) sono un po’ troppo alti, soprattutto perché arrotondano furbescamente un conto che altrimenti sarebbe nella media con 2 euro di coperto e con un ricarico esagerato sul beverage (4 euro per mezzo litro di acqua).
PRO
- Una pizza golosa e verace
- Una carta degli antipasti così è difficile da trovare al nord
CONTRO
- Un po' troppo spinta la vocazione al food porn