Quale dei nostri sensi accende la passione per un piatto che ci accingiamo a mangiare? Secondo Charles Spence, stimato esperto di psicologia dell’università di Oxford, in Inghilterra, che collabora da anni con l’aristochef Heston Blumenthal per sviluppare piatti multisensoriali, la vista vince a mani basse. Gusto e olfatto arrivano dopo.
Per questo i sommelier sarebbero facilmente raggirabili. Uno studio ha dimostrato che 54 studenti di enologia dell’università di Bordeaux, usavano termini come cicoria, prugna, cioccolato e tabacco, ma stavano in realtà descrivendo un vino bianco artificialmente tinto di rosso (poco prima descritto con termini come miele, limone, eccetera). Stesso esperimento per il sommelier più famoso di Spagna, che dopo qualche indecisione, ha parlato di fragola e lampone.
Altro scherzetto che ha funzionato: cambiare i sacchetti delle patatine. Scambiandoli, Spence è riuscito a far passare delle patatine aromatizzate con sale e aceto per altre con l’aroma di formaggio e cipolla. Il punto è che la maggior parte di noi assaggia il sacchetto, non le patatine.
[Wired]