C’è chi senza non comincia la giornata, chi non ne può fare a meno dopo pranzo, chi lo prende solo e soltanto con tre quarti di bustina di zucchero, chi se non è amaro non lo beve.
In qualunque momento e modo lo si prenda, il caffè al bar per gli italiani più che un’abitudine è un rito, a cui neanche in tempo di crisi si vuole rinunciare – o meglio, si vorrebbe.
Un euro oggi un euro domani (ma, specialmente nelle città più grandi, si sale agilmente di 10 o 20 centesimi) il cuore si stringe al pensiero di tutte le monetine luccicanti che lasciamo sul bancone, e ripieghiamo a malincuore sulla macchinetta dell’ufficio o sulla Moka di casa.
Da Nord a Sud, però, sempre più bar abbassano il prezzo della tazzina di espresso: 90 centesimi, 80 centesimi, 70 centesimi, 50 centesimi – sì, esatto, cinquanta, la metà esatta del “prezzo standard”.
A Verona ad esempio, nel centralissimo “Come Sinatra Caffè” un caffè costa 50 centesimi. Quella che lo scorso novembre era partita come una promozione ha avuto così successo che il proprietario Frank Samba ha deciso di renderla permanente. I clienti, sono aumentati, e i conti tornano: “Noi lo compriamo a 25 euro al chilo, il che significa un costo di 20 centesimi a tazzina. Pur tenendo conto delle spese, quindi, un guadagno riusciamo ad averlo”.
[La Stampa]