Chi siamo in fondo noi, devono aver pensato quelli di Starbucks, la catena di caffetterie che dagli Stati Uniti si è diffusa nel mondo, per farci mancare il maltrattamento di un dipendente?
La settimana scorsa, il colosso americano ha licenziato Coulson Loptmann, barista di uno dei negozi di Seattle, accusandolo di furto.
Il grave crimine commesso dal giovane? Ha mangiato un panino che il collega addetto al controllo delle scadenze avrebbe gettato nella spazzatura perché andato a male.
Con una paga di 9,94 dollari all’ora, il barista si è difeso dichiarando di non riuscire più a procurarsi il cibo necessario alla sopravvivenza, servendosi spesso dei buoni pasto per acquistare cibo e bevande.
Inflessibile la risposta: il furto sussiste e l’ex dipendente ha violato un’altra regola, ovvero consumare qualcosa che avrebbe potuto fargli male. Chi lavora da Starbucks infatti, ha il divieto di nutrirsi con alimenti che possono nuocere alla sua salute.
Oltretutto, a detta di Zach Hutson, portavoce di Starbucks, non è la prima volta che Loptmann commette un’infrazione del codice societario: già in passato aveva avuto molteplici problemi di prestazione. Non viene specificato quali.
Il provvedimento di Starbucks si inserisce in una situazione che la tensione rende molto delicata. Da mesi infatti, i lavoratori di diversi fast-food americani protestano per avere stipendi più dignitosi e per il diritto a creare un sindacato.
[Corriere]