“Prima di giudicare un uomo, cammina per tre lune nelle sue scarpe”, sentenzia un noto proverbio. L’adattamento di Dissapore, che potrebbe suonare così: “Prima di giudicare uno chef, lavora nella sua cucina”, segnala una nuova tendenza che si va diffondendo nei ristoranti italiani, l’affitto a tempo delle cucine riservato chi vuole sentirsi, almeno per qualche ora, un vero chef.
L’affitto, ovviamente, è possibile nel giorno di chiusura del locale, e la condizione è che ci sia un numero minimo di commensali – di solito, amici e parenti del cuoco improvvisato. A richiesta, si può avere la presenza del cuoco titolare, della brigata di cucina e dei due camerieri, e si può scegliere se comprare da soli ingredienti e vini o chiederli al ristorante.
I ristoratori dicono che la richiesta di “cucine in affitto” è aumentata specie dopo il successo di programmi come Masterchef. “A chiederci di affittare la cucina sono appassionati fra i trenta e i cinquant’anni” dice Stefania Cortigiano del ristorante Voltalacarta (Genova) “per la maggior parte uomini, professionisti, che sognano di aprire una propria trattoria, magari in campagna, distante dai ritmi stressanti della città”.
In altri paesi europei la pratica è quasi un’abitudine. Da anni il bistrot parigino La table de Claire, per esempio, invita i clienti interessati a entrare nelle cucine con l’obiettivo di preparare un menu. L’esperienza è stata raccontata in un libro, Moi, chef d’une soir (Editions du Chêne, 2008). Il costo? Non proibitivo: si parte anche da poche centinaia di euro.
[Il Giornale]