È partito il maxi piano contro la Xylella: sono già state innestate, infatti, le prime cento piante di ulivi secolari della zona infetta di Brindisi. Si è partiti proprio dalla Piana degli Ulivi Monumentali visto che, a causa del parassita, è già stato perso un terzo degli ulivi secolari di questa area.
Xylella: come funziona il piano di salvataggio degli ulivi?
Il progetto di salvataggio (l’impianto nelle zone infette ha ricevuto un investimento di 25 milioni di euro) è stato reso possibile grazie alla collaborazione fra Legambiente Puglia, CNR, Coldiretti, IKEA Italia, Unaprol e AzzeroCO2, tutto nell’ambito della Campagna nazionale Mosaico Verde.
Alcuni di questi ulivi secolari potrebbero avere anche 3mila anni di vita secondo le stime, con circonferenza dei tronchi che supera i 10 metri. Si tratta di un patrimonio storico e turistico che, però, nonostante l’impegno degli agricoltori, sta soccombendo all’epidemia scatenata dal batterio Xylella che, dal 2013, ha colpito qualcosa come 8mila chilometri quadratti. E si stima che il danno causato sia di 1,6 miliardi di euro, questo secondo i dati analizzati da Coldiretti.
Il fatto è che la gestione degli ulivi monumentali è più difficile rispetto a quelli normali. E anche la resa produttiva è inferiore rispetto alle piante normali. Gestire un ulivo monumentale vuol dire procedere a una raccolta fatta solamente a mano, con più difficoltà anche nell’ambito della potatura e dei trattamenti.
Ai danni causati dalla Xylella, poi, si aggiungono anche quelli scatenati dai cambiamenti climatici, danni che, a livello nazionale, hanno provocato un calo della produzione di olio d’oliva del 37% (danno che in Puglia arriva al 52% visto che qui il 40% delle piante è stato colpito: si stima che le piante infette siano arrivate a 21 milioni di esemplari).
Nicola Di Noia, direttore di Unaprol, ha spiegato che al momento non esistono cure per salvare gli ulivi infetti da Xylella. L’unica stradfa da percorrere, dunque, è quella di imparare a convivere con il batterio innestando le piante ancora indenni con altre varietà resistenti. Dopo anni di sperimentazione, evidenze empiriche hanno permesso di trovare cultivar capaci di resistere alla malattia.
Da qui è nata la pratica dell’innesto e del sovrainnesto con cultivar resistenti, preceduti da una potatura che elimina tutta la massa vegetale esposta. Tale pratica è abbastanza veloce ed economica e consiste nell’unire due organismi vegetali viventi tramite una saldatura biologica. In tal modo la nuova parte area fruttifera andrà così a modificare la varietà originale, rendendola anche più resistente al batterio.