All’indomani della The World’s 50 Best Restaurants 2024, per chi ha avuto la possibilità di esserci, in una caldissima e luccicante Las Vegas, la testa è ancora piena di paillettes. I colleghi spagnoli sorridono orgogliosamente, in un’atmosfera che ricorda quella di una finale mondiale di calcio. La partita che si è giocata nelle sale gigantesche del Wynn di Las Vegas, l’ha stravinta la Spagna. Non contro l’Italia, per nostra fortuna (la sensazione è che ci avrebbero asfaltati), ma contro tutto il resto del mondo.
Era piuttosto prevedibile, in fondo, e la prevedibilità non fa mai troppo bene ai meccanismi dello spettacolo (e la 50 Best ha ancora una volta dimostrato di essere il miglior spettacolo della gastronomia mondiale, aggiungendo glamour a un settore che forse non pensava di poterne avere)
Per cui, quest’anno, nell’edizione potenzialmente più scintillante mai vista dall’evento più importante della gastronomia mondiale (andiamo, è Las Vegas) le emozioni e le sorprese non sono state quante ci saremmo aspettati. Tutto è andato più o meno come doveva andare, con Disfrutar che passa dal secondo al primo posto, DiverXo che perde una posizione e viene sorpassato da Asador Etxebarri. Non troppi colpi di scena, insomma, e questo, incredibilmente, potrebbe essere l’unica occasione di goal per un’Italia ancora una volta sottotono, che però ha la grande possibilità di giocare la sua partita con la 50 Best 2025, quando tutto il gigantesco carrozzone di chef si sposterà a Torino.
Quello sarà il momento giusto per raccontarsi di più al mondo, che tutto sommato è ciò che fa la differenza nel meccanismo di voto della 50 Best. Qui, lecitamente ed esplicitamente, vince non solo chi è più bravo, ma anche chi fa più PR internazionali. I 1080 voters (che variano al 25% ogni anno e rimangono anonimi) possono nominare solo ristoranti in cui sono stati nei precedenti 18 mesi, e va da sé che è improbabile che in un anno si riesca a girare tutto il mondo. Quindi significa che chi sale in classifica non è solo il più bravo, ma è anche, in qualche modo, il più bravo a farsi notare, e di conseguenza visitare.
Come ne escono i ristoranti italiani
Non fosse per Enrico Crippa, che sale di tre posizioni rispetto allo scorso anno (quando però aveva fatto un bel volo verso giù), l’Italia esce dalla The World’s 50 Best Restaurants 2024 con le ossa (di nuovo) rotte. Fuori Alajmo, Bartolini mai pervenuto, tutti perdono posizioni, perfino il super favorito Camanini che esce dalla top ten. sSono sali e scendi fisiologici, si dirà (e si dice in queste ore), e in fondo si tratta di una manciata di posizioni. Ma la verità è che c’eravamo detti la stessa identica cosa lo scorso anno, e in fondo sarebbe bello se, nell’evento più importante della gastronomia mondiale, la ristorazione italiana avesse modo di mostrarsi con più grinta.
Il potenziale, probabilmente, c’è anche, ma è necessaria una riflessione, e una riflessione urgente, con ogni probabilità. Manca il dialogo con il resto del mondo, in termini di comunicazione gastronomica? Manca quell’allure di innovazione spintissima che il team del dopo Bulli continua a portare con sé? O manca una visione che abbracci il mondo in maniera più convincente?
La risposta non è facile, certo, ma sarebbe brutto trovarsi nel 2025 a commentare ancora i tanti scendi e i pochissimi sali fisiologici. E per quest’anno, ringraziamo Enrico Crippa.
Il segreto della Spagna (che ci fa rosicare)
Lo scorso anno, all’indomani della meno scintillante (ma più emozionante) edizione di Valencia, lo avevamo detto chiaramente: la Spagna è pronta a dominare il mondo. Mica solo gastronomicamente: Valencia, nel 2023, si era mostrata a tutti nella sua gigantesca bellezza, nella modernità mescolata alla storia, nel potenziale turistico e nell’enorme attitudine degli spagnoli all’ospitalità. Ricorda qualcosa? Certo che sì, è esattamente quello per cui siamo famosi noi Italiani. Solo che loro sono più bravi a farlo, e a farlo vedere.
Così, come era prevedibile, la Spagna stradomina la classifica dei migliori ristoranti mondiali, conquistando i primi due posti, e si tiene lì Dabiz Munoz, come riserva, giusto per ricordare che c’è ancora dell’altro. D’altronde, come mi fa notare gongolando un collega spagnolo mentre scrivo queste righe, la Spagna è il paese con il maggior numero di primi posti nella storia della 50 Best (otto, dal 2002 al 2024). Se lo merita? Probabilmente sì, assolutamente. È frutto della scia gastronomica di Ferran Adrià? Di nuovo, probabilmente sì, ma non accenna a finire, nonostante gli anni che passano.
L’Europa è ancora sul tetto della gastronomia mondiale, e quest’anno lo dimostra con particolare orgoglio. Potrebbe arrivare il tema del Middle East, un giorno. È pur vero che lì aprono le sedi distaccate degli chef, che talvolta rischiano di essere semplicemente brutte copie degli originali. Ma è anche vero che da quelle parti il denaro per fare tanto, e per fare bene, non manca di certo, e il bellissimo Trèsind di Dubai (13esimo in classifica) è lì a ricordarci che loro ci sono, eccome.
Comunque, al netto di queste considerazioni internazionali, la sensazione è che la Spagna dominerà ancora per un po’ la gastronomia mondiale, ed è troppo vicina a noi perché questo non sia motivo di preoccupazione per la ristorazione italiana.
Torino 2025 sarà la grande occasione italiana?
La prima cosa da dire, guardando al futuro, riguarda il lavoro che c’è da fare, a partire da questa mattina, per spargere via le paillettes e regalare alla The World’s 50 Best Restaurants 2025 tutto il fascino italiano. L’occasione, turisticamente e gastronomicamente, è enorme. Ma la sfida è grandissima.
La ballroom del Wynn, che ieri ha ospitato il cocktail party pre-classifica, era grande come piazza Castello. E la premiazione, nel teatro dell’albergo, è stata preceduta da un assaggio di Awakening, lo spettacolo del Cirque du Soleil più in di Las Vegas. Insomma, difficile proporre qualcosa all’altezza Ed è lì che si gioca la sfida: Torino 2025, per essere un’edizione di successo e far sì che ci sia un ritorno reale, non deve in alcun modo provare a essere simile. Anzi, deve essere quanto di più diverso possibile da Las Vegas 2024. Deve essere piccola, intima, molto poco scintillante, e molto, moltissimo di qualità. Vedremo se ci riuscirà.
50 Best: ridacce Bottura, Redzepi & Co.
Il vero vincitore dalla World’s 50 Best Restaurants è la World’s 50 Best Restaurants stessa. La loro capacità di portare così tanto glamour in cucina, probabilmente, non era neanche lontanamente prevedibile. La passerella degli chef e delle chef, con i loro abiti lunghi, le sciarpe rosse e la black tie imposta dal dress code, è un’inaspettata notte degli Oscar.
La World’s 50 Best Restaurants è riuscita là dove la Michelin non ha mai sembrato avere interesse ad andare, ovvero lo show, lo spettacolo. Le paillettes, appunto. L’evento numero uno della ristorazione internazionale domina tutto quanto, un po’ come la Spagna, e non sembra temere rivali (almeno per il momento).
Ma, ancora una volta, i passi falsi della 50 Best ci sono stati: uno su tutti, il più grande, è indubbiamente l’invenzione della Hall of Fame, che toglie ai vincitori la possibilità di gareggiare ancora.
Togliere la competitività a un Massimo Bottura, farne materiale da palcoscenico più che da cucina, non è stata probabilmente una buona idea. Lasciarlo lì a gareggiare con i più grandi del mondo sarebbe stato forse un po’ monotono, ma bellissimo. E invece non vedremo più in classifica i Virgilio Martinez, giusto per citare uno chef che aveva molto altro da dire e da dare alla gastronomia internazionale, e che ha avuto solo un anno di tempo per farlo da primo in classifica.
Insomma, la sensazione, come dicevamo in apertura, è che ci sia una certa prevedibilità in quello che succede nei primi posti: al netto della discesa di Lido 84, che fa brucia un po’, il resto è andato più o meno esattamente come si prevedeva. Perfino il terzo posto di Bruno Verjus, che è forse la notizia più sorprendente di questa classifica 2025, è qualcosa che i colleghi francesi, in questi giorni di pronostici pre-evento, vociferavano con convinzione.
Vogliamo sorprese, vogliamo pathos, vogliamo vittorie inaspettate e drammi su cui strapparci le vesti: chissà se la 50 Best saprà ancora darceli.