Agli Oscar più buonisti del decennio hanno vinto tutti, come avviene nel dopo voto in Italia. Cuaron e “Roma” meno di quanto avrebbero meritato, ma pazienza. I Grammy, gli oscar della musica, sono stati il trionfo delle donne, a iniziare dalla conduttrice, l’afroamericana Alicia Keys. E ai Word Restaurant Award chi ha vinto, a conti fatti?
Perché la stagione dei premi, come saprete, coinvolge anche la cucina. Se non esiste ancora un Netflix capace di portare clienti nei ristoranti, le classifiche che premiamo i migliori, un tempo poche e utili come vere guide, oggi sono così diffuse da richiedere –esse stesse– una guida.
Si va dalle presentazioni della Michelin, presente con le sue guide ormai in mezzo mondo, a cerimonie fastose come la World’s 50 Best Restaurant in Europa o i James Beard Award negli Stati Uniti. Senza farsi mancare niente: statuette, medaglie, targhe, tappeti rossi e scandali.
World Restaurant Award: arrivano i nostri?
Dal qualche giorno ci sono anche i World Restaurant Award, presentati al Palais Brongniart di Parigi.
Per differenziarsi dagli altri, la nuova classifica, organizzata da IMG, International Management Group, multinazionale americana dell’intrattenimento che si occupa di tutto, dalla moda (Fashion week di New York) all’arte (Frieze Art Fair di Londra e New York) fino allo sport (EuroLeague di basket), ha ripercorso la strada esplorata con successo nel 2001 da Alexandre Cammas, ideatore della guida francese Le Fooding che, per guadagnarsi l’etichetta di anti-Michelin, s’è inventata categorie stravaganti e mai viste prima.
Per esempio: “troppo buono”, “microprezzo”, “feeling”, “antidepressivo”, “fammi-del-male!”, “vedere ed essere visti”.
Allo stesso modo, insieme a categorie più tradizionali, i World Restaurant Award hanno premiato lo chef senza tatuaggi (Alain Ducasse), il ristorante dove non serve prenotare (Clamato a Parigi), lo stile più alla mano (Bo.Lan a Bangkok) o l’amore eterno per il vino rosso (Noble Rot a Londra).
E le categorie, per evitare che si parli sempre degli stessi intoccabili ristoranti, cambieranno di anno in anno.
Il direttore creativo del premio, Joe Warwick, già co-fondatore della World’s 50 Best Restaurant, e Andrea Petrini, il giornalista italiano a capo della giuria, avevano anche promesso un diverso modo di giudicare, trasparente e inclusivo, in una parola “coraggioso”.
Vediamo.
La giuria è composta da 50 donne e 50 uomini provenienti da tutto il mondo, in un miscuglio composito di giornalisti, chef e imprenditori che l’anno scorso si sono ritrovati a Parigi per un fine settimana di discussioni, dividendosi poi per brevi e frenetiche visite nei ristoranti candidati.
Sono scelte virtuose oppure prese in nome del mercato? La risposta se la porta il vento. Oggi essere etici aiuta a vendere, e classifiche del genere rappresentano, naturalmente, centri di profitto. Tra gli sponsor della prima edizione figurano American Express, Laurent-Perrier, Gaggenau e Zacapa.
A pensar male degli altri si fa peccato, ecetera eccetera
In tempi di politically correct esasperato, qualcuno ha fatto notare che, nonostante i 100 giurati siano equilibrati per genere, solo tre provengono dall’Africa, la maggior parte delle donne non sono chef ma appartengono ai media, l’Europa è rappresentata in maniera sproporzionata.
Ma gli organizzatori avevano promesso che i World Restaurant Award sarebbero stati soprattutto una reazione ai giudizi opachi e controversi –con risultati condizionati dalla potenza di fuoco degli sponsor– che hanno tormentato la World’s 50 Best Restaurant, per esempio. Accusati da un coro unanime, per giunta, di essere sessisti e discriminare le donne chef.
La sola esistenza di un premio a parte per il genere femminile nella classifica che ha portato l’Osteria Francescana di Bottura in cima al mondo, è considerata anomala e offensiva, discriminatoria e mortificante per le donne chef che svolgono il mestiere con la stessa dedizione e competenza degli uomini.
Ma proprio dalla World’s 50 Best Restaurants, a settembre scorso, hanno fatto sapere che i 1040 giudici sarebbero stati riequilibrati in base al genere. È stato poi annunciato un cambiamento per scongiurare il cosiddetto podium hogging: i vincitori degli anni passati non saranno più eleggibili per il premio ma gareggeranno in una categoria a parte chiamata “il meglio del meglio”.
Il progresso arriva anche tra i premi gastronomici, evviva! Però, siccome a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso s’indovina (geronto-cit.) raggiungere la parità di genere in una giuria non significa ottenere una reale uguaglianza in cucina.
Tornando ai World Restaurant Awards, nonostante le categorie fantasiose, buona parte dei ristoranti scelti suonano fin troppo familiari.
C’è il Noma di René Redzepi, probabilmente il ristorante più vincente di tutti i tempi. C’è Mugaritz, il classico locale basco dello chef Andoni Luis Aduriz. C’è perfino Peter Luger, la steakhouse più famosa d’America. Mancano invece ristoranti messicani o canadesi, di africani ce n’è uno.
Insomma, la giuria equamente divisa tra maschi e femmine non ha messo al riparo la nuova classifica da una netta prevalenza di chef uomini e ristoranti europei. Risultati che Joe Warwick e Andrea Petrini si sono ben guardati dallo sbandierare.
Per cambiare davvero c’è tempo.