Vendere vino è sempre più difficile, anche e soprattutto ai giovani. Una non-notizia, diranno i nostri lettori più informati: la bilancia economica del settore è notoriamente appesantita da uno sciame di segni rossi, colossi del calibro di Pernod Ricard chiudono il rubinetto degli investimenti, in quel d’Oltralpe la maggioranza dei giovanissimi sostiene di non bere nemmeno una goccia. I sintomi per parlare di un mercato dai connotati cangianti e instabili, in altre parole, ci sono eccome; e sta ai protagonisti del settore – i produttori – interpretarli e trovare potenziali soluzioni. Il Tavernello lo sta facendo. A modo suo, beninteso.
Cappello, borsa, t-shirt: fittato Tavernello
C’è chi si appella all’occhio sostenibile dei più giovani e, nel farlo, si riempie la bocca di belle parole piene di vento; c’è chi punta (o vorrebbe puntare: in Italia, almeno, la strada è ancora lunga e in salita e senza asfalto) sul dealcolato, c’è chi molla tutto et voilà, ci buttiamo sul gin tonic e siamo tutti amici. Ecco, il Tavernello invece ci prova con il merchandising: otto pezzi, dalle t-shirt alle borse mare passando per i cappelli da pescatore, tutto ordinabile da Amazon.
Il Tavernello, già: l’etichetta di casa Caviro puntualmente archiviata con una certa boria dai grandi parrucconi del vino, e che soprattutto – a differenza di questi ultimi – possiede l‘autoironia necessaria a vestire tale percezione come un elemento distintivo, un qualcosa che lo separa dalla (canzone) mononota autoreferenziale che altrimenti spesso e volentieri domina la comunicazione del vino. Ma arriviamo alle domande, dunque.
La prima è quella che abbiamo ripreso nel titolo, ma a dire il vero – considerando che i prezzi si tengono sempre nelle immediate vicinanze dei 20 euro – è applicabile all’intero pacchetto di merchandising proposto da Tavernello. A voi la scelta, beninteso; ma è qui che la prima domanda si interseca con la seconda, ben più interessante.
Una volta completato l’acquisto, lo sfoggereste? Sarete in grado di sopportare gli sghignazzi di malcelata superiorità (percepita, ma non necessariamente dimostrata) di chi ha il corridoio di casa tappezzato dai diplomi di corsi di degustazione? Il punto è che non è sufficiente indossare la borsa, il cappello o la t shirt: vi sarà chiesto, in un certo senso, di fare vostra anche la filosofia del marchio. Com’è scritto sulla confezione dei prodotti: “Tenere lontano dalla portata dei pregiudizi“.