Salgono i prezzi ma calano i consumi – così, con queste poche lapidarie parole, potremmo riassumere il triste quadro proposto dal più recente rapporto dell’Osservatorio del vino Uiv-Ismea su dati Ismea-Nielsen, che ha preso in esame i dati inerenti agli acquisti sugli scaffali dei supermercati nei primi nove mesi dell’anno in corso. Ma diamo un’occhiata ai numeri: complessivamente i volumi di vendita hanno fatto registrare un calo del 6,9% su base annua, equivalenti a circa 55 milioni di bottiglie in meno; mentre il saldo del valore si è arenato su di un margine in calo un poco più trattenuto (-3,5% a 2 miliardi di euro) – una discrepanza che, come accennato, è dovuta al fatto che il prezzo medio del vino sia progressivamente lievitato del +7% nel secondo e terzo trimestre.
La lettura proposta dall’Osservatorio è semplice: sarebbe proprio questa crescita dei prezzi, favorita naturalmente dalla spinta del tasso di inflazione, a stare zavorrando le vendite. Dopotutto, quando i cittadini si trovano a dover cercare dei tutorial su come cuocere la pasta con il gas spento per risparmiare, l’acquisto di bottiglie di vino scivola drammaticamente in basso nella scala delle priorità, rischiando di rimanere bollato come mera frivolezza.
Calano, più precisamente, tutte le tipologie di vini: i fermi segnano un catastrofico -7,5% mentre gli spumanti pagano meno (-2,2%) grazie alla crescita in doppia cifra del sempre più significativo segmento degli spumanti secchi low cost, che ha mantenuto invariato un prezzo medio del 30% inferiore rispetto alla media. Maglia nera per le vendite a volume dei vini rossi (-9,2%), mentre i bianchi si fermano a -6% e i rosati a -3,8%. I più colpiti dalle riduzioni di consumo sono i vini Dop, che chiudono i primi nove mesi a -8,7% (-11,5% per i rossi), contro il -8,1% per gli Igt, mentre i vini comuni chiudono il saldo a -6%.