Che il 2021 sia stata un’ottima annata per l’export di vino italiano è una storia che vi abbiamo già raccontato: i dati Istat mostrano una crescita del 12,4% su base annua, che ha portato al raggiungimento del valore record di 7,1 miliardi di euro; con le punte di diamante – una su tutte il Prosecco – che a loro volta sono cresciute con un abbondante doppia cifra. In questo contesto può essere interessante dare un’occhiata all’ultimo rapporto dell‘Ufficio Studi SACE, che ha analizzato il mercato dello Stivale vinicolo prendendo in esame sia gli sbocchi più tradizionalmente floridi che quelli che mostrano una maggiore potenzialità di crescita.
I migliori alleati sono gli amici d’oltreoceano: gli Stati Uniti si confermano come primo mercato di destinazione del nostro export di vini, consolidando la loro posizione sia in volumi che in valore. Molto più interessante, però, sottolineare l’emergere di nuove geografie che strizzano l’occhio al vino italiano in maniera piuttosto evidente, anche se devono ancora raggiungere il pieno delle proprie potenzialità. In questa dimensione troviamo soprattutto Giappone e Cina, con quest’ultima che si profila come particolarmente invitante a causa dell’imposizione da parte del governo locale di tariffe molto elevate nei confronti dei vini australiani che potrebbero finire per favorire le produzioni nostrane. Sbocchi minori ma comunque ricchi di potenziale sono invece rappresentati da Norvegia, Finlandia, Messico e, con le cautele del caso, Repubblica Ceca; mentre la Germania (secondo mercato per valore del nostro export), il Canada e il Regno Unito sembrano ristagnare un pochino.
Discorso inverso per Svizzera e soprattutto Belgio, che invece si presentano come Paesi dove l’export italiano pare essere destinato ad appiattirsi o addirittura – nel caso di Bruxelles – a calare. In contrazione anche i consumi della Russia (anche se, chiaramente, in questo caso bisognerebbe avere la sfera di cristallo per poter azzeccare una previsione corretta), che subiscono una netta inversione di tendenza rispetto alla situazione pre-conflitto, quando si presentava come uno dei maggiori mercati dell’export di vino italiano.