A sorpresa l’Europa ha levato il dazio sull’olio tunisino e alzato le importazioni. In Italia, il paese che con 298 mila tonnellate prodotte nel 2015/16, 553 mila consumate, 570 mila importate e 300 mila esportate (dati Corriere della Sera) è in testa nei consumi, insieme alla Spagna, la scelta sta facendo discutere.
E’ giusto aumentare di 35 mila tonnellate l’anno (a parte le 56.700 già previste da un accordo precedente tra Parlamento europeo e Tunisia) la quantità di olio che potrà essere importata dalla Tunisia a dazio azzerato?
La protesta è dura, il rischio per noi consumatori è che un ulteriore quota agevolata di olio proveniente dall’estero favorisca l’agropirateria e il fiorente mercato delle contraffazioni che oggi costerebbe all’Italia, stando ai dati Coldiretti (dunque da verificare con attenzione perché spesso irreali) 60 miliardi di euro e 300 mila posti di lavoro.
Le sofisticazioni sono note: si va dalle false dichiarazioni in etichetta (olio dichiarato Made in Italy ma proveniente da paesi extracomunitari) all’olio d’oliva spacciato per extra vergine fino alle tonnellate di olive da tavola verniciate con solfato di rame.
La misura europea è stata disposta per aiutare la Tunisia, il solo paese dove grazie alla cosiddetta primavera araba si è passati da un regime autoritario a un sistema democratico, benché ancora imperfetto, dopo il crollo del settore turistico dovuto ai recenti attentati dell’Isis.
Un provvedimento temporaneo, valido soltanto due anni con divieto di proroga, e riguardante l’olio d’oliva di cui si possa garantire la tracciabilità.
Sul mercato l’olio tunisino viene quotato in media 3 euro in meno al litro rispetto a quello italiano e presenta livelli di acido oleico più bassi, per questo, probabilmente, ci sembra meno buono.
Ma al di fuori di queste considerazioni, da strenui difensori di ogni provvedimento che riesca a difenderci dalle frodi alimentari, le proteste di migliaia di agricoltori della Coldiretti o le reazioni isteriche di alcuni quotidiani nazionali sempre pronti a invocare il protezionismo a prescindere, ci sembrano esagerate e strumentali.
I dati su consumo, importazione e esportazione dimostrano chiaramente come la produzione italiana non riesca a rispondere alla domanda interna e, di conseguenza, minore è il costo d’importazione e minore sarà quello che noi consumatori finali dovremo sostenere.
Inoltre questo stracciarsi le vesti a comando ci mostra esageratamente spaventati per una quantità modesta di maggiore importazione e comunque limitata nel tempo.
[Crediti | link: IlSole24Ore, Dissapore, The Fielder]