Reti da pesca impregnate di una sostanza gelatinosa, che di fatto si aggrappa alla maglia minacciando di fare soffocare i pesci più piccoli e molluschi come le seppie: provate a raccontare quanto appena descritto a un pescatore professionista, e lui vi risponderà che si tratta di ‘acqua viva’. È un fenomeno che, da almeno un decennio, interessa i corpi d’acqua del Veneto, come il lago di Chioggia, quello Caorle e lo stesso Delta del Po, e che negli ultimi tempi è andato sempre a peggiorare, facendosi via via più severo e comune all’aumentare della popolazione delle meduse.
Se è pur vero che in molti presentano le meduse come il piatto del futuro, nel presente rappresentano un problema decisamente notevole: i pescatori impiegano diverse ore di lavoro per ripristinare le reti impregnate dall’acqua viva, e come anticipato in apertura ci sono tutti i problemi causati al benessere dell’ecosistema marino. Va specificato, però, che seppur tutti gli indizi puntino verso le meduse, le analisi del caso non hanno ancora prodotto risultati chiari: al momento, l’idea è che si tratti di esemplari di questa specie in stato di decomposizione che, precipitando sul fondale, formano questa sostanza melmosa. Un’ipotesi che di fatto trova sostegno nei dati più recenti e nella scienza: “L’acqua ha cominciato a scaldarsi” spiega infatti Fabio Pranovi, docente di scienze ambientali a Ca’ Foscari “essendo arrivata un po’ di pioggia i fiumi hanno portato nutrimenti che hanno stimolato le meduse ad aggregarsi e avvicinarsi alle coste”.
Insomma, pare proprio che ci sia lo zampino del cambiamento climatico: “L’acqua quest’anno si è scaldata molto velocemente e di fatto l’inverno non è stato freddo” continua Pranovi. “In senso stretto, non c’è un’anomalia, lo è dal punto di vista temporale”.