Negli USA la FDA ha fatto sapere che l’industria americana della carne, al posto di ridurre l’uso di antibiotici negli allevamenti come richiesto, in realtà ha aumentato il loro utilizzo. In realtà, dal 2015 al 2017 le vendite di antibiotici importanti dal punto di vista umano, destinate all’uso del bestiame, sono crollate del 42%. Solo che le misure messe in campo dalla FDA per evitare l’abuso di antibiotici negli allevamenti (obbligo per gli allevatori di comprare gli antibiotici solo su presentazione di ricetta veterinaria e divieto dell’uso di antibiotici per far crescere più velocemente gli animali) non hanno funzionato sul lungo termine.
Ed ecco che nel nuovo report della FDA, quello inerente gli anni dal 2017 al 2021, le vendite di antibiotici da usare negli allevamenti da carne è nuovamente aumentato del 7% (con l’industria del pollame che ha segnato un +12% nel 2021 rispetto al 2020).
Gli USA hanno un problema di abuso di antibiotici negli allevamenti
Il problema è che nel 2019 i batteri resistenti agli antibiotici hanno ucciso più di 1,2 milioni di persone, fra cui 35mila americani. Inoltre altri 3 milioni di persone sono morte a causa di malattie in cui la resistenza agli antibiotici ha giocato un ruolo fondamentale. Non a caso la stessa OMS ha definito la resistenza agli antibiotici come “una delle maggiori minacce alla salute globale, alla sicurezza alimentare e allo sviluppo”.
Per questo motivo, molti americani vorrebbero che la FDA prendesse a modello l’Europa. Nell’UE, infatti, dal 2011 al 2021 le vendite di antibiotici per l’uso nel bestiame sono diminuite della metà. Inoltre l’anno scorso l’UE ha anche vietato l’uso di antibiotici per prevenire le malattie, riservandone l’uso solo quando gli animali sono effettivamente malati.
Tuttavia appare improbabile che la FDA possa seguire le orme dell’UE: le leggi degli Stati Uniti sono diverse. Tuttavia la FDA e l’industria alimentare statunitense dovranno fare qualcosa di più concreto per contrastare l’AMR, cioè la resistenza agli antibiotici.
C’è anche da considerare che nei diversi settori le cose cambiano parecchio. Nel corso del tempo, sostituendo agli antibiotici i vaccini e i probiotici, ecco che nell’industria del pollame si è riusciti a ridurre l’uso di antibiotici. La stessa cosa, però, non si riesce a fare per quanto riguarda i bovini e i suini.
Questo anche per motivi pratici. L’industria del pollo è integrata verticalmente: vuol dire che le grandi aziende del settore riescono a controllare ogni singolo anello della catena di approvvigionamento. Quindi in questo caso apportare grandi cambiamenti come eliminare gli antibiotici è più facile.
Ma nei bovini e nei suini le cose sono più difficili. Per esempio un manzo cambierà di mano diverse volte nel corso della sua vita prima di arrivare alla macellazione, situazione che rende più difficile eliminare ogni antibiotico da tutti i passaggi.
Per quanto riguarda i suini, invece, pur essendo una tipologia di allevamento più simile ai polli che non ai bovini, ecco che qui il problema è che l’industria si sta opponendo fermamente a tutte le riforme volte a ridurre gli antibiotici e a tutelare il benessere animale e ambientale.
Anche i grandi acquirenti di carne bovina faticano in tal senso. Prendiamo McDonald’s: è il più grande acquirente mondiale di carne bovina. Ebbene, pur avendo annunciato a fine 2022 che vuole ridurre l’uso di antibiotici nella sua catena di approvvigionamento della carne bovina, ci sono ancora troppe polemiche relative ai suoi approvvigionamenti fatti da allevamenti che usano troppi antibiotici.