Era inevitabile. A quanto pare una recente indagine condotta negli USA ha stabilito che un ristorante su tre serve ingredienti di qualità inferiore per stare dietro ai vari rincari e all’inflazione. Il che era facilmente immaginabile: da qualche parte devono pur limare se, come in molti sostengono, stanno cercando di non caricare tutti i rincari sui clienti finali.
Il 30% dei ristoranti USA utilizza ingredienti meno buoni a causa dei rincari
Se molte famiglie sono state costrette a ridurre i loro budget a causa dell’inflazione, la stessa cosa hanno dovuto fare i ristoranti. Nel 2022 tutto è costato di più, dalle materie prime all’elettricità, passando anche per i combustibili e la manodopera.
L’ultimo report di Toast parla chiaro: il 30% dei ristoranti statunitensi ha dovuto ricorrere all’utilizzo di ingredienti più economici. Purtroppo, molto spesso, questo nel settore della ristorazione vuol dire preparare piatti di qualità inferiore.
Cercare alternative più economiche ai soliti ingredienti è solo uno dei modi in cui i ristoranti stanno cercando di rimanere aperti in questo attuale clima economico in fase di recessione. Molti ristoranti non solo hanno dovuto optare per ingredienti meno pregiati, ma il 34% ha ridotto l’inventario, il 31% ha diminuito le voci nel menu e il 36% si è visto costretto ad aumentare i prezzi.
Questo vuol dire che i clienti dei ristoranti risentiranno in un modo o nell’altro degli effetti dell’inflazione: o pagheranno di più o avranno piatti di qualità inferiore. O entrambe le cose.
James Watts, CEO di Own The Grill, ha riassunto bene la situazione quando ha dichiarato al The Food Institute che oggi “nessuno può permettersi di lavorare nei ristoranti e nessuno può permettersi di mangiare nei ristoranti”.
Il fatto è che i ristoranti pare che stiano finalmente tornando ai numeri pre pandemia, dopo quasi tre anni di restrizioni da Covid-19, solo che gli incassi non hanno lo stesso valore di prima a causa dell’inflazione. Proprio l’inflazione nel 2022 ha causato un aumento del 15% del costo del lavoro, incrementi del 17% dei prezzi dei prodotti alimentari all’ingrosso e aumenti medi degli affitti del 15%. Considerando questi dai, è facile intuire perché 1 ristorante su 3 sia stato costretto a scegliere ingredienti più economici.
E questo vale un po’ per tutti, dai food truck ai ristoranti più blasonati. Non è certo un caso che un ristorante del calibro del Noma abbia deciso di chiudere un capitolo e aprirne un altro che sia un po’ meno dispendioso. Anche se sul trasformismo del Noma ci sarebbe ben altro da dire.