Guai a fare gli schizzinosi: sul cibo che mangiamo ci sono (almeno) 11 mila tipi di batteri e funghi differenti, ed è una buona notizia. Ma prima facciamo un passo indietro. Il microbioma intestinale è l’insieme di comunità microbiche e flora batterica che, come avrete intuito, vive all’interno del nostro intestino, e che di fatto è in gran parte responsabile del nostro benessere fisico e mentale. Ecco, la notizia è che anche il cibo che mangiamo ha il suo ecosistema. Ripetiamo per chi si era seduto in fondo: è una buona notizia.
Il merito della scoperta va a un team di ricerca internazionale coordinato dal Dipartimento Cibio dell’Università di Trento, che ha preso in esame oltre 2.500 alimenti da 50 Paesi e identificato, come già accennato, quasi 11 mila tra batteri e funghi, metà dei quali appartenenti a specie finora sconosciute. Ma vi vediamo, ancora con la mano alzata: in che senso è una buona notizia?
Tra salute, provenienza e differenze tra adulti e bambini
Studiare il microbioma che si trova sul cibo che ingeriamo può avere risvolti importanti per la salute umana (ricordate quando scritto in apertura, no? Intestino felice uguale umano felice, intestino in salute uguale umano in salute), può permetterci di migliorare la conservazione degli alimenti e persino aiutarci a certificarne con più sicurezza la provenienza.
Vale la pena notare che, tradizionalmente, i microbi presenti negli alimenti sono coltivati uno a uno in laboratorio, con un processo molto lento e non adatto a tutti i tipi di microrganismi. I nostri protagonisti, invece, hanno sfruttato la metagenomica – un approccio che permette di sequenziare simultaneamente l’intero materiale genetico – così da caratterizzare il microbioma in maniera completa ed efficiente.
Analizzando oltre 2.500 metagenomi, sono stati individuati 10.899 genomi di microbi associati agli alimenti, classificati in 1.036 specie batteriche e 108 specie fungine. Alcune scoperte sono davvero sorprendenti: “Abbiamo dimostrato che gli alimenti che provengono da una specifica struttura o azienda agricola presentano caratteristiche uniche” ha spiegato Nicola Segata, microbiologo computazionale dell’Università di Trento e dell’Istituto europeo di Oncologia (Ieo) di Milano.
“Questo potrebbe aiutare a determinare le specificità e le eccellenze di una singola zona di produzione” ha proseguito Segata. Un po’ come si fa con le menzioni geografiche aggiuntive nel mondo del vino, ecco. “Potremmo addirittura usare la metagenomica per identificare gli alimenti provenienti da un determinato luogo e un determinato processo produttivo”. E il confronto con il microbioma umano?
I numeri dicono che le specie microbiche associate agli alimenti compongono circa il 3% del microbioma intestinale degli adulti e il 56% del microbioma intestinale dei bambini. Ma a cosa è dovuta tale differenza? “Alcuni dei nostri microbi intestinali potrebbero essere acquisiti direttamente dal cibo” ha spiegato ancora Segata “o che storicamente le popolazioni umane hanno ottenuto questi microbi dal cibo e poi questi microbi si sono adattati per diventare parte del microbioma umano”.