Capelli, pelle, apparato digerente: l’aloe vera è nota sul mercato cosmetico e alimentare per i suoi diversi benefici. Ma vi sareste mai aspettati di associarla alla carne, in particolare a quella coltivata? È ciò che propone di fare un recente studio, pubblicato sulla rivista Nature, che suggerisce l’utilizzo di questa pianta come impalcatura per la carne prodotta in laboratorio. Si tratta di un’alternativa alle già note impalcature, sintetiche e non, che possono porre problematiche in termini di sostenibilità, anche economica. L’aloe vera potrebbe essere una soluzione naturale per ovviare alla questione.
I vantaggi dell’aloe vera per la carne coltivata
Al netto del notevole ostruzionismo da parte di vari governi mondiali – non solo quello tricolore, ma anche sul suolo a stelle e strisce –la ricerca sulla carne coltivata (per fortuna) va avanti, entrando nel dettaglio di tutti gli aspetti che renderebbero la produzione di questo alimento più sicura e sostenibile. Abbiamo analizzato di recente lo studio che mira a ridurre il potenziale utilizzo di antibiotici in questa sfera.
Oggi, invece, puntiamo i riflettori su una nuova indagine scientifica che si focalizza su un elemento fondante della carne coltivata: il cosiddetto “scaffold”, o impalcatura, ovvero la struttura necessaria per sorreggere l’architettura cellulare e darle forma. Le impalcature attualmente in uso nella ricerca (e nella commercializzazione, per i Paesi in cui la cultured meat è già in vendita) sono di varia natura: da quelle realizzate in idrogel sintetici biocompatibili agli scaffold di origine vegetale, ad esempio in mais.
L’idea di sfruttare l’aloe vera, quindi, non è rivoluzionaria, ma evidenzia le potenzialità di questo specifico genere botanico rispetto ad altri. Nello specifico, lo studio pubblicato su Nature svela come questa pianta succulenta sia ideale per lo scopo grazie alla sua struttura porosa capace di assorbire l’acqua, trattenere l’umidità, sostenere la crescita cellulare e favorire lo sviluppo dei tessuti.
La struttura che abbiamo appena descritto prende il nome di parenchima, il tessuto da cui si ricava la sostanza gelatinosa per cui l’aloe è ben nota. La pubblicazione scientifica, frutto del lavoro dell’università di Israele, riguarda in particolare le proteine bovine e prevede una grande scalabilità. Un ulteriore aspetto da evidenziare è la sostenibilità ambientale, poiché l’aloe potrebbe essere ricavata come sottoprodotto del settore cosmetico e alimentare.