Prosegue l’iter per la richiesta di iscrizione del caffè espresso napoletano nella lista del Patrimonio culturale immateriale Unesco: la giunta della regione Campania ha provveduto a inviare alla Commissione italiana per l’Unesco il dossier con la candidatura dal titolo “La cultura del caffè espresso napoletano”, il tutto con la firma di Vincenzo De Luca.
Già a dicembre scorso la candidatura del caffè espresso era diventata ufficiale. L’esisto della richiesta lo si saprò solamente a novembre 2020. Intanto l’iter per il riconoscimento, iniziato a marzo 2016 con il deposito del protocollo del dossier di candidatura, va avanti.
In una nota viene spiegato che si tratterebbe del riconoscimento di una significativa tradizione agroalimentare: il caffè in Italia non è solamente una bevanda, ma si tratta di una tradizione cultura, di un rito napoletano che ha dato origine a tradizioni diffuse dappertutto. Nel dossier in questione, oltre a elencare gli elementi tipici di questa tradizione, si è parlato anche di sviluppo sostenibile, di tutela dell’ambiente e della preservazione degli ecosistemi.
Curioso il fatto che a dicembre si parlasse di candidatura del caffè espresso italiano, mentre adesso si citi il caffè espresso napoletano. Già in passato avevamo fornito il nostro parere sul perché la candidatura dell’espresso italiano a Patrimonio Unesco avrebbe poco senso. Ci sono diversi motivi: si va dalla liceità del costo di una tazzina a 1 euro (meno del 10% del valore del caffè rimane ai produttori!, senza considerare i costi vivi di bar e caffetterie: se da quell’euro togliete le spese di acquisto della materia prima, i costi di elettricità e acqua corrente e i costi per pagare il personale, cosa rimane?) al fatto che, ammettiamolo, spesso il caffè espresso preso al bar non è poi tutta questa bontà.
Comunque sia, dopo il riconoscimento Unesco per l’arte del pizzaiuolo napoletano, adesso vedremo se a novembre anche il caffè espresso otterrà il medesimo trattamento.