Se il re della tavola rimane, simbolicamente e praticamente, il pane; quello della colazione e della merenda è evidentemente il croissant. Per Maria Antonietta erano pure intercambiabili, pensate un po’. Numeri alla mano, il croissant copre circa un terzo (il 31%, a essere ben precisi) del mercato complessivo delle merendine confezionate italiane e, forse in maniera un po’ sorprendente, sta diventando sempre più popolare: ad agosto 2023 le vendite in volume hanno fatto registrare un totale complessivo di 39,4 milioni di chilogrammi, forte di una crescita del 4,3% su base annua.
SI tratta di quanto emerso da una recente elaborazione di Unione Italiana Food su dati Circana, che restituisce il curioso quadro delle merendine confezionate nel contesto economico e sociale odierno – un contesto naturalmente sporcato dalla tensione inflazionistica da un potere di acquisto in piena contrazione. Curioso perché, al netto di quanto appena considerato, nel corso del 2023 le vendite in volume di merendine sono cresciute dello 0,5% rispetto al 2022, toccando quota 737 milioni di kg per un valore complessivo dei prodotti da forno dolci monodose pari a 1,52 miliardi di euro.
Stringere la cinghia sì, ma guai a rinunciare al croissant
Vale infatti la pena notare che i dati appena presi in considerazione parlano di un aumento in volume, che ovviamente sta a indicare una crescita delle vendite complessive: se i numeri si fossero limitati a raccontare di una crescita, equivalente o anche maggiore, in termini di valore, allora avremmo potuto archiviare la discussione imputandola a una diretta conseguenza della crescita dei prezzi.
Non è così, però – le merendine, e i croissant in particolare, ci piacciono evidentemente sempre di più, e continuano a essere scelti anche in un contesto economico che scoraggia gli acquisti “di vizio”. D’altro canto, è anche bene notare che, a differenza di altri prodotti le cui vendite sono rimaste più violentemente compromesse dalla congiuntura economica (il caso del vino è esemplare), i croissant tendono ad avere un costo medio comunque più contenuto: è dunque plausibile che il portafoglio medio abbia sentito meno il peso dei rincari, o diversamente che i consumatori non abbiano voluto rinunciare a un piacere che continua a mantenersi su prezzi mediamente accessibili.
Una lettura che trova risonanza nel fatto che, secondo una ricerca Bva Doxa per Unione Italiana Food, le merendine sono consumate da poco più di otto italiani su dieci (l’83%), con più della metà del campione (il 55%) che le mangia almeno una o due volte a settimana. In media gli scaffali sono popolati da diciotto referenze di croissant, e ogni anno il mercato accoglie una media di 8-10 nuove merendine: al netto della crisi, dunque, il settore è evidentemente stabile.